Leonardo Terzo

 

 

 

Pornografia ed episteme contemporanea

 

 

     La pornografia è quell’arte applicata in cui si può cogliere in maniera più evidente l’episteme della contemporaneità, postmoderna o meno che si voglia denominare. Episteme significa ciò che sovradetermina i limiti, perché significa “stare” (dalla radice indoeuropea “stha”) “sopra” (dal greco “epi”). Usiamo ora questo termine nel senso in cui lo usa Michel Foucault. Per Michel Foucault episteme significa una serie di norme e postulati che formano “uno stadio generale della ragione, una certa struttura di pensiero, a cui non possono sfuggire gli uomini di una data epoca… In pratica per episteme s’intende l’insieme delle relazioni che possono unire in una data epoca le pratiche discorsive” (L’archeologia del sapere, Milano, Rizzoli, p.217)

 

     Per pratiche discorsive Foucault intende i saperi, le discipline, le scienze. Non si tratta di una sistema chiuso, ma di un campo indefinito di relazioni infinitamente mobile. Inoltre l’episteme è vista anche come complesso delle costrizioni e limitazioni che si impongono al discorso in un dato momento, cioè l’orizzonte entro cui la conoscenza si trova in una certa fase della sua storia. (ibid. p.218)

 

     In particolare tre aspetti sono comuni alla pornografia e allo spirito del nostro tempo. Essi sono: l’estroversione, la ri-mediazione, l’erotizzazione; ovvero 1. la trasposizione e la convertibilità del privato nel pubblico; 2. la mediazione dell’esperienza da parte di mezzi sempre più “opachi”, cioè visibili, a causa del rapido rinnovamento tecnologico, il che dà luogo a quel fenomeno ora definito “ri-mediazione”; 3. lo spostamento degli interessi umani dalla sfera dell’intelligibile a quella del sensibile, ovvero un passaggio dalla semiotica all’erotica come modo di accostamento al mondo.

 

 

Estroversione del privato nel pubblico

 

     La pornografia mette in scena e quindi in pubblico la rappresentazione di una parte della vita, cioè la sessualità, che è sempre stata di pertinenza dell’intimità privata. Il limite del pudore tende ad essere cancellato nella vita contemporanea in tutti i campi, e il sensazionalismo è il modo predominante della comunicazione. L’amore è per eccellenza il tipo di rapporto fondato sull’intimità riservata alla persona amata e con essa condivisa, ma tutti i rapporti si pongono su una scala di maggiore o minore riservatezza che riguarda l’amicizia, l’educazione, il rispetto, il senso di semplice affinità e compassione umana. La spudoratezza generale abolisce la riservatezza, e colpisce tutti questi rapporti, mettendo in comune ciò che era destinato ai vari gradi di intimità.

 

 

Mediazione (e ri-mediazione) tra soggetto e mondo

 

     La pornografia si pone come mediazione tra la fruizione del sesso vero e la finzione: gli attori della pornografia eseguono i loro atti non per la soddisfazione propria e dei partner con cui recitano, ma a vantaggio del mezzo di ripresa, che funge da occhio dello spettatore, e che collegherà, in un tempo successivo, l’esibizione sessuale col vero destinatario dell’atto. Gli attori della pornografia perciò non compiono atti sessuali avendo come finalità il proprio piacere, ma quello della macchina mediatrice, perché il fine è la rappresentazione e, nella rappresentazione, la spettacolarità.

 

     La mediazione consiste anche nel fatto che la pornografia, attraverso la finzione, trapassa nella realtà in quanto mira a suscitare una reazione fisiologica di eccitamento vero, con una motivazione finta. Tutti i mezzi di comunicazione modificano l’esperienza, facilitandola e rendendola allo stesso tempo meno immediata. Questa condizione si riproduce continuamente, ma la sessualità era un rapporto essenzialmente diretto, da un lato finalizzato alla riproduzione, che implicava l’accostamento meccanico del rapporto sessuale, dall’altro finalizzato al piacere, che è sessuale perché costituito dal contatto degli organi sessuali e del corpo nel suo complesso.

 

     Quanto alla riproduzione, il sesso è stato liberato dalla rigidità e dalla necessità di svolgimento di tale funzione, sia dai contraccettivi, sia dai metodi di inseminazione artificiale. La contraccezione libera il sesso dal legame inevitabile con la riproduzione, inoltre favorisce la conoscenza della sua complessità e la molteplicità delle sue esplicazioni. La creazione di una sfera specifica della conoscenza dell’attività sessuale, distinta dalla funzione riproduttiva, porta una valorizzazione dell’autonomia del sesso e lo sottopone più direttamente ai condizionamenti generali dei mutamenti del mondo.

 

     Anche l’esperienza del sesso reale inoltre è mediata dalla spudoratezza che, dalla pornografia vera e propria, trapassa nella comunicazione generale. A sua volta l’attrattiva del mondo si basa sulle immagini che di esso propongono i mezzi di massa, che quindi svolgono la stessa funzione mediatrice e surrogatoria della pornografia rispetto al sesso.

 

     Ne deriva che, mentre la poetica del realismo cercava la verità oggettiva, e la poetica del modernismo cercava l’autenticità soggettiva, la poetica del postmodernismo cerca ora la consapevolezza delle mediazioni, e tende ad evidenziare la materialità e funzionalità del mezzo. Se, come dice McLuhan, “il mezzo è il messaggio”, il canale conta più del messaggio, e la funzione fatica si sovrappone a quella estetica.

 

 

 

Svalutazione dell’ermeneutica e rivalutazione dell’erotica

 

     La pornografia, come arte applicata, pone la sua finalità nella fruizione come esperienza sensibile e non nel significato intelligibile. Si svaluta l’atteggiamento ermeneutico a vantaggio dell’atteggiamento erotico. Questa inversione di tendenza, rispetto alla storia della cultura occidentale degli ultimi quattro secoli, appare in molte manifestazioni della vita contemporanea. Alcuni esempi di tale tendenza sono:

 

a) la diffusione delle attività ginniche e fisiche come attività specifiche non legate alla vita generale e quotidiana;

b) la ricerca del piacere sessuale per sé, slegato da connessioni significative di tipo sentimentale o altro;

c) la tendenza di molte forme artistiche a identificarsi con la pura dimensione esecutiva o “performance”, a scapito di quella rappresentativa;

d) la fortuna dei videogiochi, che forniscono un’esperienza fondata sul rapporto tra stimolo e risposta e sul condizionamento dei riflessi;

e) la diffusione delle esperienze della droga, e il consumo diffuso di psicofarmaci;

f) la musica orientata alla riproduzione di ritmi fisiologici, invece che sulle articolazioni inventive dei suoni;

g) gli spettacoli musicali e i raduni in cui la partecipazione e la presenza fisica dello spettatore prevale sulla possibilità di una percezione distinta della musica e delle parole;

h) la violenza dei tifosi dello sport, che rinnega la sublimazione simbolica della guerra, messa in scena dalle competizioni sportive, e regredisce allo scontro fisico;

i) la teorizzazione della fluidità come poetica fondante delle arti postmoderne e tecnologicamente mediate.

 

 

 

Economia politica della relazione

 

     Questi tre aspetti attengono ad un unico problema, quello della relazione e delle sue modalità tra soggetto e mondo, a ciò che possiamo chiamare economia politica della relazione. Nell’estroversione del privato si oggettivizza o si reifica, attraverso la pubblicazione o publicizzazione di sé, l’intimo, che non era mondano, e che, diventando tale, perde la soggettività e tende a diventare cosa. Attraverso la mediazione e ri-mediazione si distanziano e insieme si collegano il sé e il mondo. Ma per ciò stesso si istituisce una modellizzazione del mondo e del rapporto del sé col mondo sulle caratteristiche del mezzo, in ciò che si può chiamare economia espressiva o comunicativa.

 

     La svalutazione dell’ermeneutica e il tentativo di non mediare, e quindi di porsi in un rapporto più diretto col mondo attraverso l’erotica, è l’altra faccia della mediazione, o meglio è il tentativo di abolire la mediazione semiotica del logos, per rimediare con un medium sensibile o sensuale o fisico o più direttamente connesso agli strati cerebrali. La “colonia penale” di Kafka per esempio mette in scena una ri-mediazione sensibile, laddove la desensibilizzazione della pena, o il semplice utilitarismo umanitario, tendono alla concettualizzazione e alla elaborazione razionale del lutto e del delitto.

 

 

 

Estetica per tutti

 

        I mass media diffondono l’esperienza mediata della vita, presentandola in una situazione e in uno spirito di cosmetica ricostruttiva, come, ad esempio, il “pettinamento” delle notizie, che è cosa diversa dalla deformazione politica, perché è una deformazione finalizzata ad ottenere una presunta appetibilità comunicativa. Tale ri-mediazione si può considerare anche una versione bassa dell’estetica per tutti, principalmente distribuita con la pubblicità. La pubblicità è infatti un genere specifico che si pone tra informazione e invenzione, come una forma di realismo magico: il contenuto del suo discorso si trasforma da informazione utile per il soddisfacimento dei bisogni in illusione d’appagamento dei desideri con la magia feticistica della merce.

 

      Nella cultura di massa, arte, pubblicità e informazione si sovrappongono e si diffondono nell’ambiente con un processo di contaminazione e inquinamento culturale. La pubblicità è una forma  inquinata di ripristino della cosiddetta sfera pubblica, dove la cultura condivisa non è di carattere etico (nel senso di “propriamente comunitario”, da ethos), e nemmeno di carattere tecnico ed economico, bensì di carattere consumistico.

 

     La comunità si riconosce nella condivisione di ciò che consuma, quindi nelle arti applicate all’industria, che ha infatti il suo specifico artistico nel design industriale. Probabilmente questo tipo di condivisione è sempre stato un tratto distintivo della comunità, e i generi artistici, come il romanzo per esempio, non hanno mai inteso essere arte pura, cioè purificata da interessi politici ed etici, nemmeno col modernismo. Infatti il romanzo realistico è strumento della rivoluzione culturale borghese e celebra i valori e diffonde il sentire delle nuove classi medie contro i residui reazionari dello spirito nobiliare.

 

      Questo ci fa capire che la pubblicità è lo strumento della diffusione dei valori e degli interessi di una nuova epoca, quella costituita dall’accelerazione produttiva dei beni. I beni non sarebbero distinguibili fra beni necessari a soddisfare i bisogni autentici e beni atti a soddisfare i bisogni superflui, perché, se si vive in una società industriale sviluppata, non è possibile tracciare una linea di confine tra il necessario e il superfluo. Tale confine invece appare evidente se si paragonano i consumi di tali società industriali e quelli delle società non industriali, destinate allo sterminio per fame e malattie.

 

     Ne consegue che tutti i nostri consumi sono necessari se rimaniamo chiusi nel nostro modello di vita, e invece quasi tutti i nostri consumi appaiono superflui se accettiamo di vedere la realtà del resto del mondo. Tuttavia più recentemente, a causa della globalizzazione, delle immigrazioni, ma soprattutto a causa del crescente divario tra ricchi e poveri anche all’interno delle società sviluppate, la consapevolezza della disparità dei consumi fa apparire istericamente fantastica la pubblicità, che si rivolge in modi sempre più intensi e sofisticati alla parte di popolazione ancora in grado di incrementare i consumi, mentre resta inutile e inefficace per coloro che non hanno i mezzi per consumare i prodotti reclamizzati.

 

 

 

 

Estroversione e pubblicità

 

     La tendenza a mettere in pubblico la vita privata, che è un aspetto caratterizzante della contemporaneità occidentale, è un adeguamento alla politica della pubblicità, che propone modelli di consumo attraverso l’esibizione: non c’è bisogno di lodare le qualità del prodotto, perché la sua qualità sta sostanzialmente nell’apparire nel circuito della comunicazione, perciò anche la vita privata non ha qualità né valore appunto perché rimane privata e finché rimane privata. Solo se viene esibita, anche la vita privata vale la pena di essere vissuta: in questo modo si spiega perché fioriscono i cosiddetti “reality show” o la pornografia casalinga autoprodotta.

 

      La pornografia “fai da te” è nello stesso tempo riproduzione tecnica, valorizzazione artistica e presenza mediatica, anche se è fatta soltanto per gli attori componenti una coppia, che però, nel video che loro stessi hanno girato, si sentono partecipi e quindi all’altezza dei valori della comunità, ovvero perché operano e vivono come i personaggi della pubblicità pornografica che vedono tutti i giorni in televisione.

 

     Il fine dell’estetica dei media è infatti la creazione del consenso, e si ottiene attraverso la creazione del senso di appartenenza con la comunità che condivide un tratto culturale, in questo caso il consumo degli stessi prodotti, la visione degli stessi programmi, la presenza reale o virtuale nella comunicazione, se non altro come audience partecipe del dato auditel.

 

 

 

Rimediazione e storicità

 

      L’ideologia della pubblicità è il combinato disposto dei mass media e della fine delle metanarrazioni, che libera una concorrenza senza regole fra interessi economici, e fra le concentrazioni di potere tecnologico-militare che ne sono il braccio armato. La rimediazione diventa il sostituto tecnico della meta-narrazione. Essa è il “modo perpetuo” di rinnovare la consapevolezza della storicità dell’esperienza del mondo, oggettivato nell’adeguamento dei mezzi. Questo adeguamento riguarda tutti i mezzi, a partire dal linguaggio che si può considerare alla stregua di ogni altra tecnica comunicativa, dalla poesia alla rete virtuale. Perciò l’idea che “poeticamente abita l’uomo” si scopre solo un’occorrenza specifica e primitiva del più pertinente: “tecnicamente abita l’uomo”.  Se i mezzi dominano la messa in forma o “la messa in opera della verità”, la padronanza dei mezzi sovradetermina la cattura dell’attenzione fruitiva sulle verità che sono ammesse nel circuito della comunicazione. Allora verità e presenza si identificano e l’episteme in atto non avrà più accesso all’inautenticità dell’esistente.

 

 

 

Pornografia e poetica del flusso

 

      Come la pornografia mira a contenere il piacere della sessualità in una utopia regressiva fantasmatica e fantasmagorica, che recupera la condizione del perverso polimorfo, vale a dire la condizione di una sessualità liberata da prospettive di maturazione esclusivamente genitale e incanalate quindi lungo il percorso cronologicamente realistico verso la morte, così la poetica del flusso, che da sempre domina i mass media, ma ha raggiunto accelerazioni inconsuete con la rete telematica, evidenziando l’instabilità costitutiva dell’esperienza, sradica simbolicamente l’essere dallo  spazio territorializzato e lo lancia in tutte le direzioni nella globalizzazione.

 

     Come il tempo reale è sempre presente e ignora il passato, e pensa se stesso presuntivamente già sempre nel futuro, nello spazio l’essere scorre dovunque e in un sol luogo, totalmente occupato e de-cosmicizzato. L’utopia pornografica di essere perpetuamente per la vita, dopo aver neutralizzato il tempo con la ripetizione inesausta delle sue imprese, richiede infatti la dissacrazione dello spazio come cosmo, dove si poneva e si radicava il luogo di nascita, a partire da un ventre materno, dove il pene paterno collocava il seme totemico della stirpe e della storia lineare, sacrificandosi allo stesso tempo sull’altare della specie.

 

     La funzione riproduttiva, surrogata in molti modi, ha perso di senso patriarcale. Al padre, capo dell’orda, sembra si possa dire: “altro tempo, i giorni tuoi furo, passasti…”. L’angoscia territoriale è svanita e chi si attarda ad esibire il culto epistemico del campanile, come le Twin Towers, si espone al “bricolage” degli attentati, mentre gli attentatori sono sparsi ovunque nei consigli di amministrazione multinazionali.

 

 

 

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