Taccuino Accademico
Non
vi è nulla di più inedito
delle idee ricevute
5. Cultura, destra
e sinistra. (18 maggio 2002) Da un punto di vista
antropologico, ogni oggetto, idea o comportamento è un fatto culturale,
sia esso uno sgabello, o l’abitudine di stringersi la mano, o le camere
a gas dei nazisti. Da un punto di vista apprezzativo, la cultura, intesa
come civiltà, è invece ogni elaborazione di idee,
più o meno sofisticata, che categorizzi ad un livello ritenuto più
astratto e organizzato, o che esprima in forma semiotica e/o simbolica,
gli stessi elementi della cultura antropologica. Il giudizio apprezzativo, a sua
volta, attiene a due ambiti di riferimento. Nell’ambito dei valori si può
apprezzare o disprezzare un fatto della cultura antropologica, per esempio
le camere a gas, perché in accordo o in contrapposizione alle scelte di
valore di chi giudica. Nell’ambito del grado di
elaborazione, l’apprezzamento o il discredito deriva invece dal fatto
stesso che un dato culturale sia inquadrato e inserito intellettualmente
in un sistema espressivo, esplicativo o interpretativo più generale e
complesso. Quando si parla di cultura di
destra e di sinistra, si tratta poi di riferimenti storici, perché nella
storia politica dell’occidente si sono usati questi termini per indicare
delle tendenze politiche che si rifacevano a certi valori e a certe
elaborazioni intellettuali piuttosto che ad altre. I termini “destra” e
“sinistra” nascono infatti nell’Ottocento in sede di democrazia parlamentare
e, accidentalmente, destra si riferisce alle formazioni politiche
conservatrici e tradizionaliste, legate ai residui valori aristocratici, e
sinistra, in modo corrispettivamente accidentale
per la collocazione nelle
aule parlamentari, si riferisce ai valori borghesi e liberali, in quel
momento storico progressisti e radicali. Di qui i due termini si fissano,
sempre in modo corrispettivo e generico, al conservatorismo più o meno
autoritario la destra, e all’estensione degli ideali democratici la
sinistra.
Nelle realtà di fatto della
storia delle varie comunità nazionali, gli elementi culturali allocabili
a destra e a sinistra si spostano e si mischiano in modo continuo e spesso
sorprendente. Il mutare delle entità politiche, dei sistemi sociali,
delle strutture economiche, richiede un continuo aggiornamento dei criteri
di giudizio relativi alle appartenenze dei fenomeni culturali: il
liberismo, per esempio, passa dal patrimonio culturale della sinistra a
quello della destra, allorché la classe operaia acquista una coscienza e
l’estensione della democrazia diventa socialismo. Ma spesso le denominazioni e le
etichette politiche non corrispondono più ai contenuti, per cui ad
esempio la destra sedicente liberale, nei comportamenti economici reali,
favorisce i monopoli e non il libero mercato. Oppure la sinistra comunista,
nei paesi in cui era all’opposizione, come in Italia, ufficialmente
lottava per il socialismo, ma di fatto era costretta a difendere il
rispetto della costituzione liberale. Oppure, in Unione Sovietica, la
sedicente sinistra si dava la costituzione più socialista e democratica
del mondo, ma di fatto applicava un regime autoritario e antidemocratico.
Oppure, come negli Stati Uniti, le strutture legislative sono teoricamente
democratiche e liberali, ma di fatto meno della metà della popolazione è
messa in grado di partecipare alla vita democratica, cosicché la vera
natura dell’assetto politico
di quella società è fortemente elitario e “aristocratico” su base
economica. Vi è poi la questione di
trasferire e riferire i dati culturali non direttamente politici, come i
dilemmi etici, le ipotesi scientifiche o i movimenti artistici ad
impossibili semplificazioni, quali governo e opposizione, da riadattare di
volta in volta ai mutamenti di blocchi egemoni, di coalizioni di partiti,
alle contrapposizioni di interessi contingenti, alle emergenze di
tirannelli mass-mediatici. In questa inevitabile e
incessante mobilità, la cultura trova un’accezione specialistica come
sfera di pertinenza dei cosiddetti intellettuali, apparentemente autonomi come ceto, ma egualmente mobili e disponibili sul mercato
delle appartenenze politiche.
Il clima culturale
“postmoderno” favorisce la permutabilità dei valori, che sembrano
cambiare collocazione con la stessa velocità con cui i parlamentari
cambiano partito, i partiti cambiano schieramento, le persone cambiano i
partner sessuali, i giocatori cambiano squadra di calcio. Ciononostante,
la distinzione rimane uno strumento del pensiero e perciò della cultura.
Non a caso "distinzione" ha anche un significato apprezzativo come “deferenza” e “signorilità”. |