Più spazio ai concorsi

di Emiliano Bruno

 

In molti paesi europei, ormai da tempo, la ricerca della qualità e del bene pubblico attraverso l'architettura è divenuto strumento di identificazione culturale e di mutamento sociale.

Mi riferisco a quanto è avvenuto in Francia attraverso il sistema dei concorsi, in Spagna tramite il potere contrattuale delle pubbliche amministrazioni, in Olanda grazie alla tradizione culturale e alla modifica del territorio, in Germania mediante la spinta all'unificazione e così via dicendo.

I motivi, essenzialmente di natura culturale, per cui la situazione italiana è ancora in ritardo rispetto a tutti questi paesi, sono complessi e si nascondono un po' ovunque: nella mancanza di una precisa volontà politico-normativa che si trova tanto nelle amministrazioni locali quanto nei ministeri preposti, nella committenza, pubblica e privata, negli ordini professionali, all'interno delle Università. Si stenta a credere che proprio in Italia si continui a considerare l'architettura superflua e poco importante, quasi estranea alla nostra cultura, ed è ancora più scoraggiante se si pensa che dovrebbe essere l'architettura il simbolo di questo tempo come lo è stato di ogni momento storico del nostro paese.

Un'attenta analisi di quanto è accaduto nei sopraccitati Paesi europei può senz'altro aiutarci a capire perché in Italia non sia stata data la giusta rilevanza all'architettura e come si può venir fuori da questa crisi.

Senz'altro il comune denominatore che in queste Nazioni ha determinato una riqualificazione pubblica dell'architettura e della vita sociale è rappresentato dal sistema dei concorsi di progettazione ai quali, a mio avviso, anche in Italia, si dovrebbe dare maggior importanza se si vuole dare rilievo all'architettura e accrescerne l'interesse e il valore.

A mio parere, difatti, i concorsi di progettazione rappresentano la strada più appropriata per raggiungere quei risultati, qualitativamente elevati, che un'amministrazione si deve prefiggere quando intende affidare l'esecuzione di un progetto di rilevante interesse architettonico, storico, urbanistico.

Nel nostro paese le norme che regolano il sistema di affidamento degli incarichi di progettazione ci sono, anche se un po' confuse e approssimate, bisognerebbe sicuramente dare una rilevanza primaria al sistema dei concorsi e farli rientrare a tutti gli effetti tra i provvedimenti amministrativi previsti per l'esecuzione delle opere pubbliche.

E' per tale motivo che ogni altra forma di affidamento degli incarichi dovrebbe esistere solo come eccezione o alternativa motivata al concorso, ancora di più se riflettiamo sul fatto che esso non rappresenta un "atto di magnanimità" nei confronti degli architetti ma è atto di democrazia dovuto non solo all'architettura ma alla popolazione tutta, è "espressione pura del corretto esercizio delle funzioni amministrative".

Solo seguendo questa strada si garantiscono risultati elevati, si migliorano le capacità di scelta e la competenza specifica degli amministratori, si favorisce la crescita professionale dei progettisti, emerge la reale preparazione dei partecipanti e la validità delle proposte progettuali.

Le ultime leggi in materia cominciano a muoversi in tal senso ma è auspicabile il conseguimento di una minore discrezionalità ad opera degli amministratori nell'affidamento della progettazione delle opere pubbliche che, se da una parte garantisce una certa elasticità e velocità del sistema, di certo non determina trasparenza, pari opportunità e risultati qualitativamente elevati.

Alla fine di queste sintetiche riflessioni, pur nella consapevolezza che non tutto si può e si deve progettare per concorso, credo che bisogna cogliere in modo sereno e funzionale questa occasione di migliorare.

Termino citando l'articolo n.° 1 della prima ed unica legge francese sull'architettura, pubblicata il

3 Gennaio 1977, quasi un quarto di secolo fa:

"L'architettura è un'espressione della cultura. La creazione architettonica, la qualità delle costruzioni, il rispetto dei paesaggi naturali o urbani, nonché del patrimonio, sono elementi di pubblico interesse".