Vorrei
per prima cosa esprimere i miei più caldi e sinceri complimenti a tutti
quei ragazzi che hanno ideato e poi realizzato “Target città”. In tutta
onestà, trovo che questo giornale sia veramente un valido strumento giovanile
che affronta, con semplice chiarezza, temi interessanti, studiati ed analizzati
in modo approfondito, argomenti attualissimi e importanti e che, soprattutto,
interessano l’intera società civile. Insomma, sono convinta che quello da
voi realizzato sia non solo, come ho già sottolineato, uno strumento valido
e utile, ma anche un modo per avvicinare i giovani alle questioni che li
riguardano da vicino, perché la loro lettura può stimolare un dibattito
giovanile sia su grandi temi discussi a livello internazionale che sulle
piccole questioni cittadine che toccano ciascuno di noi. È anche questo,
a mio avviso, un modo per “fare politica”, cosa che, purtroppo, tra le nuove
generazioni non è molto diffusa. Con questa affermazione, non vorrei sembrare
la solita, irritante polemica, che si lamenta del fatto che “i giovani non
sono più come quelli di una volta!”, perché distanti dalla politica e disinteressati
a ciò che avviene attorno a loro. Questo no, in realtà non lo penso, anche
se è inconfutabile il fatto che “ai miei tempi!”- perdonate l’esclamazione
un po’ retrò- noi più giovani vivevamo la politica in un modo un po’ più
“irruente”, forse soggiogati da ideologie rigide comandate dalla netta divisione
del mondo in due blocchi.Ne derivavano battaglie sociali e politiche che
hanno fatto storia, condotte con una passionalità che poteva talvolta sfociare
in un’assurda violenza. Oggi non è più così, anzi, oggi, per fortuna, non
è più così. Il Muro di Berlino, simbolo della divisione del mondo in due
blocchi lontani e discordi, è crollato e assieme a lui sono simbolicamente
cadute non tanto ideologie e precisi valori in cui si è fortemente creduto,
ma piuttosto l’estremismo sfrenato di quelle ideologie, che conduceva spesso
a battaglie dai tristi epiloghi, troppo spesso protagoniste del ventesimo
secolo. Tuttavia è innegabile che in quelle ideologie , sotto le vesti dell’estremismo
sfrenato, esisteva qualcosa di buono, che noi, oggi, dobbiamo essere capaci
di riconoscere e di raccogliere. È l’utopia insita in esse. Il voler costruire
una società globale che possa vedere i cittadini soddisfatti nei loro diritti
fondamentali, nelle loro libertà e nel loro sacrosanto diritto di poter
condurre una vita dignitosa e rispettosa delle esigenze primarie di ciascuno.
Ma, badate bene, ciò non significa costruire una società di eguali perché,
ormai è storicamente dimostrato, questo è un sogno irrealizzabile anche
se molti illustri personaggi, e fra i primi More e il nostro Campanella,
hanno creduto di poterla configurare. La storia ha dimostrato che non è
possibile perché questo obiettivo di uguaglianza “imposta” schiaccerebbe
la libertà della persona e della sua unicità. Intendiamoci bene però, l’utopia
in sé non è certo sbagliata, è nel momento in cui questa stessa utopia cerca
di trasformarsi in progetto politico integrale che fallisce, è lì che si
crea quell’estremismo che ha portato il mondo a dividersi e noi cittadini
a vivere momenti di alta tensione durante la guerra fredda e che, in alcune
parti del mondo, continua a violare diritti imprescindibili dell’uomo. Quello
che sto cercando di spiegare, in breve, è che dobbiamo raccogliere l’insegnamento
di quest’ultimo secolo di storia e saperlo utilizzare a nostro favore ,affinché
nell’era della globalizzazione (che tanti giovani osteggiano, da quelli
che manifestavano l’anno scorso a Seattle, fino a quelli di pochi giorni
fa animati dagli stessi motivi a Milano) vi sia uno sviluppo univoco e non
che arricchisca i ricchi a svantaggio dei più poveri, ma che conduca ad
uno sviluppo equo e “solidale” che metta la persona, con i suoi diritti
e la sua dignità, al primo posto. Ci si può riuscire? Sicuramente sì, se
la politica riuscirà a governare le nuove sfide imposte dalla globalizzazione
e se il progetto ideale saprà tradursi in azioni concrete anche con obiettivi
intermedi e con una grande dose di realismo (che non significa né compromesso
né rassegnazione). Passi molto importanti, in questo senso, sono stati già
compiuti e si continuano a compiere. Mi viene in mente la recente approvazione
da parte del Parlamento Europeo della Carta dei Diritti dell’uomo, che accoglie
in sé molto della sostanza storica di questo Continente e rappresenta un
traguardo ulteriore e positivo raggiunto dall’Europa come passo ulteriore
verso una Costituzione europea. E poi penso alla recente legge approvata
per ridurre, e in molti casi cancellare, il debito estero dei Paesi in Via
di Sviluppo, che rappresentava ormai da molto tempo un macigno pesantissimo
e non solo per quelle popolazioni afflitte dalla fame e dalla miseria, ma
anche per l’intera economia mondiale. E poi ancora c’è molto da dire sulle
politiche di cooperazione allo sviluppo portate avanti con successo, o su
tutto quello che la politica ha fatto per sollevare il problema delle esecuzioni
capitali e delle violazioni dei diritti umani, ancora nel 2000 triste, assurda
e ormai anacronistica realtà in molte zone del mondo. Ma questo cammino,
nella fase attuale in pieno sviluppo e già coronato da molti successi, non
può interrompersi, deve continuare a proliferare. E
voi, ragazzi, siete la speranza perché ciò avvenga realmente, perché si
possa un domani vivere in un futuro migliore e, anche, ecologicamente più
sano. Siete voi il motore primo di un progetto che, per continuare ad avere
la carica necessaria per arrivare al traguardo di una vita migliore per
tutti in nome della libertà, del rispetto dei diritti e della solidarietà,
necessita del vostro impegno concreto che si deve tradurre in partecipazione
alla politica attiva, di qualsiasi partito si tratti, purché sia “politica”,
cioè arte di lavorare per il bene comune.
E già, perché “fare politica” significa proprio compiere un gesto altruistico,
filantropico e certo oggi controcorrente. Senza nulla togliere al volontariato,
in cui molti di voi lodevolmente e giustamente si impegnano, “la politica-
e lo sosteneva Sant’Agostino- è la più alta forma di carità”. “Fare politica”
significa infatti lavorare per una società migliore che si prenda cura di
tutti i “suoi figli”, senza escludere o ghettizzare alcuno a causa della
singola appartenenza sociale, economica, religiosa, etnica, ma nella piena
consapevolezza della ricchezza insita in ogni individuo. È nella cognizione
di ciò che voi ragazzi dovete ritrovare lo stimolo per “muovervi politicamente”
anche se, a mio avviso, il rapporto difficile che la politica ha attualmente
con i giovani dipende dalla sua incapacità di rappresentarsi con il gusto
di un’impresa alta da compiere. Una politica machiavellica, vuota e che
pensa solo a fare spettacolo del “tutto e ad ogni costo”, della disperazione
piuttosto che della speranza, non può che allontanare le nuove generazioni.
Se vuol essere accattivante, deve invece essere virtuosa ed evocare nei
giovani il gusto di un ‘ impresa alta, che ,in questo secolo appena iniziato,
può essere quella di fare in modo che esista uno sviluppo equo tra Nord
e Sud del mondo, affinché le opportunità offerte dalla globalizzazione siano
realmente tali per tutti. E’ a questo scopo che deve essere mirato il vostro
entusiasmo, quel “supplemento d’anima e di fantasia” che solo voi giovani
potete conferire alla politica e di cui essa stessa necessita per giungere
al più presto ad estrapolare, per farli poi coesistere e fiorire, i due
vocaboli insiti nelle utopie che hanno attraversato il secolo: libertà e
solidarietà. |