Biologico o transgenico?

Come possiamo nutrirci di cibi più sani e genuini?
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CHE COSA SIGNIFICA
"AGRICOLTURA BIOLOGICA"
NOTIZIE DALL'ITALIA
L'agricoltura biologica è un sistema di sfruttamento delle risorse naturali in modo sostenibile. Così facendo l'uomo utilizza i prodotti della natura mantenendo un equilibrio dinamico tra i vari organismi viventi, creando quindi un minor impatto sull'agro-ecosistema e permettendo un perpetuarsi dell'attività dell'uomo negli anni senza significative variazioni. Questo metodo di coltivazione non è stato inventato, ma fu l'unica via possibile quando "nacque" l'agricoltura. Certamente dopo gli anni '50, con il boom della chimica, il concetto di agricoltura biologica prese un significato particolare e si contrappose a quella tradizionale dove l'utilizzo dei prodotti chimici era la prassi. Il biologico divenne quindi sinonimo di tutela della salute umana e degli ecosistemi in cui viviamo, fino ad arrivare ai giorni nostri in cui riveste anche una funzione sociale. Gli agricoltori biologici non utilizzano prodotti di sintesi per proteggere le piante dai patogeni e fitofagi, ma solo di origine vegetale o minerale: in linea generale lo zolfo e il rame contro le malattie fungine e piretro, quassio, ecc... contro gli insetti. Come regola base i p.a. (principi attivi) non chimici sono meno tossici e persistenti, tuttavia il fatto che un p.a. sia di origine vegetale non implica necessariamente che sia meno dannoso di un p.a. di sintesi. Per evitare allarmismi è però necessario dire che l'agricoltura biologica non permette l'utilizzo di tutti i p.a. non chimici, ma solo di quelli che hanno un basso impatto ambientale. I fertilizzanti usati sono solo di origine organica e questo contribuisce a mantenere una buona fertilità del terreno negli anni, a favorire l'attività dei microrganismi del suolo e ad impedire un inquinamento delle falde con elementi facilmente lisciviabili come i nitrati. In generale l'agricoltore dedito a questo sistema di coltivazione adotta tutti gli accorgimenti possibili per limitare i trattamenti antiparassitari: valorizza la lotta naturale , utilizza la resistenza di alcune cultivar a determinate malattie, effettua le rotazioni colturali, ecc... Ultimamente anche nel campo zootecnico si sono adottati sistemi di questo tipo, come per esempio l'utilizzo di foraggi non trattati o l'allevamento degli animali in condizioni meno forzate (maggiore spazio, tempi di crescita più lenti, ecc...). A sostegno del "biologico" interviene anche l'Unione Europea con sovvenzioni e regolamenti al fine di favorire questo sistema di coltivazione che prende parte a pieno titolo di quel grande progetto chiamato "sviluppo sostenibile". In Italia i controlli per garantire il rispetto dei regolamenti sono affidati, oltre che ad enti pubblici, a diverse associazioni.

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Per saperne di più visita www.coldiretti.it dove puoi  trovare interessanti documenti sul tema degli organismi geneticamente manipolati; o puoi dare un'occhiata a www.aiab.it   (Associazione Italiana Agricoltura Biologica, che presenta la propria storia e gli attuali settori d'intervento, principalmente, la certificazione dei prodotti biologici)

Secondo la normativa comunitaria, si intende per agricoltura biologica un sistema di gestione dell'azienda agricola che comporta restrizioni sostanziali nell'uso di fertilizzanti ed antiparassitari, ai fini di tutela dell'ambiente e della promozione di uno sviluppo agricolo durevole. Il regolamento 2092 del 1991 relativo al metodo di produzione biologico dei prodotti agricoli, definisce a livello europeo criteri e regole armonizzanti per gli operatori comunitari. A questo va affiancato il regolamento 2078 del 1992, che riguarda i metodi di produzione agricola compatibili con la salvaguardia dell'ambiente e dello spazio naturale, all'interno delle misure di accompagnamento previste dalla riforma della PAC.La collaborazione tra la Società di Studi Economici Nomisma e l'Ismea, ha prodotto la prima indagine organica sulla filiera dei prodotti biologici in Italia. La fisionomia di questo comparto agricolo è stata delineata avvalendosi dei dati ufficiali dei sette organismi di controllo relativi alle attività di produzione agricola e di trasformazione dei prodotti biologici, raccolti dal Mi.R.A.A.F. Le medesime fonti sono state utilizzate da Nomisma per fornire un aggiornamento al 1996 dei dati di struttura più significativi del comparto. L'elaborazione dei dati strutturali, aggiornati all'aprile del 1996, tracciano un quadro della dimensione produttiva del fenomeno biologico in Italia. In Italia, le superfici aziendali destinate alle colture biologiche coprono un'estensione di 93.165 ettari, mentre le superfici in fase di conversione, dalle tecniche convenzionali a quelle biologiche, ammontano a 180.907 ettari, per un totale di 274.072 ettari. La distribuzione delle superfici biologiche per area geografica, vede in testa le regioni meridionali interessate da 46.644 ettari (50,2%) delle superfici nazionali, il Centro con 21.749 ettari (23,3%) e il Nord con 24.772 (26,5%). In particolare l'analisi dei dati per singola regione evidenzia il ruolo dominante della regione Sicilia che con 32.107 ettari, da sola arriva a coprire oltre un terzo dell'intera superficie nazionale investita a colture biologiche. Seguono nella graduatoria per estensione superficiale la Toscana, l'Emilia Romagna, le Marche, la Lombardia ed il Lazio. La classifica è chiusa da Campania, Abruzzo e Liguria, tutte con superfici inferiori ai 1.000 ettari. La graduatoria regionale subisce profondi rivolgimenti ove vengano sommate alle superfici biologiche quelle attualmente in conversione. La Sicilia, infatti, anche così mantiene ancora saldamente la propria leadership nazionale con 111.847 ettari complessivi, seguita dalla Sardegna che, con 38.606 ettari in conversione (a fronte di 2.658 in bio), scavalca d'un sol balzo tutte le altre regioni. Alle spalle di Toscana ed Emilia-Romagna (rispettivamente 18.431 e 17.535 ettari complessivi) si segnala la Puglia con 16.635 ettari. La Val d'Aosta è l'unica regione italiana in cui le coltivazioni biologiche, anche solo in conversione risultano completamente assenti. Gli operatori notificati al Mi.R.A.A.F. dagli organismi di certificazione al 31.12.1995 ammontano in totale a 14.368 unità per l'attività di produzione agricola ed a 492 unità per quanto riguarda quella di trasformazione industriale. In generale, nel corso del 1995, il maggior numero di notifiche è stato registrato nell'Italia insulare, mentre in leggero calo rispetto agli anni precedenti è risultato il numero di notifiche provenienti dalle regioni settentrionali e da quelle centrali. I dati relativi al 1996 confermano che la crescita del comparto non si arresta: all'inizio del mese di marzo il numero delle aziende di produzione era salito a 14.920 mentre quelle di trasformazione avevano raggiunto le 506 unità. La superficie media per azienda agricola è di 18,1 ettari.La ripartizione delle superfici biologiche ed in conversione per ordinamento produttivo indica che il 36,6% del totale riguarda il foraggiero, seguito dal cerealicolo (27,4%) e dall'ortofrutticolo (10,8%), mentre le superfici a vite ed olivo rappresentano un quota ancora modesta sul totale, ma in forte crescita negli ultimi anni.

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