5. La salamandra di
Antonio Ludovico Muratori (Leonardo Terzo 26 agosto
2001)
Come un destino la
violenza... se i
contenuti le sono indifferenti e la futilità
dell'occasione piuttosto che placarla l'alimenta,
come non riconoscerle un suo primato
metafisico? Sergio Givone, Eros/ethos,
Torino
2000.
Ricordo un brano
della mia antologia di prima media, in cui Antonio Ludovico Muratori
(1672-1750) racconta di come, da bambino, mentre stava osservando
una salamandra che attraversava il fuoco, abbia ricevuto uno
schiaffo dal padre, il quale gli spiegò di essere ricorso a
quell'espediente per rendere indimenticabile la salamandra nella
memoria del figlio. C'era (c'è) del metodo in quella
violenza?!!
È probabile che, in
(inutili) termini statistici, la quantità di violenza bruta,
effettivamente in atto nelle nazioni dell'Europa "civilizzata", sia
molto diminuita rispetto ai secoli scorsi, o sia stata trasformata
in riti sacrificali sommersi e sottratti alla coscienza, sotto forma
di incidenti automobilistici, infortuni sul lavoro, epidemie
immunodeficitarie e altri tipi di copertura. A causa dello sviluppo
delle comunicazioni, è invece certamente aumentata in noi la
consapevolezza della violenza che viene quotidianamente esercitata
nel mondo, sia con pretesti collaudati, sia con pretesti a noi
incomprensibili.
Le notizie che arrivano dal mondo, come del resto ciò che
succede in Italia, segnalano però un incremento notevole di crimini,
anche terribili, commessi da minorenni, rispetto ai quali le leggi
vigenti appaiono inadeguate, come le opinioni smarrite dei
commentatori.
Mentre negli Stati Uniti si tende a far fronte
pragmaticamente a questi fenomeni, comminado ai minorenni le stesse
pene degli adulti, l'Europa sembra paralizzata di fronte al dilagare
della "barbarie infantile". La Francia ricorre al coprifuoco dopo le
ventitré, in Italia l'impunibilità viene sfruttata dalle mafie e
dagli spacciatori di droghe, in Inghilterra i bambini criminali,
impunibili, vengono protetti sotto nuova identità dalle possibili
vendette delle folle allibite e inferocite.
Dal mondo extra-europeo le notizie sono ancor più deprimenti:
in Africa i bambini sono arruolati indifferentemente sia per essere
sfruttati in attività a regime schiavistico, sia per combattere
guerre con armi acquistate con i debiti contratti coi paesi
sviluppati, che ora si chiede di azzerare. Palestinesi e
israeliani sfruttano reciprocamente le vittime infantili della
loro carneficina, sbandierandoli nella guerra mediatica parallela a
quella armata, i primi vantandosi dei morti nelle discoteche altrui,
i secondi fieri di non perdere il passo nella strage degli
innocenti, non più ritenuti tali.
Tornando ai problemi, relativamente più piccoli, dei nostri
piccoli, i presunti esperti, alla maniera di Alain Touraine in
Francia, di fronte alle devastazioni e ai delitti senza motivi
apparenti di orde di ragazzini di tredici anni, avanzano la ridicola
pretesa secondo cui: "Con quei giovani si dovrebbe
discutere".
Ma i giovani, quanto più indietro con gli anni, per
condizione biologica e ormonale non sanno discutere, non sono
interessati a farlo, non ne comprendono il senso, ovvero non sono
modificabili per via di ragionamento, perché soggetti a pulsioni
indomabili, che restano tali soprattutto nella
distruttività.
Lo stesso raggrupparsi in fasce d'età delle bande infantili,
adolescenziali, giovanili, indica la propensione biologica a
selezionare l'ambiente secondo un sentire coetaneo, che è il solo
luogo su cui si dovrebbe intervenire, perché è il solo istinto che
li guida, impermeabile a ogni razionalizzazione.
Ed è qui che interviene l'interesse per una discussione sul
"metodo" della violenza, sia criminale, sia punitiva.
La metodologia muratoriana non è
ovviamente né criminale, né punitiva, bensì intenzionata dalle più
affettuose, paterne finalità. La sua peculiarità sta però nel fatto
che coglie un punto delicato, relativo ad una pedagogia
dell'esperienzia che il padre di Antonio Ludovico evidentemente
riteneva non sostituibile da nessun altro metodo di carattere
discorsivo e intellettuale.
La violenza distruttiva dei giovani, infatti, non è soltanto
estroversa. Allorché ad esempio i cultori del piercing, dello
scaring
e del cutting, interrogati in proposito, percepiscono la
necessità di dare a se stessi un senso per le loro pratiche
auto-lesive, fanno l'elogio della sofferenza come esibizione, in
primo luogo nella propria comunità, dell'esserci nel dolore,
inflitto o ricevuto.
Dolore e sofferenza, ma in generale un linguaggio della
violazione del corpo e la manipolazione della dimensione sensibile,
prevalgono su ogni altro modo di significare. Per "discutere" con
loro occorre dunque "infliggere" la stessa lingua. Solo da qui, come
aveva intuito il padre del Muratori, si può partire per
entrare veramente in "contatto" coi giovani e aiutarli a
riguadagnare la sublimazione simbolica della parola e delle
idee.
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