In ritardo/Late on the Event-Scene
Nell'universo senza
memoria dell'accelerazione mediatica,
arrivare in ritardo sull'attualità è
l'ultimo modo per ricordare
23. Economia o lotteria? (Eva Smith, 3 ottobre 2001) A quasi un mese dall’attacco terroristico all’America,
l’analisi degli effetti economici prodotti da quegli eventi e dalla
successiva evoluzione della situazione politica mondiale galleggia nella
più grottesca incertezza. Può darsi che la manifesta incapacità degli economisti
di comprendere e padroneggiare la situazione sia usuale per gli operatori
di quella “scienza”. Tuttavia la possibilità, in questa materia, di
formulare ogni ipotesi e insieme anche il suo esatto contrario risalta ora
con più evidenza, perché i cittadini del mondo occidentale hanno lo
sguardo rivolto a questi fatti con più attenzione che in altre
circostanze. Dunque si ipotizza che quanto accaduto possa costituire una
seria minaccia alla prosperità della nazione americana e all’economia
mondiale, ma si dice anche che invece l’economia americana si scuoterà
immediatamente da questo momento di paralisi.
Si ritiene che quanto avvenuto possa accelerare la recessione, ma anche
che non sia affatto così, perché il prodotto interno lordo non sarà
inferiore a quello dell’esercizio precedente. Oppure che la recessione era
già presente e il terrorismo non ne è la causa principale. Oppure si è ottimisti perché i danni reali sono una
percentuale infima nel quadro generale dell’economia, ma vi si contrappone
la gravità degli strascichi psicologici sugli investimenti e sui consumi.
Si ribatte che gli effetti psicologici sfumeranno in breve
tempo, ma si potrebbero anche prolungare, se ci fossero altri attentati,
oppure per l’inizio imminente e inevitabile della guerra. Ma la guerra a
sua volta non sarà condotta col tradizionale dispiegamento di forze, e
questo la farà passare quasi inosservata e meno dirompente ai fini della
depressione dei consumi. Si dice che le moderne economie hanno a disposizione gli
strumenti della politica monetaria, come il taglio dei tassi, per
combattere le recessioni, ma poi si enumerano esempi dove questi strumenti
non hanno funzionato, e il fatto che Greenspan abbia dovuto ricorrervi per
otto volte di seguito (per ora) sembra dimostrarlo. Inoltre la
controindicazione di questa politica monetaria è l’aumento dei prezzi e la
possibilità dell’inflazione. Se non funziona la politica monetaria si può ricorrere agli
investimenti in opere pubbliche, come per esempio era previsto dalla
propaganda elettorale che ha mandato la destra al potere in Italia. Ma
anche qui abbiamo l’esempio del Giappone che, ricorrendo a tale strumento,
è riuscito a mala pena a non precipitare nella depressione più devastante,
ma non ha prodotto una ripresa economica e in compenso ha ricoperto di
cemento la già esigua superficie di quel paese, come del resto auspica
l'attuale ministro dei lavori pubblici. È noto inoltre che una politica di grande intervento
pubblico favorisce, fisiologicamente e non, l’aumento della corruzione, ma
questa è l’ultima preoccupazione dell’attuale governo italiano, che del
resto si è già rimangiato nei fatti le promesse elettorali di sviluppo,
taglio delle tasse a tutti e aumento delle pensioni. A parte queste considerazioni di carattere politico, da un
punto di vista strettamente economico un aumento di spesa produce un
aumento del debito pubblico, e gli italiani, delusi dalla borsa, hanno
ripreso a rincorrere i bot. Quando i dati economici degli ultimi anni apparivano
pericolosamente anomali rispetto ai parametri usuali, si ribatteva che la
nuova economia non poteva essere misurata con i criteri della vecchia. Ora
si teme che il ritorno al risparmio, dopo lo sgonfiarsi degli eccessi
speculativi, non troverebbe adeguata remunerazione e rimarrebbe
inutilizzato per la diminuzione degli investimenti delle imprese.
Infine i conflitti, bellici o solo ideologici e religiosi,
potrebbero fermare la globalizzazione, sia rallentando i flussi migratori
necessari allo sviluppo dell’economia europea, come temono gli
imprenditori, sia rallentando i processi d’integrazione multiculturale
come temono i movimenti antiglobalisti. Per concludere, dopo gli atti di terrorismo dell’11
settembre 2001, nulla sarà come prima, eccetto l’assoluta imponderabilità
delle analisi economiche. Lo shock procurato al mondo sembra avere eguali
possibilità di dare la spinta definitiva ad un’economia già sull’orlo del
baratro, oppure di essere la scossa salutare che spingerà l’economia sulla
strada di misure coraggiose, capaci di rinnovarla e avviarla a sviluppi
impensati. Insomma non è chiaro se stiamo parlando di economia o di
lotteria. |