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8. La bolla dell'arte speculativa.
 
(Leonardo Terzo, 30 dicembre 2001)  

 

Si può parlare di bolla dell’arte speculativa? O arte della bolla speculativa? O bolla speculativa dell’arte?

…in a bubble economy, investors weren't interested in hard facts; they flocked to the companies that told the best stories. And this created tremendous pressure on managers to conform with the latest trend. Corporations became intellectual fashion victims.

Questa osservazione, dell'economista Paul Krugman sugli ultimi fallimenti della cosiddetta new economy, potrebbe essere trasferita di peso al mercato dell’arte. Ma se è vero che anche la sostanza delle poetiche artistiche è fatta principalmente di discorsi (the best stories), quali sono invece nel campo dell’arte gli “hard facts”?  

Dovrebbero essere le opere. In realtà le opere ci sono e non ci sono, o ci sono in maniera diversa rispetto ai manufatti artistici di un tempo, in quanto vogliono intenzionalmente essere "fluide". Ovvero temporanee. La fluidità è il loro significato allegorico, che alla lettera potrebbe invece manifestarsi e definirsi come “movimentabilità” più che mobilità, cioè presentazione o rappresentazione o esecuzione di un passaggio di stato non ripetibile (vedi Prigogine sui processi irreversibili), che quindi per lo più va perso e lascia solo qualche traccia fotografica delle disinstallate installazioni.

Ma la bolla dell’arte speculativa può sgonfiarsi? In senso generale sì, perché un mutamento di gusto è sempre possibile, e anche i valori dell’arte salgono e scendono. Ma in senso proprio, come in economia, sembrerebbe di no, perché non vi è un ambito concreto in cui la speculazione discorsiva deve finire a confrontarsi coi fatti.  

Forse lo smantellamento alla fine delle esposizioni è già uno sgonfiamento periodico calcolato e ammortizzato, che non lascia residui deficitari nelle casse degli organizzatori di eventi, prepagati dagli sponsor e ripagati dai biglietti. E nemmeno nelle casse degli artisti, che sono compensati a ingaggio o recuperano altrimenti i mezzi di sussistenza e riproduzione, attraverso un utile in termini di prestigio, che permette loro, prima o poi, di vendere finalmente a musei dotati di spazi sacrificabili le installazioni successive.

Se l’arte performativa si esaurisce nella performance, ritorna alla ritualità teatrale, che però, appunto, è un’altra arte, già esistente. Ma verso il teatro l'arte potrebbe fare un ulteriore passo. Per recuperare la performance e ripeterla, l’artista potrebbe finire per scrivere delle didascalie testuali, come le istruzioni scenografiche, che descrivono i momenti dell’esecuzione artistica. Si unirebbe così visualità, scenografia, coreografia, concettualità e poetica. La nuova arte potrebbe chiamarsi “arte visiva a programma” da eseguire in versioni “creative” e ricreative da esecutori futuri, consapevolmente situati ciascuno nel suo tempo.

Collages

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