PRINCIPI DI UNA TEORIA DEI GENERI FORMULAICI

GOTICO, WESTERN, GIALLO, PORNOGRAFIA, ECC.

 

 

 

 

12. Il detective come humour

 

Il detective classico nasce invece come dilettante, eccentrico e non privo di alcune caratteristiche del dandy. Con un termine tecnico usato da Frye si potrebbe definirlo uno humour positivo. Il termine humour deriva dalla teoria degli umori, divulgata nella letteratura dalle commedie di Ben Jonson, fra cui appunto Every Man in His Humour (1598).  Secondo questa teoria la combinazione dei fluidi umorali fornisce il temperamento al personaggio. Lo humour è il personaggio non equilibrato in cui un un umore ha preso il sopravvento e il personaggio diventa in qualche misura maniacale, il che significa anche confinato in un'unica dimensione caratterizzatrice.

 

 Sappiamo che la caratterizzazione dei personaggi nei romanzi può essere più o meno approfondita. può essere “a tutto tondo" oppure superficiale, "round” e "flat" dice Forster (Aspects of the Novel, London, 1927).  Spesso una caratterizzazione superficiale è una necessità inevitabile nei personaggi minori, e un modo per superare questa difficoltà è di renderli indi­menticabili, sebbene con pochi tratti, appunto con qualche aspetto eccentrico e maniacale.  Gli humour però normalmente hanno una funzione precisa nella comme­dia, fungono cioè da personaggi ostacolo, quelli che rappresentano i vecchi valori che si oppongono alla società dei giovani.  Ciò non toglie che ci siano anche commedie in cui la natura degli humour viene esplorata a fondo e il personaggio . ostacolo è messo al centro dell'opera, come indicano titoli quali L’ avaro, Il misantropo, Tartufo, I rusteghi e tanti altri.

 

Frye (“Dickens and the Comedy of Humours”, in The Stubborn Structure.  Essays on Criticism and Society, Lon­don, 1970; trad. it. L'ostinata struttura, Milano, 1975) trova che in Dickens, oltre agli humour negativi ci sono anche humour positivi, la cui ossessione li individua certamente come un po' eccentrici, ma non per questo sono degli oppositori, anzi talvolta sono geniali e generosi oppure amabili e innocui.  La forma più elementare di humour in Dickens è data da quei personaggi che si distinguono semplicemente perché ripetono continuamente la stessa frase, come la signora Micawber in David Copperfield o il maggiore Bagnet in Bleak House. 

 

Del resto gli humour hanno un fondo di realismo, in primo luogo perché tutti abbiamo se non delle ossessioni, almeno delle abitudini, e inoltre basta guardarsi intorno per trovare degli humour nella realtà.  Che cosa è Marco Pannella se non uno humour con la fissazione dello sciopero della fame? 0 certe femministe ossessio­nate dall'idea del maschio sciovinista? 0 gli ecologisti che trovano l'inquinamento da per tutto? Questi personaggi si possono considerare positivi, oppure no, comunque l'immagine che danno di sé è quella dello humour ossessionato da una idea fissa.

 

Il modo in cui viene caratterizzato il detective ne fa uno humour positivo: la sua idea fissa è quella di osservare e indagare, ma è anche sempre ossessionato da altre piccole manie: Sherlock Holmes è uno studioso della cenere dei sigari, Nero Wolfe è ossessionato dalle sue orchidee e dalla gastronomia, oltre ad avere tratti di misoginia e misantropia.  Poirot è belga, e questo solo fatto agli occhi degli inglesi è già un'eccentricità, che infatti poi si manifesta in un certo curioso modo di esprimersi.  Miss Marple a sua volta è una donna curiosa ed energica, ma si potrebbe anche definire una zitella ostinata che si avvale del pettegolezzo come strumento d'indagine. Si pensi infine alla qualità “notturna”, da prototipo dell'estetismo, che Dupin, capostipite di tutti i detective, condivide con un personaggio come Roderick Usher.

 

Nel giallo la caratterizzazione del personaggio non deve essere approfondita, per ragioni intrinseche, proprio per non guastare il canone del genere, divergendo l’attenzione dall'indagine o rivelando più di quanto sia necessario per l'economia del racconto, o anticipando ciò che deve essere rivelato a tempo debito.  In particolare l'eccentricità fornisce al detective un fascino spettacolare, che compensa la necessaria mancanza di profondità e dà il piacere del ritrovamento di quei tratti maniacali e pittoreschi che lo rendono immediatamente riconoscibile e oggetto di culto un po' feticistico dei lettori.  Infine l'eccentricità del protagonista è anche un modo per rafforzare il senso di distacco che dipende in primo luogo dalla sua superiore intelligenza raziocinante: questa viene dimostrata ampiamente, anzi, come osserva Jacques Barzun (op.cit. p.312), solo in questo tipo di storie il personaggio si dimostra veramente intelligente come l'autore dice che sia.

 

La superiorità intellettuale del detective tende però a fare dell'indagine un gioco sofisticato, non privo di astrattezza e artificialità.  Il che comporta uno svuotamento di concretezza emotiva rispetto alla fattispecie volgare e moralmente bassa del delitto.  In ciò è evidente una vena di estetismo, che dà all'indagine ben condotta una qualità di edonistico autocompiacimento. Mentre infatti la vita, esemplificata dal comportamento de­littuoso, è sempre imperfetta e confusa, piena di scorie e di errori come l'esperienza, la ricostruzione fattane dal detective la redime e la ricompone, per offrirla alla comprensione del lettore in forma di dimostrazione esteticamente perfetta. Il detective si eleva così al di sopra della bruta materialità delle miserie umane, proprio come il dandy si distacca dalla volgarità della realtà per fare della sua vita un'opera d'arte.

 

 

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