La poesia improvvisata, in Sardegna, ha origini antichissime: pare che già in
epoca romana, ai tempi di Diocleziano, ci fossero alcuni poeti
provenienti dalla Sardegna dediti all'improvvisazione. Questo genere di poesia, aveva il
potere di dare insegnamenti utili (sopratutto a quelle persone che non avevano
un'istruzione, condizione molto frequente nella popolazione di qualche tempo
fa), ma anche di produrre partecipazione, attesa e meraviglia per le risposte
e le argomentazioni, spesso geniali, degli improvvisatori. Col passare del tempo i temi divennero sempre più
complessi e impegnativi tanto da comportare preparazione approfondita in campo mitologico, storico e filosofico.
Durante il periodo fascista le gare poetiche vennero vietate; esse peraltro venivano condannate anche dalla Chiesa.
Tra il 1932 e il 1937 il divieto di gare poetiche fu totale; in seguito vennero
consentite purché non venissero trattati temi di carattere politico o
religioso. Con la caduta del Regime si è registrato un ritorno progressivo. Bisogna anche
ricordare che la poesia cantata, con le sue rime e la sua forma in generale,
riesce ad imprimere le informazioni nella mente molto meglio di un testo in
prosa. La prima gara poetica a livello professionale tenutasi a Ozieri risale al 15 settembre del 1896;
Da questa data iniziarono le gare ufficiali sui palchi dei paesi della Sardegna.
La poesia estemporanea ha sempre suscitato un grande interesse nella
popolazione sarda, e continua ad essere una manifestazione corale molto
popolare che riscuote nell'isola ancora grande successo. Solitamente si svolge
nelle piazza più spaziosa e più raccolta, ognuno si porta da casa la sedia e
i poeti prendono posto in un palco adorno di frasche.
Questa forma d'arte non si è sviluppata solo in Sardegna: altre popolazioni,
infatti, hanno conservato e conservano tuttora la consuetudine di improvvisare
in versi. Ogni popolo ha sviluppato il suo modo di fare poesia improvvisata,
ma tutti questi vari modi hanno delle somiglianze, e la prima di queste
è che sia una poesia basata sul meccanismo di "botta e
risposta". La strofa della poesia sarda è l'ottava: metro che, pur
essendo di natura popolare, è stato utilizzato anche nella poesia colta del
rinascimento. L'ottava sarda, non ha però l'obbligo delle rime alternate, e
può presentarsi in diverse varianti, a seconda delle preferenze dell'
improvvisatore, o per mettere in risalto particolari punti
dell'argomentazione. I poeti sardi, vengono accompagnati da un coro detto
"tenore". Questo termine, si riferisce al significato
dell'espressione "a tenore", ovvero in modo armonico. Oltre che
a costituire un accompagnamento musicale al poeta, il tenore, gli garantisce
anche quei secondi di pausa che gli consentono di elaborare al meglio sia l'argomentazione sia
la costruzione del verso. Il tenore, interviene generalmente alla fine di
ogni distico, ovvero ogni due versi, ma è possibile che il poeta
improvvisatore ne richieda l'aiuto anche qualche volta in più, magari
per perfezionare il suo discorso. In questo caso, il poeta, alla fine di un
verso richiede l'intervento del tenore, il quale capisce che deve intervenire
dalla modulazione della voce dell'improvvisatore. Può capitare inoltre che
il poeta si senta abbastanza sicuro e avendo già in mente ciò che deve dire
salti un intervento del tenore e continui a cantare. Le strofe, sono formate dea otto versi
endecasillabi. Lo schema è questo: A/BABAB/C/C. Il poeta che deve
rispondere all'ultima ottava cantata, deve fare in modo che il primo
verso della sua strofa, faccia rima con gli ultimi due versi dell' ottava
precedente. |