1. I generi
formulaici Con
il termine "generi formulaici" s’intendono generi come il romanzo giallo,
il western, il romanzo rosa, il romanzo
gotico, la fantascienza, la pornografia, l'avventura,
l'orrore, eccetera. Si tratta di quella produzione letteraria e artistica che
viene anche definita popolare o di consumo, o addirittura sottoletteratura o
paraletteratura. Questa terminologia implica dei giudizi di valore e delle
considerazioni di carattere storico-sociologico, di cui non si può non tener
conto, ma ora intendiamo occuparcene dal punto di vista della narratività,
oltrepassando inoltre l'ambito strettamente letterario, perché questi generi,
oltre e più che in forma letteraria, sono confezionati e consumati come film,
telefilm e fumetti. Questi
generi si definiscono formulaici perché sembrano confezionati con formule e
come formule, vale a dire con elementi che si ripetono fino a diventare
moduli standard o modelli convenzionali, atti ad essere combinati come
ingredienti di una ricetta. Ora, mentre la serialità quasi industriale della
loro produzione ne fa il prodotto culturale di maggior consumo, in sintonia
con le esigenze di una società di massa, proprio questo fatto, in
un'epoca dominata dalle concezioni moderniste, che esaltano l'originalità e
l'innovazione ad ogni costo, è una delle ragioni per cui sono posti molto in
basso nella scala dei valori estetici. Ormai il concetto di genere sopravvive solo a livello basso, per indicare appunto questo tipo di opere, in quanto il principio dominante nella cultura alta è l'innovazione, e ogni opera che voglia porsi a livello alto tende a presentarsi come un unicum che rifugge dalla ripetizione e ha il vuoto intorno a sé. In questo senso il termine “genere formulaico” rischia di essere un'espressione pleonastica, perché il genere non sarebbe altro che una formula più ampia, estesa a tutto il testo. Poiché
però nessuna opera può essere del tutto originale, l'opera che vuole essere
tale cerca solo di non attrarre l'attenzione sulla sua convenzionalità. Per agevolare questa disattenzione si
elabora una terminologia ad hoc: poiché possiamo definire il genere come
l'immagine
virtuale risultante dal ricorrere di aspetti comuni a una pluralità di opere,
e dunque l'originalità di un testo sarà tanto maggiore quanto più ristretta
sarà l'area della sua intertestualità, invece di genere si tenderà a usare il
termine “poetica”, che sembra riferirsi a un insieme di convenzioni e a una
serie di opere più ridotta, e in senso ancor più unicizzante si concepisce il
termine "idioletto” (Umberto Eco, Trattato di semiotica generale, Milano,
1975, p. 338) dove codice e messaggio coincidono, e l'opera si fa codice di
se stessa. In tal modo il termine “genere” viene lasciato ai generi
formulaici, costituiti da quelle opere che ricercano di proposito la
ripetitività e le convenzioni più richieste dal pubblico. Il
concetto di intertestualità peraltro è già il prodotto di un ulteriore
sviluppo della teoria letteraria, ma in direzione opposta, in quanto è
interessata più al codice che al messaggio. In tal modo comporta la
frustrazione d’ogni aspirazione all'originalità, oltre che un azzeramento di
ogni distinzione sia di generi sia dì funzioni linguistiche, entrambi
sacrificati sull'altare del continuum retorico-testuale. I generi formulaici comunque appartengono tendenzialmente più al côté fantastico della finzione che non a quello realistico; rientrano cioè all'ambito del romance, vale a dire di quel modo della narrativa che privilegia l'interesse per la trama rispetto all'interesse per il significato, che invece è preminente nel realismo. Come insegnano Scholes e Kellogg (The Nature of Narrative, Oxford, 1966), il significato della narrativa è dato dal rapporto tra il mondo della finzione e quello fuori dalla finzione. Il romance ha meno interesse per il mondo fuori dalla finzione e, come vedremo, tende a rimanere all'interno di essa. |