In ritardo/Late on the Event-Scene



Nell'universo senza memoria dell'accelerazione mediatica,
arrivare in ritardo sull'attualità è
l'ultimo modo per ricordare

 

 

24. All Dressed up and Nowhere to Shoot!
     
(T.T.Waring,  7 ottobre 2001)

 
Tutti pronti alla guerra e nessuno a cui sparare!  

Dal 12 settembre 2001, giorno successivo all’attacco terroristico, continuano ad accadere una quantità di cose, importanti o meno importanti, nella vita pubblica e privata di tutti. Tuttavia c’è un inquietante senso d’attesa, nella coscienza di chiunque vive la propria vita sentendosi parte di una comunità che va oltre la soglia di casa, che fa sembrare che tutto ciò che ora sta accadendo sia provvisorio e privo di vero significato, una parentesi irreale prima del ritorno alla consapevolezza e all’equilibrio. 

Sembra, infatti, che un altro tempo, quello veramente reale, si sia fermato, in attesa della reazione logica, pratica, sensibile, che l’offesa che tutti abbiamo ricevuto dovrà inevitabilmente provocare.  

Questa reazione si chiama guerra. Ma anche “effetto”, ignoto ma certo, che tutti si aspettano sull’economia mondiale come sulla loro vita quotidiana. Quest’attesa matura sgradevolmente, come un’incombenza mostruosa, mai voluta e ormai da portare a termine. E solo fatti che vengano a loro volta percepiti come kayros, conseguenza e compimento altrettanto decisivo di un attentato epocale, possono “nutrire” e colmare quel vuoto d’intendimento apertosi nel “ground zero” delle coscienze. 

Come per giorni, dopo l’attentato, si sono viste le stesse immagini e si sono ripetute le stesse chiacchiere o poco più, senza in realtà avanzare di un passo nella comprensione autentica di ciò che ci è accaduto, così ancora adesso non possiamo dire che si sia usciti dallo stupore dello shock, dall’incapacità di razionalizzare l’impensabile, dal rifiuto di accettare il dolore piovuto nelle famiglie dei nostri simili per educazione, abitudini, benessere, lingua franca planetaria.

Si apprezza la cautela pratica della strategia militare americana, e se in questo settore, dopo le parole, i fatti sono temuti, oltre che auspicati, e l’esitazione ci tiene sospesi, ma ci vuole prudenti, in campo economico il panico e l’incertezza sono insopportabili, nelle imprese ci si prepara a ripianare i deficit, nelle arti ci si abbandona all’istinto, negli animi ci s’interroga sul proprio destino. 

Nelle arti si esperisce un disagio particolare: il senso di futilità della propria funzione, che sembra specifico degli artisti, ma che riguarda tutti. Ci si chiude nei sensi di colpa, perché vorremmo essere pronti, ma non sappiamo che fare. Incapace di reggere questa condizione, l’idiota di turno ha sproloquiato di scontro di civiltà e superiorità culturale. Invece una cosa è certa: occorre affrettarsi prima che l’aggressività introiettata avvisti in noi stessi l’unico bersaglio su cui sparare.

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