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8.
La bolla dell'arte speculativa.
Si può parlare di bolla dell’arte speculativa? O arte della bolla speculativa? O bolla speculativa dell’arte?
Questa
osservazione, dell'economista Paul Krugman sugli ultimi fallimenti
della cosiddetta new economy, potrebbe essere trasferita di peso al
mercato dell’arte. Ma se è vero che anche la sostanza delle
poetiche artistiche è fatta principalmente di discorsi (the best
stories), quali sono invece nel campo dell’arte gli “hard
facts”? Dovrebbero
essere le opere. In realtà le opere ci sono e non ci sono, o ci
sono in maniera diversa rispetto ai manufatti artistici di un tempo,
in quanto vogliono intenzionalmente essere "fluide".
Ovvero temporanee. La fluidità è il loro significato allegorico,
che alla lettera potrebbe invece manifestarsi e definirsi come
“movimentabilità” più che mobilità, cioè presentazione o
rappresentazione o esecuzione di un passaggio di stato non
ripetibile (vedi Prigogine sui processi irreversibili), che quindi
per lo più va perso e lascia solo qualche traccia fotografica delle
disinstallate installazioni. Ma la
bolla dell’arte speculativa può sgonfiarsi? In senso generale sì,
perché un mutamento di gusto è sempre possibile, e anche i valori
dell’arte salgono e scendono. Ma in senso proprio, come in
economia, sembrerebbe di no, perché non vi è un ambito concreto in
cui la speculazione discorsiva deve finire a confrontarsi coi fatti.
Forse lo
smantellamento alla fine delle esposizioni è già uno sgonfiamento
periodico calcolato e ammortizzato, che non lascia residui
deficitari nelle casse degli organizzatori di eventi, prepagati
dagli sponsor e ripagati dai biglietti. E nemmeno nelle casse degli
artisti, che sono compensati a ingaggio o recuperano altrimenti i
mezzi di sussistenza e riproduzione, attraverso un utile in termini
di prestigio, che permette loro, prima o poi, di vendere finalmente
a musei dotati di spazi sacrificabili le installazioni successive. Se l’arte performativa si esaurisce nella performance, ritorna alla ritualità teatrale, che però, appunto, è un’altra arte, già esistente. Ma verso il teatro l'arte potrebbe fare un ulteriore passo. Per recuperare la performance e ripeterla, l’artista potrebbe finire per scrivere delle didascalie testuali, come le istruzioni scenografiche, che descrivono i momenti dell’esecuzione artistica. Si unirebbe così visualità, scenografia, coreografia, concettualità e poetica. La nuova arte potrebbe chiamarsi “arte visiva a programma” da eseguire in versioni “creative” e ricreative da esecutori futuri, consapevolmente situati ciascuno nel suo tempo. |
Tecniche miste