LEONARDO TERZO
Simboli della narrazione.
Il mono-mito narratologico di E.A. Poe in
"The Fall of the House of Usher"
Come genere letterario il racconto può essere considerato la
forma breve delle varie forme, più estese, della narrativa in prosa[i].
In questo senso considereremo "The Fall of the House of Usher" come
forma breve di romanzo gotico, in una fase di adeguamento del genere a nuove
esigenze ideologiche ed espressive [ii].
Due convenzioni letterarie presiedono all'introduzione a
questo tipo di narrazione: il manoscritto ritrovato e il viaggio iniziale, che
trasferisce il protagonista o il narratore sulla scena in cui la vicenda gotica
vera e propria avrà luogo. Entrambe queste convenzioni servono a creare un
distacco: il manoscritto allontana la vicenda narrata in termini temporali,
situandola per lo più nel passato, in un contesto antropologico più favorevole
alla creazione di effetti meravigliosi; mentre il viaggio iniziale è la mossa
necessaria a superare la soglia che separa il mondo della coscienza razionale
dalla parte profonda della psiche, che la narrazione gotica si accinge ad
esplorare in forma figurata e allegorica, e che dalla coscienza è esperita
appunto come un andare fuori dal mondo.[iii]
Si segnala così al lettore anche quello che Frye[iv]
chiama un tema di discesa, vale a dire il passaggio in un mondo più misterioso
e caotico, un mondo meno ordinato, meno idealizzato e felice di quello di
partenza. Entrambe le convenzioni alludono a una deresponsabilizzazione del
narratore o della sua personalità cosciente, e indicano da ultimo un segno di
confine fra il mondo della realtà e quello della finzione.
La nostra lettura si adeguerà a questo movimento di discesa:
dal più immediato livello di agibilità interpretativa, quello delle convenzioni
letterarie specifiche, si procederà ad un approfondimento della prospettiva
ermeneutica verso un livello che potremmo definire catagogico, ovvero anagogico
in senso inverso, per delineare, come fondamento del racconto giustamente più
famoso di E. A. Poe, la tematizzazione di un principio di ontologia della
finzione sotto forma di trasferimento regressivo dalla realtà all'immaginario.
In "The Fall of the House of Usher" un residuo funzionale della
convenzione del manoscritto è costituito dalla lettera che il narratore riceve
da Usher, e che è il motivo che lo chiama sul luogo dell'avventura, promuovendo
così anche il verificarsi dell'altra convenzione, il viaggio iniziale, al
termine del quale, in prossimità della casa degli Usher, inizia il racconto.
Allontanamento ed esplorazione convergono così in una storia che inizia con una
descrizione del paesaggio, che è anche descrizione e rispecchiamento di uno
stato d'animo, perché, come è stato osservato[v],
tutto il mondo di Poe non è che l'esteriorizzazione di disposizioni dell'animo
in termini di architettura di interni o di paesaggio.
La dichiarata assenza di "ought of the sublime" ci
conferma che l'escursione esplorativa avviene nelle regioni del mondo infero; e
il senso di tetraggine e depressione dimostra la riluttanza della parte
cosciente della personalità ad avventurarsi in un ambiente dove viene meno la
sicurezza percettiva delle facoltà razionali, come testimoniano le incertezze
esplicative (I know not how it was) e i tentativi di riflessione e auto analisi
(What was it - I paused to think; I pondered; I reflected; I now proposed to
myself) intesi a un rafforzamento dell'io, e che tuttavia non pervengono a
nessuna soluzione soddisfacente (It was a mystery all insoluble; I was forced
to fall back upon unsatisfactory conclusions).
Sebbene si sia sostenuto che la paura è l'effetto principale
cui Poe mira nell'elaborazione degli elementi del racconto[vi]
e ciò si adeguerebbe pienamente agli obiettivi tradizionali del gotico, è
nostra opinione che l'originalità di Poe, nella manipolazione dell'attrezzeria
del genere, consista appunto nel trascendimento degli effetti, verso un
intendimento autenticamente esplorativo di un complesso più vasto - di cui la
paura è solo una modalità fenomenologica, per quanto costitutiva - che egli
sembra voler indagare con un atteggiamento e un metodo non dissimili da quelli
che animano i cosiddetti racconti del raziocinio che sono all'origine della detective
story[vii].
Si confrontano qui i due impulsi che pervadono la creatività
dell'autore: l'orgoglio razionalistico che vanta le capacità ordinatrici della
mente che sconfigge e dissipa il mistero, e di contro la consapevolezza di
livelli di esistenza non facilmente raggiungibili e comunicabili,
principalmente ricercati oltre le soglie della veglia, della pazzia e della
morte, di fronte ai quali lo sforzo esplorativo della ragione, mentre misura la
sua impotenza ricadendo su se stesso con effetti di paura, fuga e rimozione,
non manca peraltro di reiterare ostinatamente i suoi tentativi, un racconto
dopo l'altro, con caratteri di coazione maniacale.
Si confrontano parimenti nella visione inaugurale
denotazione e connotazione: simile al velo di miasmi che dallo stagno si leva
ad avvolgere la casa, una sorta di emanazione morbosa sembra muovere dagli
oggetti per avvolgere e coinvolgere il soggetto in un'aura di "shadowy
fancies" e "mystic vapor". Da quest'aura egli cerca invano di
districarsi elaborando delle difese culturali che, nello sforzo visibile di
trasformare la sensazione in processo cognitivo, fanno appello a tutte le
risorse del suo bagaglio estetico-gnoseologico, da una teoria
dell'immaginazione alle nozioni del sublime e del pittoresco, fino a una
psicologia della visione di carattere proto-gestaltico: "a mere different
arrangement of the particulars of the scene".
È da notare di passaggio che il tentativo del narratore di
sottrarsi all'inflazione delle sensazioni oppressive con l'autoironia (childish
experiment), lo scetticismo (superstition - for why should I not so term it?),
le considerazioni intorno a una “paradossale” legge di incremento della paura,
tutti atteggiamenti volti a distanziare criticamente l'esperienza immediata del
fenomeno, è possibile solo in un momento successivo all'esperienza stessa, dal
punto di vista di chi è già sfuggito al crollo della casa, e non da quello del
personaggio capitato “as the shades of the evening drew on, within view of the
melancholy House of Usher”.
Di fronte alla casa degli Usher infatti la percezione non
riesce a evolvere in inferenza logica, l'indagine raziocinante deve cedere alla
sensazione e all'emotività (sensation; feeling; gloom; depression; shadowy
fancies), che hanno come appigli di riferimento la droga e il sogno, con
conseguenze che sembrano far regredire il narratore in contraddittorie
confusioni, quando egli dapprima attribuisce la depressione al risveglio dal
sogno dell'oppiomane e alla ricaduta nella realtà (the afterdream of the
reveller upon opium - the bitter lapse into everyday life), e successivamente
ritorna invece ad attribuirla al sogno stesso (must have been a dream) quando
cercherà di scuotersene nel tentativo di allontanarla dalla realtà obiettiva
della casa (I scanned more narrowly the real aspect of the building).
Sogno e realtà si invertono quindi e si congiungono in un
metaforico anello di Moebius, apparentemente contraddittorio, che però è la via
d'accesso privilegiata alle zone oscure dell'esperienza umana.
George Poulet ha messo in luce come in Poe il risveglio
appaia il momento in cui la visione del mondo onirico coesiste con la ripresa
della coscienza, in un attimo senza tempo, dove i due stati sono entrambi
contenuti; il momento in cui il sogno diviene quasi intelligibile, in cui si
comprende un po' meno confusamente ciò che si sta cessando di essere[viii].
Per quest'attimo, la cui idea è elaborata più esplicitamente in racconti come
"The Pit and the Pendulum" e "The Premature Burial", e che
qui appare come "the hideous dropping off the veil", in cui la fine
del sogno coincide con l'inizio del racconto che lo ricorda - è quest'attimo
dunque che permette al narratore di dire che le sensazioni deprimenti alla
vista della casa degli Usher sono quelle di un risveglio, sia pure il risveglio
del drogato, e in pari tempo di investire negativamente il racconto di una
valenza onirica che permette a noi un'interpretazione allegorica della
narrazione come disturbante penetrazione della coscienza nelle viscere della
propria irrazionalità.
Se infatti questo giungere del narratore nell'irrazionale è
capovolto in un risveglio, come se l'universo della coscienza da cui egli
proviene non fosse che il sogno beato nella droga razionalistica, allora la
caduta del velo illusorio delle sicurezze razionali vuole suggerirci che
l'autentica dimensione della realtà è il malessere e la paura che ci colgono di
fronte all'immagine dei nostri conflitti profondi.
Occorre quindi insistere sulla continuità ambivalente che si
configura come circuito di reversibilità simbolica riscontrabile in tutte le
dimensioni del racconto. Si vedrà infatti che la discesa nel caos della
promiscuità inconscia è anche la ricerca di un itinerario misterico che,
attraverso l'oscurità, volge le mosse all'individuazione di un orientamento
cosciente. Parimenti la morte può mantenere e allo stesso tempo invertire il
senso di terrore naturale, eufemizzandosi come dolce risveglio dal cattivo
sogno della vita; e la casa e la tomba, insieme ai connotati dell'abisso
divoratore, condividono, nella fantasticheria del riposo, l'immagine di
un'intimità protettiva, di una profonda claustrofilia, che modifica
radicalmente la valorizzazione claustrofobica del primo gotico[ix].
La penetrazione del narratore nel mondo infero, non si
presenta infatti con i caratteri dell'intrappolamento claustrofobico del gotico
originario; sembra invece un inoltrarsi in un universo cunicolare dotato di una
continuità cavernosa senza confini. I fondi corridoi della casa introducono a
stanze; le stanze presentano vaste volte buie e distanti; le alte finestre
gotiche appaiono irraggiungibili; gli angoli sembrano lontani come recessi
misteriosi in cui scivola e scompare l'ombra di Madelaine; sotto le stanze il
sotterraneo dà luogo alla cripta; la tomba stessa è anticipata nell'immagine
del quadro di Roderick come visitata da una luce inspiegabile che non può che
avere origine dall'abisso di un mondo ulteriormente profondo. Sul piano
ontologico infine l'intrapresa narrativa, calandosi nell'irrealtà immaginaria
della finzione, mentre induce il lettore a rinunciare temporaneamente al
principio di realtà e di identità, gli conquista per contro l'appagante
finalità di un'identità formale ed estetica.
La dimensione simbolico-allegorica del racconto, già
rilevata dalla critica come nucleo energetico essenziale da cui emanano le
potenzialità affabulatrici della narrativa di Poe, fino a trascendere sia
l'endemica angustia della dizione, sia il carattere in ultima analisi
formulaico della sua poetica, trova qui un'esplicita e forse ridondante messa
in atto del procedimento "in abisso" nella ballata "The Haunted
Palace", dove, riprendendo in parte le immagini della descrizione iniziale
della casa, si indica che i personaggi della vicenda vanno considerati come
facoltà di una mente divisa e impazzita.
A questo proposito la funzione delle interpolazioni richiede
una riflessione. A differenza delle descrizioni topografiche, che il gotico
valorizza e promuove nell'ordine gerarchico delle modalità narrative,[x]
e con l'eccezione del "Mad Trist", che si inserisce nel gioco dei
parallelismi diegetici con indubbia spettacolarità sensazionalistica, i versi
di "The Haunted Palace", la lista dei libri: "the books which,
for years, had formed no small portion of the mental existence of the
invalid", la descrizione del dipinto di Roderick, i nomi stessi degli
artisti e dei musicisti citati (Fuseli, Von Weber), sembrano porsi in varia
misura come detrito enciclopedico che grava sull'economia narrativa, e in modo
tanto più controproducente per un teorico come Poe che privilegia le forme
brevi ai fini del raggiungimento degli effetti.
Si tratta del permanere di artifici arcaici che soddisfano
al principio della pienezza con modalità tipicamente pre-moderne, quasi
ottemperando ai canoni di una riepilogazione medievale. In questo senso un modulo
compositivo sopravvissuto alla modernizzazione delle tecniche narrative attuata
dal realismo viene recuperato in consonanza con gli intenti reazionari del
gotico.
Questa ipotesi va discussa in connessione alla problematica
della forma trascendentale, ma possiamo comunque dire che, per quanto
diegeticamente di non facile integrazione, questi elementi sembrano avere una
funzione precipua ai fini dell'autore come arredo culturale, sebbene la loro
efficacia, mentre anche in termini di “atmosfera” appare discutibile, si
manifesti nella presenza di segnali che, in corrispondenza delle varie fasi
dell'azione visibile, con un gusto per l'occultismo e la teosofia per noi
abbastanza datato, ma molto in voga nell'Ottocento, rinviano ad una
configurazione allegorica banalizzante. Dobbiamo cioè imputare a Poe ciò che
egli stesso in "The Philosophy of Composition", definisce "the excess
of the suggested meaning... the rendering this the upper instead of the
under current of the theme" (corsivo dell'autore).
Considereremo perciò questo residuo enciclopedico come
conseguenza di una perdita di controllo e di misura, che dà adito a una fuga di
materiali, e che tuttavia può essere interpretato come spia dell'interesse
dell'autore a riepilogare e ricostruire il canone del romance gotico,
sulla base di nuovi interessi.
Indubbiamente all'insistenza dei racconti su un numero
limitato di temi non è estraneo lo sforzo dell'autore di trovare soluzione al
problema, ideologico ed espressivo insieme, proprio del gotico in quanto
genere, di unificare in un monomito inventivo la superficiale varietà degli
elementi che costituiscono la sua attrezzeria sotto forma di moda culturale,
stile architettonico, atteggiamento della sensibilità, gusto antiquario, arredo
psicologico, compiacimento sadico e ossessione irrazionalistica.
Ad esempio proprio muovendo dall'analisi della biblioteca di
Roderick è stata ricostruita in modo convincente[xi]
quella rete di riferimenti che nel racconto rinviano al modello del rituale
d'iniziazione sotteso alla simbologia dei culti egizi venuti di moda dopo le
scoperte degli archeologi napoleonici in Egitto all'inizio del secolo e subito
integrati nel parafernale del gotico. Le angosce suscitate dalla casa degli
Usher evocano infatti quei segreti impenetrabili, quelle morbose profondità
associate dall'animo romantico alle architetture egizie, ai misteri eleusini e
al mito di Persefone, assimilato alla sepoltura rituale del dio solare Osiride.
La biblioteca di Roderick Usher contiene infatti i titoli di
libri veri, che trattano principalmente di due argomenti: il viaggio
nell'oltretomba e l'idea che lo spirito sia presente anche nella materia
inanimata in connessione alla teoria della corrispondenza tra macrocosmo e
microcosmo. Essa costituisce quindi una guida esoterica al mondo infero, il
viaggio attraverso il quale perverrebbe alla visione trascendente delle nozze
ierogamiche.
In questa linea il racconto è stato letto come esecuzione di
un rito, dove le varie parti si adeguano agli stadi dell'iniziazione[xii]
e l'abbraccio finale di Roderick e Madelaine e il crollo conseguente
rappresenterebbero, al culmine dell'unione, la morte della vecchia personalità
e la rinascita della nuova anima. In questa chiave la resistenza del narratore
ad accettare questa prospettiva sarebbe incapacità di comprendere il
significato dei misteri a cui sta assistendo e dei drammi a cui partecipa, il
che lo porrebbe nella posizione di narratore inaffidabile, restio a riconoscere
e ricevere il dono della divina saggezza: su di lui perciò, nell'incipienza
della rivelazione, Roderick può rigettare l'accusa di pazzia: “Madman! I
tell you that she stands without the door!” (corsivo dell'autore).
Tuttavia, prima di inoltrarci nell'elaborazione operata dal
racconto delle valenze psicologiche che investono i personaggi, allo scopo anzi
di prevenire e bilanciare tali determinazioni proiettive, vogliamo osservare
l'azione da un punto di vista per così dire fattuale, che ne stagli il disegno
in una fenomenologia quasi puramente comportamentistica. In questi termini
allora la fabula consiste in un successivo formarsi e rompersi di
coppie: l'arrivo del narratore nella casa degli Usher rompe la coppia formata
da Roderick e Madelaine; quest'ultima, allontanata e isolata dalla malattia,
apparentemente muore e viene sepolta nel fondo della casa stessa. La casa resta
quindi abitata dalla nuova coppia formata da Roderick e dal narratore; finché
Madelaine ritorna, si riappropria del fratello e costringe il narratore alla
fuga.[xiii]
Se a questa trama sovrapponiamo quelle di
“Morella”, “Ligeia”, “Eleonora” e “Berenice”, ne risultano accentuati alcuni
tratti che compongono un modello inventivo pressoché costante. Esso consiste di
due movimenti: l'allontanamento o la morte della componente femminile di una
coppia, e il suo ritorno con esito catastrofico[xiv].
In effetti la ripetitività delle situazioni nella narrativa
di Poe non può non essere significativa, e va oltre i limiti di ciò che abbiamo
chiamato coazione maniacale. Ne si può dire che egli non abbia precisa consapevolezza
del suo modus operandi - per usare la sua stessa terminologia - esposto
a chiare lettere in “The Poetic Principle”, “The Philosophy of Composition” e
nelle recensioni ai racconti di Hawthorne.
In questi scritti egli si sofferma con notevole acume su una
serie di problemi tecnici e teorici relativi alla creazione letteraria, ma ciò
che ora ci interessa è l'idea che lo scopo dell'arte sia di procurare al
lettore un'eccitazione, a sua volta consistente in un'elevazione dell'anima; e
che tale scopo sia raggiungibile, oltre che con l'appropriato uso del ritmo
prosodico nella poesia e una precisa scelta di dimensioni nei generi e nelle
forme, anche selezionando un repertorio di temi più o meno adatti a tale fine
edificante. Egli giunge così ad indicare il tema più poetico in assoluto: la
morte di una bella donna. Fra gli esempi a cui ricorre spiccano le poesie di
Thomas Hood. Di una si cita solo il titolo, peraltro significativo: "The
Haunted House", mentre "Bridge of Sighs" viene citata per
intero. L'argomento di questa poesia è il suicidio di una prostituta, e tra gli
altri notiamo i seguenti versi:
………………….
Past all dishonour ,
Death has left on her
Only the beautiful.
e più avanti
Glad of death's mystery
Swift to be hurl'd
Anywhere anywhere
Out of the world.
Un breve commento sottolinea che il soggetto di questa
poesia è "wild insanity". La pazzia e il suicidio appaiono come la
conseguenza di una vita di prostituzione, ma l'insegnamento che se ne trae è
che, sebbene la donna sia una prostituta, la morte la rende una bellezza pura,
e il passaggio tra i due stati è operato dalla pazzia.
Ciò può suggerire il motivo della presenza di tante donne
morte e allontanate con la morte nei racconti di Poe, e il loro significato.
Occorre ricordare che la morte è considerata la via naturale all'immortalità e
alla visione di quella bellezza superna di cui la poesia dà solo un pallido
esempio terreno. La donna è oggetto di passione, ma l'amore più elevato è
quello uraniano, perciò, finché vive, la donna, per sua natura, incarna un tipo
di amore degradato e degradante. Comprendiamo allora che la scelta della
prostituta come figura esemplare della bellezza femminile è solo
un'enfatizzazione della natura femminile in genere e in quanto genere, che
meglio evidenzia la capacità salvifica della morte. La donna è naturalmente
peccaminosa in quanto materia e può purificarsi soltanto perdendo la propria
materialità nella morte; e questo tema, come esige la filosofia della
composizione dell'autore, è capace di elevare l'animo, appunto in quanto mimesi
di un processo di purificazione.
Ma la morte che Poe vagheggia nei suoi scritti di poetica,
legata all'ideale cristiano-platonico come via di passaggio alla condizione
superna dell'immortalità, è contraddetta, nei prodotti della sua poetica
stessa, da un altro tipo di morte, che non è liberatoria, perché non è mai
definitiva, bensì resta impigliata in qualche modo, e in modo orrendo, con le
pene e le angosce, non dell'inferno, ma della vita. Mentre infatti il gotico
originario vuole mandare il mondo all'inferno, il gotico di Poe non riesce a
districarsi da quell'inferno che è il mondo stesso, e la purificazione della materia
in sembianze femminili o femminoidi resta solo un tentativo di rimozione.
Ma come il titolo stesso del racconto evidenzia, al centro
del dramma di "The Fall of the House of Usher" è la casa, e la sua
presenza come agente e contenitore dell'azione; e il coincidere della sua
funzione con quella di Madelaine, getta luce anche sul significato delle altre
eroine che danno il titolo ai rispettivi racconti. La contesa fra il narratore
e Madelaine per il possesso di Roderick, mentre chiarisce infatti che la missione
terapeutica del narratore consiste nel tentativo di sottrarre l'amico
all'abbraccio soffocante della sorella e di ciò che ella rappresenta, dimostra
anche che la continuità organica fra la casa e i suoi abitanti, prima suggerita
e poi teorizzata, si distribuisce secondo una gradualità di identificazione
regressiva che vede nella sorella l'espressione antropomorfica più aggressiva
della casa-grande-madre-ingoiante, laddove l'estenuata sensibilità (“un luth
suspendu”) del fratello sta ancora cercando, seppure tardivamente e invano, per
lo stato patologicamente avanzato di decomposizione egoica, di recuperare in
modo più estroverso e concreto ciò che già Hawthorne chiamava "un rapporto
col mondo".
È evidente fra i tre elementi che il narratore si trova ad
affrontare, Roderick, Madelaine e la casa, un complesso di rapporti che allo
stesso tempo li unisce e li contrappone. Essi paiono infatti agire in una sorta
di campo gravitazionale, soggetti a quella forza centripeta che identifica casa
e abitanti, casa e dinastia degli Usher. La storia stessa della famiglia, di
cui Roderick e Madelaine sono l'ultima progenie, è caratterizzata da una
tendenza regressiva e da un impulso introverso e incestuoso. D'altra parte se
Roderick e Madelaine sono le componenti di una personalità in disgregazione, le
rispettive valenze semiche sono individuabili per opposizione: abbiamo infatti
la descrizione di Roderick, mentre Madelaine, quasi sempre assente dalla scena,
deve considerarsi tutto ciò che al fratello è opposto e complementare. Roderick
appare a tutta prima una tipica costruzione dell'anti-intellettualismo
romantico: l'uomo dimezzato che nella terminologia romantica è tutto mente e
niente cuore, nella cui tipologia si annoverano personaggi come Ethan Brand e
Victor Frankenstein. È l'uomo assorbito nei suoi interessi esclusivamente
scientifici o intellettuali, in questo caso teosofico-spiritualistici, che ha
finito per acquisire una personalità notturna e introversa, incapace di
ristabilire una qualsiasi armonia sia con la natura, sia con la comunità degli
uomini. Tuttavia nella fattispecie dello sdoppiamento di Roderick Usher, la
patologia intellettualistica si manifesta non tanto in contrapposizione a una
perduta capacità emozionale e di simpatia umana, quanto a un dissidio fra mente
e corpo, fra i modi di esistenza dello spirito e quelli della materia. Roderick
è l'individualista raffinato che coltiva e distilla una sensibilità eccessiva,
vulnerabile alle intrusioni di qualsiasi manifestazione di vitale concretezza e
materialità.
Madelaine per contro è il residuo istintuale che ha assunto
a sua volta una dimensione patologica perché, rifiutata dall'hybris
solipsistica e sublimizzante del fratello, riaffiora sintomaticamente con i
caratteri perversi e aggressivi del cosiddetto ritorno del rimosso.
Nella funzionalità di questo rapporto sono presenti infatti
gli aspetti ricorrenti nelle storie del doppio e dell'ombra che costellano un
nucleo di problemi legati appunto alla rappresentazione narrativa della
disgregazione della personalità. Solitamente fra il protagonista e il suo
doppio si stabilisce un rapporto di vampirismo per cui l'uno si nutre e vive di
quelle energie che, liberate dal processo di separazione stesso, vengono
sottratte all'antagonista negativo. Gli esempi sono molteplici: in The
Picture of Dorian Gray l'energia trasferita alimenta il mantenimento della
gioventù e della bellezza; in altri casi, come quello del Dr. Jekill, è il
mantenimento dell'innocenza stessa che scarica sull'ombra gli impulsi criminosi,
mentre in "William Wilson" sono i sensi di colpa che nutrono e
materializzano in forma di doppio la coscienza del protagonista. In Madelaine
invece, come si è detto, Roderick relega la parte materiale e sensuale della
personalità, per poter coltivare la sofisticata e disturbante astrattezza della
propria spiritualità creatrice, di cui abbiamo diretta testimonianza nelle
descrizioni della sua produzione pittorica e musicale. Come complementarità
gemellare, Madelaine invece viene caratterizzata indirettamente, ad esempio nel
parallelismo narrativo del "Mad Trist", dove l'eroe che penetra nel
rifugio dell'eremita anticipa e illustra la barbara e violenta primitività che
Roderick intuisce con terrore nella natura e nelle condizioni di esistenza della
sorella. Anche il suo allontanamento è
tipico della funzione dell'ombra, che deve partecipare all'azione da lontano,
perché il suo ritorno non è un'integrazione, ma una sopraffazione, e dunque
coincide con l'annichilimento. Ma se, in opposizione a Roderick, Madelaine
appare portatrice di una serie di connotati che, nella loro concretezza e
carnalità, si rifanno a una tradizione del principio femminile e a un abito
categoriale che, ben oltre l'eredità filosofica cartesiana, risalgono alla
tipologia biblica della caduta di Adamo-anima-razionale sopraffatto da
Eva-anima-sensuale, è nel rapporto con la casa che tale fisionomia si delinea
in modo risolutivo. L’immagine della casa si pone infatti come punto intermedio
di un tragitto continuo dal ventre materno alla tomba[xv].
Nei confronti dell'introversione di Roderick, la casa degli Usher sembra poter
operare come sostituto simbolico del paradiso iniziale costituito dal mondo
intrauterino che dà senso alla continuità organica fra la casa e i suoi
abitanti e all'antropomorfismo femminoide ad essa implicito. Come la tomba può
invertire la sua valenza paurosa assimilandosi alla casa per la sua qualità
protettiva, così la casa, fattasi microcosmo secondario sul modello del corpo
umano (The Haunted Palace), può acquisire i connotati terrorizzanti dell'abisso
divorante e del labirinto anatomico infernale. Come avverte infatti Durand, da
cui abbiamo appreso la lezione relativa agli avvaloramenti simbolici: "il
mondo dell'oggettività è polivalente per la proiezione immaginaria, solo il
tragitto psicologico è semplificatore". L'ambivalenza della morte si
rivela infatti allorché la individuiamo alle estremità opposte rispetto
all'ipotetica centralità dell'individuo indipendente che ha raggiunto
l'equilibrio tra istanze materiali e spirituali. Da un lato la morte appare
come palude dell'indifferenziato, in cui l'individualità è sommersa nella
partecipazione mistica con la materia; dall'altro la tendenza alla spiritualità
assoluta di Roderick impone la morte come uccisione della parte materiale
rappresentata dalla femminilità di Madelaine e delle altre eroine di Poe.
La separazione tra Roderick e Madelaine
si configura perciò come il tentativo del fratello di spingere Madelaine verso
la purificazione fino alla morte; e il ritorno di Madelaine è, al contrario,
l'azione di quest'ultima per spingere Roderick verso la partecipazione mistica
fino alla morte della sua individualità. La morte si pone dunque sia al capo di
un processo di elevazione spirituale che si allontana dalla materialità, sia al
termine del cammino inverso dall'individuazione alla natura indifferenziata.
Anche il rapporto col mondo femminile può infatti essere
vissuto in modo positivo, e il legame gemellare adombrare il mito platonico
dell'amore come ricerca dell'anima gemella, per cui "the reconstitution of
the androgyne during intercourse, the union which re-establishes the unity, is
a brief return to the primal state of completeness from which, as created and
shaped matter, as self-aware distinct individuals, we are otherwise in
permanent exile"[xvi].
Oppure può essere vissuto in modo disturbante e dar luogo alla "paura
delle donne", paventando nel rapporto il ritorno a uno stato prenatale, in
cui l'unione con la madre è impedimento all'autonomia e distruzione di ciò a
cui più teniamo, ovvero la nostra identità.
La paura della donna è timore dell'attrazione nel gorgo
della vita irriflessa. Come si è visto nella imagery di Poe la morte
della donna è il necessario processo di idealizzazione a cui la materia deve
essere sottoposta per diventare accessibile e fruibile, non più coi sensi, ma
con l'intelletto e la passione etica. Contraddicendo la sua pretesa di
indipendenza dell'arte da ogni istanza etico-didattica, Poe situa all'apice dei
valori poetici le immagini di spiritualizzazione della vita biologica e di
culturalizzazione della natura. Tuttavia non si nasconde che il distacco di
spirito e materia è patologico in quanto tale, vale a dire nel momento della
concezione stessa del dualismo, e si rivela in sintomi di apatia e catalessi in
un caso, di nevrastenia nell'altro. Roderick tende a questo distacco senza
riuscire ad attuarlo, mentre il narratore, accorso per la malattia dell'amico,
non è in grado li diagnosticarne la natura e di intervenire terapeuticamente:
ciò che egli propone è una distrazione con la lettura del "Mad
Trist", che si risolve in artificio ironico che facilita ciò che dovrebbe
evitare. Il ritorno del rimosso è il segno dell'ineliminabilità della
componente materiale della vita che, quando non è accettata, diventa minacciosa
e travolgente.
La potenzialità e, alla fine, la realizzazione incestuosa
del rapporto tra Roderick e Madelaine Usher non vanno intese quindi in senso
letterale; ovvero non si deve individuare nella rivelazione del presunto carattere
sessuale del rapporto il punto terminale dell'indagine interpretativa. La
dimensione sessuale non deve intendersi, sotto l'influenza di uno psicanalismo
riduzionista, come il traguardo finale della catena dei significati[xvii].
In una vicenda che drammatizza un conflitto tra sublimazione e introversione,
fra tendenze anagogiche e catagogiche, e che prefigura il crollo dell'io nella
contesa tra il super-io (il narratore) e l'Es (la femminilità), il rapporto
incestuoso, come pure la condizione di gemelli di Roderick e Madelaine, non è
che la superficie figurale di un incesto più profondo: l'incesto uroborico per
cui il meccanismo regressivo in atto nella casa tende a riassorbire nella sfera
della coscienza tribale indifferenziata l'ego individuale, di cui Roderick è un
ultimo brandello, aggrappato alla presunta efficacia terapeutica della presenza
del narratore.
I temi della catalessi, della morte apparente, della
sepoltura dei vivi, come pure quello del vampirismo e del doppio, compongono
un'area tematica che ha a che fare con la commistione orrenda di vita e morte.
In questo contesto l'unità gemellare dell'ultima progenie della dinastia degli
Usher rappresenta ed elabora il legame fra questi due stati, che il narratore
cerca invano di distinguere e separare definitivamente; e la commistione
perturbante di vita e morte si diffonde e si ibrida con quella dei generi
sessuali, degli stati psichici (veglia e sonno, razionalità e irrazionalità),
dei livelli di esistenza (materia e spirito), dei piani ontologici (realtà e
finzione).
Femmina e gemella, Madelaine rafforza in se la funzione di
agente e catalizzatore regressivo. Nel suo legame con la
casa-grande-madre-ingoiante, che tende a inabissare e inabissarsi nella palude
arcaica dell’indifferenziazione psichica, ella ne appare il prolungamento
antropomorfo, il paradossale aspetto fallico, al culmine di quella fase
matriarcale dello sviluppo della coscienza a cui la fissazione di Roderick
appare legata, e che ora procede a ritroso, per re-ingoiare i resti di ciò che
dalla dinastia degli Usher è stato elaborato, per quanto perversamente, a un
livello superiore e che vede in Roderick il pur precario esponente.
Come cliché ottocentesco Roderick dunque è la mente, contesa
tra la tentazione di una spiritualità astratta, rivestita dei panni per noi
fuori moda della teosofia e dell'occultismo, e la materialità della sorella,
che è allo stesso tempo radicamento terrestre e ferino al mondo sotterraneo
degli antenati e della tribù. Né Roderick, né il narratore sanno reintegrare
Madelaine, ma mentre Roderick, soccombendo all'abbraccio mortale della sorella,
sta forse mostrando che la via dell'integrazione è la via mistica, il narratore
non può capire il rito misterico di questa congiunzione, perché per capirlo
avrebbe dovuto leggere i libri di Roderick, ed essere già, come lui,
predisposto all'esoterismo della via negativa.
Se per un momento quindi Roderick e il narratore si uniscono
in uno sforzo terapeutico, alla fine i loro destini si dividono: l'uno riemerge
dopo aver assistito a un abbraccio che interpreta come una catastrofe, l'altro
invece soccombe o va incontro alle nozze ierogamiche che forse accetta
nonostante la paura. L'evento si compie e ognuno vi svolge la sua parte: il
nostro punto di vista di lettori è quello mediato dal narratore il quale
sopravvive senza capire, ma sia il lettore sia il narratore hanno assistito al
mistero, sono stati esposti a un'esperienza inquietante che lavora oscuramente
dentro di loro, come una radiazione da cui sono inevitabilmente contaminati.
Il fascino del racconto sta proprio nel fatto che, sebbene a
livello di trama esso appaia conclusivo col crollo della casa, molti elementi,
nel tentativo di integrarsi in una prospettiva simbolica adeguata ai nuovi
compiti non del tutto definiti che il genere gotico cerca di creare e
soddisfare, restano privi di connessioni visibili a livello di significato.
Radicato nel pessimismo religioso ed esistenziale delle sue
origini autenticamente reazionarie e aristocratiche, in un mondo funestato dal crollo
delle fedi antirazionalistiche e in preda alle doglie delle rivoluzioni
borghesi, il primo gotico esprimeva questa condizione storica nell'immagine di
un'umanità sopraffatta dai sensi di colpa e vittima predestinata, nella
trappola della propria presunta immanenza, in attesa di una punizione
trascendente e imperscrutabile. Ora questi intenti ideologici di natura
terroristica non sembrano più in grado di motivare pienamente, e per noi di
spiegare adeguatamente, le sue trasformazioni e il suo successo; e sebbene la
paura irrazionale permanga come dimensione ineliminabile dell’orizzonte
esistenziale, nella rappresentazione di essa si avverte la presenza di impulsi
orientati, seppur timidamente, ad attraversarla.
Nel paradigma della separazione (rimozione) e del ritorno,
questi racconti mettono in scena un dramma dove i personaggi maschili sembrano
incarnare gli agenti di un'umanità che tenta invano di strapparsi dalle sue
radici arcaiche e numinose; e in "The Fall of the House of Usher" il
narratore, e con lui il lettore, seppure nella posizione marginale di un
osservatore esterno, sembra invitato a compiere il cammino inverso: invocato da
un'umanità lacerata nel travaglio (Roderick), deve affrontare il teatro della
morte e della paura, per riemergere fortificato dalla visione[xviii].
In effetti mentre il primo gotico recuperava una trascendenza irata, da opporre
alla presuntuosa immanenza del razionalismo borghese, umanistico e ottimista,
una seconda fase del gotico esprime una diversa sfiducia, che è sfiducia nella
storia e nella capacità delle nuove classi dominanti di progredire senza traumi
distruttivi, siano essi i travagli delle rivoluzioni o le conseguenze
dell'imperialismo napoleonico in Europa, siano la distruzione dell'ideale umano
aristocratico e il sorgere di una nuova umanità di operai-automi-mostri nei
templi dell'industrializzazione in tutti i paesi avanzati.
La ricerca di un referente storico-ideologico diretto per la
narrativa di Poe è sempre stata problematica. L'atteggiamento verso la realtà
che emerge dai suoi racconti da un lato si può rapportare a quella negatività e
malinconia che sempre connota le fasi di crisi spirituale e che di volta in
volta è stata definita tedio della vita, accidia, spleen, alienazione, noia, e
che in Poe diventa corteggiamento e terrore della follia; dall'altro,
nonostante i suoi atteggiamenti da "uomo del Sud" e da accolito di un
ideale spirito di cavalleria, certamente aristocratico ed elitario, la sua
posizione di isolato è assimilabile piuttosto all'estraniamento
dell'intellettuale d'avanguardia, sradicato da ogni appartenenza sociale (in
special modo dalle classi medie) e fedele soltanto alla propria missione di
letterato. Il suo atteggiamento ideologico dunque è in parte assimilabile a
quello delle avanguardie artistiche europee, dalla prima bohème al decadentismo
fine secolo: di qui perciò l'affinità che, da Baudelaire in poi, molti artisti
europei hanno sentito con lui; e di qui la sua funzione come ispiratore di istanze
etico-estetiche, che troveranno piena affermazione nel simbolismo[xix].
Il gotico originario entrava nell'agone letterario per
ripristinare un ideale religioso e aristocratico, auspicando nella sua imagery
il ritorno di un Dio vendicativo, nelle sue implicazioni ideologiche
rivendicativo dei diritti e della visione del mondo del ceto nobiliare. Nella
versione di Poe si vive invece il dramma di chi non crede nella trascendenza
restauratrice, ed è anzi costretto a operare nella realtà interpretandola con
gli stessi strumenti della borghesia razionalista. Poe sembra cercare una
spiegazione del mondo (e in questa spiegazione anche una speranza di
orientamento stabilizzante) attraverso una finzione speculativa, in cui la
fantasia è permeata da un atteggiamento parascientifico, che nella molteplicità
dei suoi esiti prefigura infatti, oltre che la creazione della detective
story, anche ciò che in seguito si specificherà come fantascienza.
Ma tutto ciò che la sua immaginazione esplorativa scopre
nelle dimensioni della psiche e dei mondi possibili è che ciò che aspetta
l'uomo non è un futuro ideale, ma una infernale immanenza non dissimile dal
presente, dove il senso del male non dipende da una scelta etica fra elementi
di un quadro assiologico decifrabile. Non si tratta delle solite motivazioni
derivanti dalla sete di potere, dall'egoismo, dal desiderio di appropriarsi del
danaro e della vita altrui, che da sempre caratterizzano la Storia e a cui si
può opporre il valore cristiano e umanistico dell'amore e del rispetto per il
prossimo. Si tratta invece di una perversità innata, per lo più gratuita, che
apre alla consapevolezza che la Storia non è diretta da Dio e nemmeno è
controllabile dalla ragione. Non è il principio diabolico che temporaneamente
prende il sopravvento nelle vicende umane in attesa che l'intervento divino
ristabilisca quella giustizia che coincide con l'ansia di restaurazione
aristocratica, né sono le superstizioni e le false credenze che hanno traviato
la fondamentale innocenza e sanità morale dell'uomo primitivo. Dio, il diavolo
e la ragione sono egualmente inutili e impotenti perché il mondo è
semplicemente quello che è.
Poe
non giunge a sostenere, come Sade, che la legge di natura (e dunque la ragione
che vi si attiene) è quella della violenza, ma mette m scena la paura che sia
così; rappresenta i timori che derivano da questa intuizione, che egli chiama
pazzia. L 'uomo è quello che è, cioè pazzo o minacciato da incombente crollo
nervoso. Tutti gli sforzi di lucidità incarnati nella scrittura di Poe, e
vantati dai suoi protagonisti, illustrano con inverosimile esattezza ciò che
egli rifiuta di chiamare "normalità ", ma che pure è l'unica realtà
osservabile.
Investito
da tali impulsi il carattere gotico della narrativa di Poe si trasforma secondo
due modalità principali: la tendenza all'interiorizzazione del sovrannaturale[xx],
e la tendenza all'astrattezza nella modulazione del disegno narrativo,
accentuata dall'accuratezza documentaria e sensazionalistica nella
registrazione delle sensazioni stesse.
L'interiorizzazione
(that terror is not of Germany, but of the soul) riforma il senso del passato,
presentificando gli eventi paurosi nella mente dei personaggi; il contesto
storico-antropologico, che spiega la crudeltà e la superstizione dei tempi, è
sostituito dalla nevrosi e dalla pazzia; il fantasma diviene il ritorno del
rimosso in catalessi; la disintegrazione dei rapporti familiari diventa
patologia del rispecchiamento gemellare; le colpe dei padri che ricadono sui
figli si fanno eredità biologica.
Poiché
di fronte alla "prosa del mondo" il tipo umano aristocratico si sente
degradato e gettato agli inferi, il ripiegamento nell'interiorità si fa
autoanalisi di un paesaggio interiore che rispecchia le rovine del precedente
ordine ideale, dove la gerarchia e la volontà dominavano la materia. Quando il
mondo oscuro prende il sopravvento, l'anarchia e la violenza sfuggono al
controllo dell'ideale implicito nel modello nobiliare e, dopo essersi coagulate
nel villain, si diffondono in tutti i personaggi, facendo affiorare i
demoni delle forze istintuali. Il caos viene invano investito dalla ragione. La
ragione può solo dare una patina di lucidità descrittiva che illumina tutte le
pieghe della pazzia.
Poe
impone una sorta di colori tura isterica alla malinconia romantica, che in
particolare in Germania, da Novalis a Tieck, a Schlegel, nel ripiegamento
interiore mira a ricostruire l'unità dell'io. Per quanto negata l'influenza della cultura germanica e del
romanticismo europeo in generale è modulata da Poe in ordine alla sua teoria
degli effetti. "The Fall of the House of Usher" riecheggia di fatto
due racconti tedeschi di E.T.A. Hoffman e di Arnim; in altri racconti Poe
nomina Fichte e Schelling; nella recensione ai racconti di Hawthorne menziona
Tieck; ma le sue citazioni sono più spesso mero name-dropping che non
un'utilizzazione puntuale delle idee e degli indirizzi culturali specifici che
quei nomi comportano. Questa approssimazione culturale è tipica del gotico, e
lo distingue ad esempio dal romanzo storico vero e proprio.
L'isteria
discorsiva trasferisce comunque alla narrazione l'energia nervosa dei
personaggi, e le conferisce un'unità di tono che finisce per essere l'artificio
strutturante che compensa la scarsità d'azione o il suo ridursi a un episodio
di introversione regressiva. La lucidità sembra tenere insieme i pezzi di
qualcosa che si frantumerebbe sotto la forza disgregatrice del delirio, e ciò
corrisponde alla lotta dei personaggi per dominare la frantumazione psichica a
cui sono destinati.
Il metodo di Poe sembra quindi quello di
coordinare tutta la gamma degli elementi gotici a un fine "tonale",
ponendosi un compito di selezione dei materiali mediante l’inventio di una
casistica orrifico-patetica, dotata di una sua intrinseca spettacolarità e
culminante nella morte di una bella donna. Tuttavia egli deve anche far in modo
da inserire nell'itinerario del suo discorso e nel modulo della sua fabula la
maggior quantità possibile di fattori tematici, onde ottenere un ulteriore
effetto, vale a dire un'impressione di pienezza, esaustiva di una tra- dizione.
Si tratta perciò di articolare una sorta di logica implementare, che ricorre a
"tutto ciò che è necessario" per ottenere una saturazione inventiva
fatta di sensazioni, immagini, allusioni e riferimenti, tali da riepilogare
interamente l'area tematica e ideologica del genere.
In questo senso si può definire il
carattere di trascendentalità di una forma, connesso alle conseguenze delle sue
dimensioni. Un vasto poema epico come La Divina Commedia o Paradise
Lost ha sufficiente spazio per includere tutto ciò che è necessario per
ottenere l'effetto di un trascendimento dei limiti culturali di un fruitore
epocale. E infatti in queste vaste forme il problema dell'autore è quello di
elaborare le articolazioni strutturali atte ad ancorare l'insieme dei materiali
riepilogati con un tasso di concentrazione e di coesione sufficiente a dare il
senso di un agevole dominio della materia, cioè di quella misura virtuosa
perfettamente correlata al suo argomento[xxi].
Nelle forme brevi invece l'autore deve contenere nelle dimensioni ridotte a sua
disposizione tutto ciò che è necessario a suggerire al lettore il senso dello
sforzo aggettante verso una cosmologia culturale totalizzante. E quindi
intrinsecamente problematico porre la forma breve del racconto come modulo
trascendentale.
E infatti Poe è costretto a ricorrere al name-dropping
di titoli e autori, come a una notazione stenografica per condensare in
poco spazio un'ingombrante rete di riferimenti intertestuali. L'artifizio di
abbreviazione e condensazione più efficace è naturalmente il simbolo, come
centro implosivo che attrae nella sua orbita ogni motivo culturale,
investendolo della sua capacità di assimilare organicamente ogni elemento in
una configurazione dominata dal principio di identità. La simbolicità come
principio della forma trascendentale è attivata da tutti i personaggi di Poe
che sembrano morire, ma sono solo allontanati e inviati come messaggeri in
avanscoperta in una zona dell'essere da cui tornano nel terrore. In questo
senso Roderick e Madalaine sono ombre di un al di là a cui non sono disposti ad
appartenere interamente, e nel quale fungono da guida per il narratore solo in
modo allusivo e iniziatico, così che la loro missione trascendentale sembra
destinata al fallimento.
Nella realizzazione delle potenzialità
trascendentali del gotico in termini di trasferimento esplorativo in altra
dimensione e in altri mondi, Roderick e Madelaine svolgono per il narratore una
funzione simile a quella che Virgilio e Beatrice svolgono per Dante, ma la
funzione di guida verso mondi che il narratore non potrebbe penetrare da solo,
e che riuscirà tuttavia ad attraversare almeno in parte, resterà incompiuta,
perché a differenza di Dante, che giunge alla visione di Dio, per il narratore
la natura dell'unione di Roderick e Madelaine resterà per sempre
incomprensibile più che ineffabile, e verrà percepita solo nella sua
effettualità catastrofica.
D'altra parte se Roderick Usher mira a
realizzare lo scioglimento dal rapporto simbiotico con l'indifferenziazione
matriarcale, per divenire individuo responsabile e autosufficiente, indirizzato
in modo estroverso al rapporto sociale col narratore (il quale assume quindi il
ruolo di coadiuvante di un rito di passaggio verso la virilità), si spiegano i timori e i
terrori per qualcosa di imprecisato e forse illusorio, che riproducono le paure
del bambino e del nevrotico, ancora dipendente dalla madre-natura e privo degli
apparati corporei e/o psichici dell'adulto sano, che trova rifugio nei sintomi
ossessivi e allucinatori. Ma l'allucinazione non è che un caso di finzione, e
ci offre, sul piano psicologico, la chiave che apre il passaggio dal
significato figurale a quello metaletterario, da un'ermeneutica ad un'ontologia
della finzione letteraria.
Immaginare è necessario come pensare.
Tuttavia se pensare e riflettere può essere inteso già come un ritrarsi
dall'azione immediata e irriflessa, (e in questo senso la vita intellettuale si
distingue dal vitalismo dell'uomo d'azione) rispetto al pensare, immaginare è
ritrarsi di un altro passo, oltre la dimensione riflessiva, nella dimensione
ancor più distaccata dalla vita vissuta che è la vita possibile dell'immaginario.
Questa dimensione può facilmente diventare prigione di fantasia che perde ogni
contatto con la realtà. Mentre la vita compiuta è quella che si esercita in
tutte e tre le dimensioni, la perdita dell'io nell'immaginazione equivale allo
smarrimento del principio di realtà. In questo senso immaginazione e
materialità, pervengono ad un punto di coincidenza degli opposti in quanto
condividono la perdita del distinto razionale nell'indifferenziato irrazionale
e simbolico.
Se la separatezza di Roderick è il tentativo di sublimarsi
nello spirituale assoluto, mentre la vita di Madelaine è solo concreta realtà
dei sensi, che ritorna dalla separazione per trascinare l'unidimensionalità
nevrotizzata del fratello negli abissi della fisicità; e se il gotico viene
inteso come regressione dalla mimesi razionalizzante del novel alla
mimesi del pensiero mitico del romance, questo ritorno imita in termini
di generi letterari il passaggio dal logos al mythos, dalla
realtà alla finzione, dalla scienza all'arte.
Nel momento in cui dalla cultura orale si passa alla cultura
scritta la poesia perde il suo significato rituale, la filosofia e la logica si
separano dal mito, l'etica del lavoro e della verità emarginano l'arte,
riducendola nella sfera estetica della finzione. A livello ontologico si attua
una retrocessione della poesia in un ambito dominato dall’irrealtà rispetto
alla storia e al sapere filosofico. Questo processo di separazione e di
degradazione si ripete con l'avvento del razionalismo del diciassettesimo
secolo e si ripercuote nello stesso ambito della letteratura, dando luogo al
sorgere di quel genere tipicamente moderno che è il romanzo realistico. Ad esso
l'impulso aristocratico restauratore del romance reagisce producendo il gotico,
che mette in scena il ritorno del sovrannaturale rimosso.
Ma allontanandosi dalla temperie ideologica originaria e
dagli intenti presumibili dei primi autori, la narrativa gotica è stata sempre
più concepita e interpretata in modo allegorico, così da non accogliere più il
sovrannaturale come tale. Si è vista invece in essa una figuralità mitica,
interiorizzata e letta come espressione di stati psichici. Parallelamente agli
spostamenti causati da questa deriva ermeneutica, l'attenzione è stata attratta
sempre più dai metodi di presentazione degli eventi narrati oltre che dagli
eventi stessi, e l'interiorizzazione è stata riferita alle modalità di
enunciazione del discorso narrativo. A questo punto è logico vedere la storia
narrata come forma trascendentale del suo proprio genere letterario, e
interpretare la vicenda come revisione autocosciente della propria
convenzionalità inventiva.
L'aggettazione gotica, nella versione di Poe, volge dunque
all'introversione, interiorizzando come si è visto gli episodi meravigliosi
alla luce di un'allegoresi che tra sfigura l'azione fisica in attività
psichica. Il sistema motivazionale dei personaggi subisce le conseguenze di
tale trasmutazione, sostituendo il cronotopo[xxii]
della Storia con quello della razza[xxiii],
l'ordine degli eventi culturali con quello degli stati biologici, un passato
personale con un passato genealogico, presentificato esemplarmente da quella
summa patologica che è la condizione di Roderick e Madelaine.
Muore il Dio minaccioso del primo gotico,
e ora il destino dell'uomo è iscritto nella sua natura, perciò la sua
decifrazione è compito della scienza, ovvero di quell'atteggiamento
raziocinante che peraltro risulterà lo strumento epistemologico che di fronte
all'esperienza limite si dimostrerà inefficace. La convinzione che un destino
orrendo è iscritto indelebilmente nei meccanismi naturali che regolano il
nascere e il morire degli individui è un sintomo che si svilupperà
nell'ideologia del naturalismo letterario. Ma l'essenza "simbolista"
della poetica, pratica e teorica, dell'autore di fatto ha rotto per sempre il
legame con le origini non solo teologiche, ma anche naturalistiche dell'idea di
poesia, e l'immaginazione speculativa di Poe, che si dibatte invano, come
abbiamo visto, tra indagine raziocinante e sensazionalismo fantastico, elabora
drammaticamente il travaglio di tale distacco.
La trascendentalità della forma e del genere può allora
acquisire un nuovo senso, non più sublimizzante, bensì ancora una volta
introvertito, solo se la interpretiamo in termini di autorispecchiamento
estetico[xxiv].
Il monomito narratologico di Poe rende trasparente la regressione dal realismo
al romance e il decentramento del logos rispetto al mythos, che
riacquista il suo primato come principio intrinseco della narratività.
Il mythos peraltro non può ridursi ad allegoria, non
si fa cioè addomesticare totalmente dal significato, ma prevarica su di esso
come Madelaine su Roderick. Mentre è evidente l'allegoria di "The Haunted
Palace", molto meno chiara è la mise en abyme del "Mad
Trist", e ancor più ambiguo il significato del ritorno di Madelaine e
dell'intera storia di Roderick. L'intreccio delle immagini e la retoricità
della rappresentazione rifiutano di stabilizzarsi in un disegno logico coerente
e univoco, in uno schema di commisurazione razionale. Si palesa il disagio del romance
in un'epoca e in un sistema letterario dominato dal razionalismo. Ciò
deriva dal fatto che mentre il romance conserva ed esibisce il principio
della comunicazione mitica originaria, la sensibilità culturale del lettore ha
ormai separato per sempre mythos e logos, e non è in grado di
partecipare e capire allo stesso tempo, come accadeva al fruitore immerso nella
cultura orale. Ciò che il lettore acculturato irrimediabilmente moderno
percepisce è l'effetto di questa incapacità e inadeguatezza sua propria, e la
sua considerazione consiste nel tesaurizzare come fonte di elaborazione
ermeneutica il distacco che lo condanna alla visione strabica fra lettura e
critica.
Il mythos è inoltre una modalità espressiva
ambivalente: mentre da un lato si offre come elaborazione e allontanamento
della paura della morte attraverso la strutturazione di un modulo ordinativo
organico (la narrazione appunto) che si oppone al caos della disgregazione
fatale, dall'altro, come articolazione in qualche modo più vicina ai processi
non del tutto coscienti della materia (ad esempio la vita fisiologica), affine
insomma a una dimensione pure umana e tuttavia non interamente attraversata dal
logos, ci radica al fatto che il destino umano non è soltanto consegnato
allo spirito. Perciò ad esempio la lettura del "Mad Trist" è
intrapresa dal narratore, portatore di ordine, con l'intento di ottenere lo
stesso effetto rassicurante della fiaba per il bambino che si prepara ad
affrontare la morte del giorno e il sonno[xxv],
ma il suo risultato è al contrario di suscitare e confermare la violenza
vitalistica delle istanze istintuali.
La contrapposizione tra logos e mythos ha
sotterranee affinità con quella tra il principio di realtà e il principio del
piacere. La narrativa, che coniuga mimesi e azione, ha un'intrinseca qualità
dinamica che, si manifesta in un discorso vitalisticamente più rivoluzionario,
più liberato e pervaso di impulso utopico rispetto alle necessità realistiche
della descrizione del mondo così com'è, proprie del discorso logico-scientifico
(che contamina la mimesi realizzata dal novel).
La narrativa in sé, in quanto mythos, in
quanto romance e travestimento profetico, è vista anche, ovviamente,
come modalità espressiva più primitiva rispetto all'articolazione
scientifico-filosofica, intrisa quindi di un vitalismo che la avvicina alla
vita irriflessa, permeata dal principio del piacere, più che alla dimensione
intellettuale cosciente del principio di realtà. Sebbene naturalmente si possa
capovolgere il discorso e sostenere che, in ultima analisi, è il pensiero
logico a dimostrarsi liberatorio rispetto ai condizionamenti dell'esistente, proprio
perché non prescinde dal principio di realtà, tuttavia è il pensiero mitico a
farsi più radicalmente espressivo, sebbene certamente senza immediata
effettualità, delle aspirazioni e delle valorizzazioni su cui si fonda ed
evolve la comunità.
Nello sforzo di attribuire nuovo senso rituale a tutta
l'attrezzeria del gotico, ciò che la parabola iniziatica di Poe ci suggerisce,
in un contesto anagogico, sebbene di necessità capovolto, è che il principio
della creatività letteraria va ricercato e recuperato con una discesa nella
dimensione sotterranea in cui la presunta morte dell'arte, provocata
dall'avvento della filosofia, l'ha relegato.
La narrativa, retrocessa e rimossa come fiction nel mondo
infero dell'immaginario, trova quindi una sua redenzione in questo prodotto
dell'aggettazione immaginativa verso le sue radici e, in una prospettiva ormai
irrimediabilmente mondana e totalmente umana, cioè culturale, non può che
ripiegare su se stessa in un tema di discesa, facendosi figura, in veste di
monomito narratologico, del carattere inventivo dei processi di produzione del
significato.
[i] Anche se la differenza
di dimensioni determina una diversa selezione degli artifizi strutturali atti a
conferire continuità al dise- gno compositivo. Sulle forme della narrativa in prosa
vedi N. Frye, "Specific Continuous Forms (Prose Fiction)", in Anatomy
of Criticism, Princeton U.P., 1957, pp. 303-314.
[ii]Tale adeguamento è anche conseguenza della progressiva specificazione e centrifugazione degli orientamenti inventivi del gotico verso il giallo di indagine. la fantascienza, l'orrore e tutti quei geneci che verranno poi definiti "letteratura popolare"; vedi L. Terzo, Sui generi formulaici e altri scritti di critica e teoria, Milano, 1991. Vedi anche: “Principi di una teoria dei generi formulaici” http://web.tiscali.it/teleo/principiindice.htm
[iii] Vedi Patrizia Nerozzi BelIman, L'altra faccia del romanzo. Creatività e destino dell'antirealismo gotico, Milano, 1984.
[v] Edward H. Davidson, Poe: A Critical Study, Cambridge, Mass., 1964, p.192.
[vi] Leo Spitzer, Essays on English and American Literature, (1962), Princeton, 1968.
[viii] Georges Poulet, Le metamorfosi del cerchio, Milano, 1971, p.267.
[ix] 9 Vedi Theodore
Ziolkowski, Disenchanted Images. A Literary Iconology, Princeton, 1977.
[x]Vedi Helmut Bonheim, The
Narrative Modes: Techniques of the Short Story, Cambridge, Mass., 1982.
[xi] T .D. Mabbott,
"The Books in the House of Usher", in Books at Iowa, 19, 1973;
Barton Levi St. Arrnand, "The 'Mysteries of Edgard Poe: The Quest for a
Monomyth in Gothic Literature", in G.B. Tompson ed., The Gothic Imagination:
Essays in Dark Romanticism, Pullman, 1974.
[xii] Le prove
dell'iniziazione esoterica costituivano la missione attraverso cui il paziente
sperava di superare le angosce della morte per raggiungere l'immortalità. In
questa linea la casa è sepolcro, cripta, tempio e prigione, e Roderick,
prigioniero sacro e maestro del tempio, ierofante e guida al narratore-neofita
nel rituale di Iside, è anche celebrante del mistero; egli è Osiride che deve
discendere nelle profondità della notte per rinascere di nuovo nelle nozze
mistiche con la sposa-sorella. L'esercizio della musica e della pittura di
Roderick sarebbero insegnamenti per l'apprendistato del neofita, simboli
occultistici delle discipline pitagoriche e rappresentazioni della
"sepoltura del sole". Così pure nell'apparente morte di Madelaine si
leggerebbe la passione di Persefone prematuramente trasportata nell'Ade, e in
questo processo, come nella tempesta che precede il crollo finale, si
contemplerebbero le prove ordaliche dei quattro elementi. Tutto ciò infine
sarebbe ricapitolato nella narrazione del "Mad Trist", dove sotto
l'inquietante contrapposizione di una lettura suggestiva e di interruzioni che
sembrano coincidere col realizzarsi degli eventi narrati, emergerebbe la
drammatizzazione di un procedimento di trasmutazione alchemica.
[xiii]È interessante notare
come, per quanto ben dissimulato in forma di cornice all'interesse principale
del racconto questo modello narrativo sia presente anche in "The Purloined
Letter". Anche in questo caso infatti abbiamo una contesa tra la regina e
il ministro per il possesso della lettera rubata. Ma il possesso della lettera
comporta un potere di detenzione della fiducia del re. La regina si fa
sottrarre dal ministro la lettera e quindi, potenzialmente, il favore del re, e
infine lo recupera per mezzo di Dupin il quale, sebbene protagonista, è in
effetti soltanto l'agente degli interessi della regina. Occorre aggiungere, per
completezza, che qui l'esito della storia (come nei Tre moschettieri, che
si fonda su uno schema simile) è stabilizzante e non catastrofico. A ciò forse
non è estraneo il fatto che Dupin, strumento degli interessi femminili, opera
con quella facoltà, tradizionalmente ritenuta maschile, che è il raziocinio,
anche se la sua natura "notturna" lo associa in qualche modo col
mondo infero delle Grandi Madri.
[xiv] "Eleonora" di
fatto fa eccezione a questo destino, ma la catastrofe è esplicitamente
prefigurata nel giuramento del protagonista e il significato del racconto sta
appunto nel suo non verificarsi nonostante la rottura della promessa di
fedeltà.
[xv] Gilbert Durand, Le strutture antropologiche dell’immaginario, Bari, 1983, pp.237-49.
Vedi Erich Neuman, "Importanza
psicologica del rito” in Evoluzione cukturale e religione (1953),
Roma, 1974.
[xix] Vedi in proposito: Edmund Wilson, Axel's Castle (1931), London, 1971; e Richard M. Fletcher, The Stylistic Development of Edgar Allan Poe, The Hague-Paris, 1973
Questa è peraltro una tendenza comune a gran parte dei praticanti del
genere, sia
in Europa sia in America, da Scott a Hawthorne, a
Gogol, a Merime, e successivamente
a Zola, Stevenson, Henry
James. Vedi T. Ziolkowski, op. cit
[xxi] Angus Fletcher, " Aspetti della forma trascendentale Strumenti Critici, 9, giugno 1969.
[xxii] Sul concetto di
cronotopo vedi Michail Bachtin, "Le forme del tempo e del cronotopo nel
romanzo", in Estetica e romanzo, Torino,1979.
[xxiii] Carla Marengo Vaglio, "Poe e il 'romanzo nero' inglese: le metamorfosi del gotico", in E.A. Poe. Dal gotico alla fantascienza, a cura di Ruggero Bianchi, Milano, 1978.
[xxiv] Vedi Dino Formaggio, "La questione della 'morte dell'arte' e la genesi della moderna idea di artisticità", in L'idea di artisticità, Milano, 1962.
[xxv] Glauco Carloni, "La
fiaba nella psicoanalisi e la psicoanalisi della fiaba ", in Psicoanalisi
e narrazione, a cura di E. Morpurgo e v. Egidi, Ancona, 1987.