PRINCIPI DI UNA TEORIA DEI GENERI FORMULAICI

GOTICO, WESTERN, GIALLO, PORNOGRAFIA, ECC.

 

 

 

 

 

 

17. La pornografia

 

Per lo studioso di teoria dei generi, la pornografia è interessante perché presenta una situazione unica e in via d’estinzione: la pornografia è l'unico genere formulaico e popolare che l'analisi critica e sociologica non ha ancora emancipato alla rispettabilità, e quindi vive una vita semiclandestina, anche se molto rigogliosa.

 

In via preliminare possiamo definire la pornografia come la rappresentazione, al di là dei limiti del pudore, di elementi attinenti all'attività sessuale, rappresenta­zione che ha come fine il procurare un eccitamento del fruitore. Il fatto che la pornografia non sia attività sessuale, ma rappresentazione di essa, può sembrare ovvio, ma vedremo che non è così. Tuttavia da ciò discende che la pornografia è una finzione e come tale, bella o brutta che sia, morale o immorale che sia, rientra comunque nella sfera dell'arte, se usiamo questo termine in senso descrittivo e non in senso apprezzativo.

 

Dal punto di vista critico la pornografia va perciò giudicata con i criteri ad essa pertinenti. Così come non si deve criticare un romanzo giallo cercando in esso le caratteristiche di un altro genere, ad esempio quelle del romanzo realistico, e quindi lamentare che i personaggi sono poco approfonditi, allo stesso modo non si deve pretendere che la pornografia dia importanza a ciò che non è pornografico. L'unica cosa che occorre doman darsi per giudicare criticamente la pornografia è se essa sia sufficientemente pornografica o no.

 

Elemento essenziale della pornografia è che nella rappresentazione dei rapporti sessuali sia oltrepassato il limite del comune sentimento del pudore, proprio come dice il codice penale italiano. Se quindi la pornografia consiste nel rappresentare ciò che il pudore vieta di rappresentare, essendo il pudore definito dai costumi, e quindi variabile nelle varie epoche e società, non esiste un contenuto che sia intrinsecamente pornografico, ma è sempre tale in relazione al pubblico e al suo tempo.

 

La poetica della pornografia si fonda comunque sull'eccesso: eccesso di visione, perché si fanno vedere cose che non si devono vedere secondo il canone del pudore; ed eccesso di spettacolarità, perché il modo in cui i rapporti sessuali sono rappresentati nella pornografia va al di là anche di ciò che nella realtà sarebbe possibile vedere se assistessimo davvero ad un rapporto sessuale.

 

Perciò la pornografia si colloca pienamente fra i generi formulaici anche in quanto genere fantastico e non realistico: non solo perché nelle storie pornografiche assistiamo ad imprese sessuali fantastiche, con erezioni decennali e ninfomania pervasiva, ma anche perché le acrobazie della macchina da presa, o l’onniscienza del narratore, spingono in primo piano dettagli iperbolici e posizioni inverosimili che, come dice Woody Allen, sarebbe impossibile applicare senza sghignazzare. Possiamo dire che, similmente a quanto abbiamo detto per il giallo, la via della pornografia al fantastico consiste in una presentazione della materia che, nell'ansia di rivelare, per voler essere troppo realistica, va al di là del verosimile.

 

Dal punto di vista della struttura diegetica, cioè dell'organizzazione della trama, la pornografia è paragonabile alla commedia musicale, dove il filo narrativo serve principalmente come supporto dei momenti musicali. (Linda Williams, "Generic Pleasures: Number and Narrative”, in Hard Core.  Power, Pleasure, and the 'Frenzy of the visible’, Berkeley and Los Angeles, 1989). Allo stesso modo nella pornografia la storia, sep­pure c'è, serve solo a legare insieme i momenti di rap­presentazione dei rapporti sessuali che, infatti, come nel varietà, gli esperti chiamano "numeri".

 

Gli intenditori inoltre sanno che i sottogeneri della pornografia si di­stinguono in base alle possibili combinazioni fra i vari tipi di personaggi e alle modalità di esecuzione del rapporto; detto in altri termini, si distinguono secondo i tipi di perversione, e a seconda delle parti del corpo privilegiate nel rapporto.

 

A questo punto possiamo completare la nostra definizione, aggiungendo che l'ethos della pornografia è il corpo o l'intreccio dei corpi" (Patrizia Nerozzi, op. cit., p. 16.), poiché anche i personaggi si individuano e si caratterizzano per il tipo di rapporto che essi hanno col corpo proprio e altrui. Possiamo quindi dire che il significato generico della pornografia è il sogno di onnipotenza di una sessualità polimorfa.

 

Tali considerazioni comportano peraltro degli aspetti problematici: ad esempio la necessità di superare i limiti del pudore presuppone appunto il sentimento del pudore, i cui limiti però vengono progressivamente spostati dalla pornografia stessa, proprio come la frontiera nel West; ciò finisce per attenuare, se non per distrug­gere del tutto, la carica erotica del disvelamento pornografico, e comporta il pericolo di una progressiva desessualizzazione del corpo.

 

Inoltre una peculiarità di tutti i generi formulaici è che essi si propongono di dare emozioni intense e im­mediate, gratificazioni elementari invece che intellettualmente complesse. La dicotomia qui sottesa è quella tra sensazionalismo e comprensione intellettuale. In questo senso la pornografia è il genere formulaico più intenso e più limitato. Essa si distingue dagli altri generi formulaici perché il suo fine è appunto l'eccitamento sessuale del fruitore, che va ben oltre il piacere estetico ed emotivo, ed è invece un effetto fisico. Per essere pornografica, infatti, non basta che una rappresentazione metta in scena organi sessuali in azione. Se ha scopi   diversi dall'eccitazione, per esempio se è un documentario medico che ha per fine lo studio della fisiologia del sesso è chiaro che non è pornografia, anche se può essere usato per scopi pornografici; ma questo vale anche per la Venere di Milo o qualsiasi altra cosa.       

 

Poiché comunque la pornografia è una finzione che ha un effetto pragmatico immediato, e dunque trapassa nella realtà, non deve sorprenderci che possa essere confusa con il sesso, e infatti è criticata in quanto sostituto del sesso reale. A questo proposito affermiamo che la pornografia è una rappresentazione dell'attività sessuale così come letteratura e l'arte in genere sono rappresentazione della vita e tuttavia non sono criticate per questo: il lettore di romanzi non è criticato per il fatto che il romanzo per lui, durante il tempo della lettura, è sostitutivo della vita.

 

È vero che opere come Don Chisciotte, Madame Bovary, Northanger Abbey sono una critica a chi non sa distinguere tra finzione e realtà, a chi cioè porta nella sua vita le idee e gli atteggiamenti che vigono nel mondo della finzione e non sa mantenere la separazione fra i due mondi. Ma se la pornografia mira proprio a trapassare dalla finzione alla realtà ciò non toglie che essa svolga anche gli altri compiti della letteratura, proponendosi cioè come modello paradigmatico di mondi possibili. E quindi se la lettura del romanzo permette al lettore di esplorare l’immaginario, allo stesso modo la ­pornografia permette al suo fruitore di esplorare l'immaginario sessuale e allargare la comprensione della dimensione sessuale della sua vita senza per questo dover fare di persona, nella sua vita, ciò che fanno i personaggi della pornografia.

 

Nella considerazione dell'arte della cultura occiden­tale, c'è una doppia tradizione: quella che risale a Platone e condanna l'arte perché è finzione e non realtà, e quella che risale ad Aristotele, che apprezza l'arte proprio perché che la realtà rappresentata nella finzione può essere vissuta e sopportata con distacco, con effetti catartici.  La tradizione platonica è evidente ad esempio in quella critica, prevalentemente di sinistra, che condanna l'arte perché non produce sul lettore un effetto pragmatico, ad esempio non lo induce a fare la rivoluzione (Lennard Davis, Resisting Novels: Ideology and Fiction, New York and Londn, 1987).

 

La pornografia comunque scontenta entrambe le tradizioni: è criticata dagli epigoni della tradizione platonica perché vedono nell'eccitamento provocato dalla por­nografia qualcosa di improprio, perché tale eccitamento dovrebbe essere provocato solo dal sesso vero e non da quello finto e rappresentato. È condannata dagli aristotelici per le ragioni opposte, in quanto provoca un effetto pragmatico che va oltre le reazioni spirituali ed emotive e produce un effetto fisico.  Per questi ultimi la pornografia è troppo vicina alla realtà e non mantiene un sufficiente distacco, per gli altri è un surrogato improprio della realtà, che produce un effetto reale attraverso l’illusione.

 

Ma la critica più usuale e più efficace fino ad ora contro la pornografia è quella di carattere morale.  Si è detto che la pornografia è arte, in senso descrittivo. Inoltre potrà essere anche arte valida, cioè buona pornografia, oppure arte di scarso valore, cioè cattiva pornografia, ma questo non deve interferire direttamente col giudizio etico-pratico che noi diamo su di essa.

 

Per brevità ricorrerò a un esempio di Eco ("Introduzione” alla prima edizione di Ope­ra aperta, Milano, 1962) Dice Eco: se in una casa che brucia ci sono mia madre e un quadro di Van Gogh, io salvo prima mia madre e poi il quadro di Van Gogh. Con questo voglio dire che anche se la por­nografia è arte, e persino se è arte valida, possono esserci nell'esistenza umana valori che sono prioritari rispetto all'arte, sia essa la pornografia o la pittura di Van Gogh. Se una società ritiene che la por­nografia sia dannosa, è plausibile che voglia abolirla anche se è arte. Il fatto che sia arte potrebbe non es­sere sufficiente a giustificare la sua difesa. La pornografia va invece difesa se si crede che non sia dannosa, a pre­scindere dal fatto che sia arte o meno. 

 

Il conflitto tra arte e altri valori umani è più comune di quanto non si creda, e di volta in volta può essere risolto a vantaggio dell'una o degli altri.  Nel Mercante di Venezia vi è indubbiamente un contenuto antisemita, che si cerca vanamente di attenuare con varie interpretazioni, ma che non possiamo non condannare, nel momento stesso in cui invece apprezziamo l'opera nel suo complesso per motivi estetici.  Ci sono situazioni in cui il lettore decide di poter sopportare i valori negativi presenti nell'arte, e altre circostanze in cui ritiene di dover rinunciare a un'opera artistica perché non riesce a sopportare i valori negativi e anti-etici che l'opera comporta o contiene. È ad esempio il dramma di tutta la critica femminista. (Vedi Wayne Booth, "Rabelais and the Challenge of Feminist Criticism', in The Company We Keep. An Ethics of Fiction, Los Angeles and London, 1988).

 

È dunque plausibile che la pornografia sia condanna­ta da chi non riesce a sopportarla, tuttavia occorre co­munque riconoscere che la pornografia è un uso estetico del linguaggio, che va giudicata con i suoi criteri specifici, e dunque se, come abbiamo detto, l'essenza della pornografia consiste nell'oltrepassare i limiti del pudore, essa è tanto più valida quanto più oltrepassa tali limiti. Se, come abbiamo detto, lo scopo della pornografia è di eccitare i sensi, dobbiamo anche dire che essa è tanto più bella quanto più è eccitante; ma per questi stessi motivi è tanto più apprezzata da chi l'apprezza e tanto più condannata da chi se ne sente offeso.

 

 

 

 

Nota

 

In un numero della rivista Problemi di Ulisse intitolato “L'erotismo”, Anno XXIII - vol. X, Firenze, Aprile 1970, Alberto Arbasino si chiedeva perché la rappresentazione di un atto perfettamente legale come il rapporto sessuale fosse vietata dalla legge, mentre la rappresentazione di un atto illegale come l'omicidio fosse invece permessa.  Credo che una possibile risposta sia questa: proprio perché l'omicidio è già punito dalla legge, si ritiene irrilevante impedirne la rappresentazione, in quanto la norma è già considerata un deterrente adeguato.  La legge contro la rappresentazione dell'atto sessuale è ritenuta necessaria da chi vuole reprimerlo, proprio perché il rapporto sessuale è lecito, e quindi non resta che tentare di impedirlo attraverso una sorta di imposizione di ignoranza.  La legge contro la pornografia è il surrogato di un’inattuabile legge contro l'attività sessuale stessa.

 

 

 

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