In ritardo/Late on the Event-Scene
Nell'universo senza memoria
dell'accelerazione mediatica
arrivare in ritardo sull'attualità è
l'ultimo
modo per ricordare
29. Bin Laden e Binladin. (Leonardo Terzo, 1 febbraio
2002)
La pubblicità infatti sta seguendo l'itinerario già percorso, a partire dalla metà del XIX e per tutto il XX secolo, dalle arti e dalle loro teorie, vale a dire una via di progressiva autonomia e tematizzazione metacritica. La pubblicità, come l'arte a suo tempo, è diventata sempre più un linguaggio autonomo, che prescinde dai contenuti che per contratto deve veicolare, fino a renderli irrilevanti da un punto di vista sociale, etico e persino economico.
I pubblicitari hanno finito per credere che la pubblicità sia un bene in sé, a prescindere dai contenuti. Essa ha sostituito nella loro concezione politica, ciò che era la libertà di parola per la democrazia liberale. La libertà di parola è un bene in sé a prescindere dalle idee espresse, così come la pubblicità è un bene in sé, a prescindere dalle qualità economiche ed etiche del prodotto reclamizzato.
Ciò è confermato per esempio dal progressivo distacco tra "idea" pubblicitaria e caratteristiche dei prodotti. Gli spot tendono ad attirare l'attenzione sul loro aspetto semiotico, o mediatico, ripercorrendo il cammino verso la teoria della funzione estetica (ora funzione pubblicitaria) come linguaggio autoriflessivo. E in modo molto postmoderno, si sfruttano sincretisticamente strategie comunicative opposte: dallo shock dello straniamento all'ottundimento ipnotico del bombardamento ripetitivo.
Così come l'arte non raffigura più aspetti del mondo, ma comunica le tecniche, i materiali, i mezzi, le condizioni della sua produzione, anche la pubblicità comunica la propria capacità di presentare e publicizzare qualsiasi cosa.
Su questa cosa qualsiasi la pubblicità, come si è detto, non ammette giudizio sociale, etico, politico e nemmeno economico. Non è questione di cominciare a vendere il marchio "Binladin" nei paesi arabi, per poi affacciarsi su altri mercati: nella globalizzazione, solo la dea Fama impera. E come dimostrano gli ammiratori degli assassini pluriomicidi raccontati da tutti i media, infamia e lode perdono di senso. È proprio in occidente infatti che il destinatario non giudica, perché la pubblicità, surrogato del libero pensiero, tutto ammette, tutto santifica, e tutto rende irrilevante, eccetto la presenza nel mondo della comunicazione.
L'attentato alle torri di New York si è avvantaggiato della necessità del presenzialismo mediatico. Perciò molti lo hanno lodato come capolavoro della comunicazione, disastro reale, ma vera opera d'arte sui potenti schermi del mondo virtuale. Al confronto, il marchio "Binladin", del povero fratello, per quanto inavvertitamente pubblicizzato, sembra una sottomarca per accessori. |