PRINCIPI DI UNA TEORIA DEI GENERI FORMULAICI        

 

GOTICO, WESTERN, GIALLO, PORNOGRAFIA, ECC.

 

 

 

 

 

9. Il giallo come pretesto: Eco, Gadda, Robbe-Grillet

 

Il giallo d'indagine affronta e risolve questa situazione in modo ottimistico, sfruttando proprio il piacere di risolvere il mistero del labirinto, per dimostrare che viviamo in un mondo conoscibile e logicamente strutturato.  Il giallo rafforza la consequenzialità degli eventi, dando alla narrazione una qualità coesiva che viene usata come supporto in questo senso anche da narrazioni il cui scopo è un altro.

 

Nel Nome della rosa già citato, l'intreccio inquisitivo sostiene il romanzo storico, o meglio, sostiene una lezione di filosofia della storia applicata al Medio Evo.  L'intento pedagogico, che sfrutta il rapporto esplicativo che s’instaura tra il detective e il suo assistente, che in realtà fa le veci del lettore, è più importante dello stesso argomento illustrato.  Il vero argomento del libro è un insegnamento sulla produzione semiotica delle visioni del mondo, che vale tanto per il medio Evo quanto per la realtà contemporanea. Ma oltre che fornire un supporto inventivo alla curiosità del lettore, nel libro di Eco il meccanismo dell'indagine soddisfa in modo positivo la curiosità suscitata, perché l'intento pedagogico è ottimistico. Sebbene la conclusione sia che "nomina nuda tenemus", ovvero che la realtà è una costruzione culturale, la presa di coscienza dell'arbitrarietà delle scelte con cui ogni cultura si costituisce non porta alla disperazione. Al contrario l'autore accetta questa arbitrarietà e ne fa la storia, dimostrando che l'essenza dell'uomo occidentale sta appunto nello scegliersi una via tra quelle possibili nel labirinto.

 

L'intreccio poliziesco viene usato invece da Gadda in modo più problematico in Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. L'interesse di Gadda nel Pasticciaccio è precipuamente di carattere epistemologico: il commissario Ingravallo non crede più alla logica lineare dei rapporti di causa ed effetto.  La sua fissazione - dice il narratore - è di riformare il senso della categoria di causa. Il delitto è l'effetto di un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, che finisce per strizzare nel suo viluppo la ragione debilitata. Ma sebbene per lui la realtà sia uno “gliuommero” (groviglio), tuttavia egli non rinuncia alla ricerca di nuovi modelli esplicativi per dar conto di ciò che egli chiama “il precipitato delle concause”.       

 

Il tessuto narrativo di un'opera che si potrebbe definire poema epistemologico, è un'esplorazione diffusa in molteplici direzioni, dove molti fili restano sospesi, senza più la pretesa del giallo di padroneggiare la rete dei rapporti sociali attraverso una mappa certa delle connessioni assolutamente logiche che tengono il mondo, ma pur sempre prefigurando un legame a venire, un’uscita dal labirinto. 

 

Nel romanzo di Gadda, l'indagine che s’interroga sui suoi presupposti acuisce le nostre per­cezioni e, mentre ci toglie il piacere della trama formulaica, ci dà in cambio la jouissance che deriva dall'attraversamento di tutto lo spessore linguistico e culturale della modernità.

 

Una visione ben diversa del labirinto poliziesco è invece quella che ci offre il nouveau roman. L'azzeramento ideologico della scrittura di Robbe-Grillet che, come osserva Roland Barthes (Saggi critici, Torino, 1966), vuol dire uniformemente tutto senza spessore e senza profondità, ci dà solo l'opacità monocorde di un mondo che ci rimane totalmente estraneo e indifferente.  Il nouveau roman come giallo non è quindi affatto disposto a gratificare il let­tore e a soddisfare la sua curiosità.  Anch'esso utilizza i meccanismi dell’indagine, ma accentua quella situazione d’incertezza iniziale, in cui non si riesce ancora a connettere e ad orientarsi, anche se forse gli indizi sono tutti evidenti dinnanzi a noi, ma non li vediamo. 

 

Anche Robbe-Grillet sceglie il genere poliziesco proprio perché è quello in cui l'intreccio, nella sua rigorosità, ha l'importanza di un teorema.  Il nouveau roman sfida questa caratteristica e tende a dimostrare che la realtà è il prodotto della valenza inevitabilmente ideologica del linguaggio. Perciò, sottraendo al giallo la sua ideologia positivista, evidenzia frammenti di realtà che restano disancorati, senza coagularsi in una trama.  La trama di romanzi come Le voyeur o Dans le labyrinthe, che ironicamente vengono definiti gialli, non è riconoscibile, perché manca una mente coordinatrice che la identifichi all’interno della narrazione. 

 

Abbiamo così brani di monologhi di personaggi di difficile individuazione, descrizioni di sensazioni, momenti di azione e di immaginazione che si sovrappongono senza distinguersi.  Divagazioni e interpolazioni, sensi d’angoscia e d’incertezza, percezioni senza ordine, registrazioni di pensieri: tutto appare senza una motivazione comprensibile.  Ma questa sembra appunto la situazione iniziale tipica del giallo, in cui il mistero appare inspiegabile e in cui la narrazione dovrebbe introdurre ordine.  Invece questa condizione si protrae, non si perviene ad una spiegazione esplicita nel testo, e il lettore si ritrova solo nel labirinto, come il dottor Watson di uno Sherlock Holmes che non c'è.

 

A ben vedere possiamo considerarlo una forma di realismo, perché è nella realtà che la trama non riesce a delinearsi.  A confronto con questa particolare forma di realismo però, ancor più chiare appaiono le motivazioni con cui il racconto tende a rimanere nel labirinto immaginativo del romance e della sua sottospecie gotica, e ne esce invece nel giallo di indagine.  Il romance indulge al percorso, non ha un vero interesse per l'esito finale, perché esalta l'esecuzione, ama il gioco avventuroso fatto di ostacoli, fughe e rincorse, mentre il gotico trattiene i personaggi nel suo mondo come in una trappola.  Ciò che nel romance è gioia, piacere, erotismo, godimento del fantastico, nel gotico si tinge d'angoscia, diventa paura, errore e terrore, tortura e infine punizione. 

 

Nel giallo, a sua volta, la caccia all'uomo mette in luce una situazione reclusiva simile a quella che nel gotico dimostra che il mondo è un luogo da cui non c'è scampo.  Ma se nel gotico questo fatto è una punizione per la presunzione di immanenza del razionalismo, e perciò l'inseguitore è Dio e il colpevole è l'uomo, nel giallo la stessa caratteristica è garanzia della razionalità del mondo, e il detective insegue un colpevole che ha infranto la legge umana.  Il capovolgimento del messaggio ideologico è affidato allo spostamento del depositario della capacità d’indagine e d’intervento.  Sebbene il poliziotto non manchi di avere connotazioni da braccio secolare di una punizione trascendente, ora tale capacità è quella dello stato, che assume figura di entità mitologica superiore.  Questa capacità d’indagine e di controllo dello stato può a sua volta infatti diventare un incubo demonico, nelle distopie come ad esempio 1984 di George Orwell, dove l'individuo è vittima dell’ubiquità tecnologica del Grande Fratello.

   

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