La pagina letteraria di Salvatore Talia

Corrado Alvaro

Chi era Corrado Alvaro

La vita. Il più importante scrittore calabrese, e uno dei maggiori del Novecento italiano, nasce a S. Luca d'Aspromonte il 15 aprile 1895. Inizia gli studi ginnasiali in un collegio di gesuiti a Frascati (da cui viene espulso perché sorpreso a leggere testi proibiti) e li completa in un altro collegio vicino Perugia. E' chiamato alle armi nel 1915; combatte sul Carso, dove viene ferito alle braccia. L'anno dopo inizia a collaborare al "Resto del Carlino". Nel '17 esce un suo volume di poesie, nel '19 è a Milano come collaboratore del "Corriere della Sera"; nel 1920 vede pubblicate le sue prime raccolte di racconti. Nel '21 è a Parigi, da dove inizia a collaborare al "Mondo" di Giovanni Amendola. Nel 1925 è tra i firmatari del manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce. Dal '26 fa parte della redazione di "900", la rivista letteraria fondata da Massimo Bontempelli e Curzio Malaparte. Negli anni successivi, non volendo espatriare, deve scendere a compromessi con il regime fascista: collabora alla "Stampa" diretta da Malaparte e nel '34 pubblicherà anche un volumetto celebrativo sulla bonifica dell'Agro Pontino. Ma nel 1930 aveva pubblicato Gente in Aspromonte, considerato il suo libro più importante: nel racconto che dà il titolo al volume vi è un'implicita ma chiara denuncia delle disperate condizioni di vita delle plebi calabresi, che gli costa il divieto (poi rientrato) di scrivere sui giornali. Continua a viaggiare: Germania (1928), Turchia (1931), Russia (1935). Nel 1943 l'occupazione tedesca lo costringe alla clandestinità e ad abbandonare Roma: vi rientrerà nel '44. Nell'autunno dello stesso anno è tra i fondatori del Sindacato nazionale degli scrittori. Nel '49 inizia a scrivere sul "Mondo" di Mario Pannunzio, in qualità di critico teatrale e poi cinematografico. La sua attività di pubblicista e scrittore continua incessante fino alla morte, avvenuta a Roma l'11 giugno 1956.
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L'opera. Il racconto lungo Gente in Aspromonte è l'opera più celebre di Alvaro e costituisce uno dei risultati più importanti del realismo narrativo italiano degli anni '30. Raccontando la storia di un pastore che, come il Michael Kohlhaas di H. von Kleist, diventa brigante per vendicare un'ingiustizia subìta, Alvaro raggiunge un felice equilibrio fra denuncia sociale e trasfigurazione mitico-fiabesca di una realtà arcaica come quella delle montagne calabresi.
I racconti costituiscono la parte più ampia della produzione di Alvaro: di ambientazione varia, la loro forma è molto sorvegliata e in essi l'autore non indulge quasi mai ad una rappresentazione piattamente naturalistica, tuttavia la narrazione spesso contratta, allusiva, col suo dispregio per la trama, è piuttosto lontana dal gusto odierno e non sempre Alvaro riesce ad ottenere la pregnanza simbolica e psicologica cui aspira (il critico Walter Mauro ha parlato di "impossibilità alvariana a cogliere il nucleo centrale del proprio tormento").
Il romanzo L'uomo è forte, scritto dopo il viaggio dell'autore nell'U.R.S.S. di Stalin, è un pessimistico quadro della condizione umana in un regime totalitario, caratterizzata dalla paura e dall'incubo continuo della delazione e del tradimento; in molti passi anticipa sorprendentemente 1984 di George Orwell. In questo romanzo, Alvaro sembra considerare il totalitarismo più un prodotto (forse inevitabile) della modernità che un risultato di determinate ideologie; le suggestioni del viaggio in Russia si fondono con l'esperienza dell'autore nell'Italia fascista.
Fra i romanzi di Alvaro occupa un posto di rilievo la Trilogia del mondo sommerso, che si compone dei tre romanzi L'età breve, Mastrangelina e Tutto è accaduto (gli ultimi due pubblicati postumi). D'ispirazione autobiografica, la Trilogia descrive la formazione di un intellettuale meridionale che abbandona la miseria del paese natìo solo per scoprire l'alienazione e l'inautenticità della vita della città; la sua vicenda personale, segnata da un inesorabile scacco esistenziale, si svolge nel quadro di una società italiana che a sua volta subisce un processo d'involuzione e di decadenza, culminante nel fascismo e nella seconda guerra mondiale.
La produzione diaristica di Alvaro, ricca di notazioni morali e di costume, dà la misura di una coscienza severa, inquieta, spesso ripiegata su se stessa e sui propri rimorsi, ma intellettualmente aperta e partecipe delle ricerche e delle acquisizioni della cultura europea della sua epoca. 
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Alcune note di Corrado Alvaro tratte da Quasi una vita
(edizione Club degli Editori, Milano 1968)

* "Dei Greci, i meridionali hanno preso il loro carattere di mitomani. E inventano favole sulla loro vita che in realtà è disadorna. A chi come me si occupa di dirne i mali e i bisogni, si fa l'accusa di rivelare le piaghe e le miserie, mentre il paesaggio, dicono, è così bello" (p. 237).

* "Al mio paese, la piccola borghesia considera una grande prova di abilità arrivare a ingraziarsi con tutti i mezzi, anche i più bassi, chi comanda. La furberia al posto di ogni altra qualità umana. Chi non vi riesce è un imbecille, e chi non vi si adatta, un pazzo. 'Ha relazioni' è al mio paese dire molto" (p.  230).

* "Il meridionale ha un tale desiderio del potere, poiché non conoscendo una libera società dipende tutto dai potenti, che è entusiasta del potere qualunque esso sia. (...) Generalmente immaginano comprato con occulte manovre chi poi professa idee, qualunque idea, anche se del partito dominante. Insomma, è la disistima dell'individuo in ogni caso; l'uomo non può essere che un folle impratico o un venduto" (p. 239).

* "I calabresi mettono il loro patriottismo nelle cose più semplici, come la bontà dei loro frutti e dei loro vini. Amore disperato del loro paese, di cui riconoscono la vita cruda, che hanno fuggito, ma che in loro è rimasta allo stato di ricordo e di leggenda dell'infanzia" (p. 204).

* "L'italiano aspetta sempre una grande fortuna o avventura che non arriva. Ma non dispera" (p. 307).

* "Il nostro Capo (Mussolini, n.d.r.) è preso da convulsioni a leggere un giornale francese di provincia che parla di lui con poca reverenza. Sarebbe capace di muovere guerra alla Francia per le parole d'un giornalista d'una redazione di Marsiglia o di Bordeaux. Riferiscono che legge avidamente tali giornali, e se trova qualcosa che gli dispiace, è preso da un'ira violenta, appallottola il giornale, lo scaraventa nel cestino, diventa intrattabile. E' giornalista, ed è come se dirigesse non l'Italia ma un grande giornale. Si fornisce lui stesso una menzogna quotidiana nei giornali, e finisce col credervi, lui solo" (pp. 230-31).

* "La storia considerata come una vicenda di buono e di cattivo tempo, di uragani e di sereni, ecco che cos'è la storia per un italiano. Per questo scetticismo della storia non si sono prodotti tanti tragici fenomeni in Italia, dove nulla è mai scontato interamente, dove tutti possono avere la loro parte di ragione, o dove tutti hanno torto, dove si ritrovano viventi i residui di tutte le catastrofi e di tutte le esperienze e di tutte le epoche. Ci sono ancora i guelfi, i neoguelfi, i separatisti, i federalisti, i sanfedisti, i baroni, i feudatari, ecc. Questi caratteri italiani sono l'origine delle più strane sorprese e delle più incredibili involuzioni" (p. 485).

* "L'uomo è il prodotto dei suoi errori" (p. 354).
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Da un articolo di Massimo Raffaeli pubblicato su "il manifesto" del 7 settembre 2003

"Infine esiste un libro singolare e memorabile, di riflessione militante e in presa diretta sugli eventi, così poco noto da non venire rammentato, salvo errore, nemmeno nell'accuratissimo studio di Pavone. Si deve a un saggista di formazione liberaldemocratica e narratore battistrada del neorealismo, Corrado Alvaro (1895-1956), che scrisse appunto L'Italia rinunzia? nell'autunno del `44, in Roma liberata, pubblicandolo in volume da Bompiani l'anno successivo (e se ne conta una sola ristampa, Sellerio 1986, però nuda di qualsiasi apparato). Alvaro redige il suo pamphlet, diviso in nove capitoletti, a muscoli tesi e quasi affondando nel vuoto che divide paese legale e paese reale: da una parte sta l'Italia di lungo periodo, collassata con l'armistizio (una borghesia incolta e parassitaria, un regime di «villan rifatti» e rètori che disprezzano il lavoro e vivono di meschini privilegi, una classe dirigente di disertori capeggiati dal «re gaglioffo»), dall'altro torna a vivere l'Italia dei contadini/operai/artigiani, potenziali artefici di un riscatto di cui l'otto settembre dovrebbe essere l'occasione e che nelle parole dello scrittore calabrese ha i medesimi accenti della riforma intellettuale e morale invocata da Gramsci. Vi si legge: «Fatto eloquente: appena il popolo italiano fu abbandonato dai suoi capi, in quei mesi, si risollevò dalla catastrofe, riacquistò le sue qualità umane, le sue tradizioni di civiltà. (...) La divisione operata dopo il 9 settembre è quella vera, tra il tronco robusto e i rami sterili e marci. Chi era accanto al popolo italiano? I suoi figli, i patrioti, e la sua carità e la sua speranza. Egli sa a chi ascrivere le case distrutte e le centinaia di migliaia di morti della sua oscura tragedia. (...) La sua disperazione e demoralizzazione attuale provengono dal fatto che esso vede ogni suo sforzo inutile, rimanere al loro posto sfruttatori e carnefici, i parassiti dei suoi ventidue anni uscire dalle loro tane e riprendere la loro opera.»

In altri termini, mentre al di là della Gotica soffia il Vento del Nord e Johnny-Fenoglio lucida lo Sten, Corrado Alvaro vede profilarsi a Roma la falsa Itaca del trasformismo e di una sostanziale restaurazione: scrive, alla lettera, «che l'Italia di oggi si va rappezzando coi residui dell'Italia di ieri.»" (Massimo Raffaeli, 8 settembre: parole e musiche di Johnny Fenoglio, "il manifesto", 7 settembre 2003)

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Bibliografia essenziale di e su Corrado Alvaro

N.B. Questa bibliografia comprende solo volumi in prima edizione. Le Opere di Corrado Alvaro sono ora riedite dall'editore Bompiani, Milano 1990 e sgg. Gente in Aspromonte è disponibile anche in edizione Garzanti.

A) Raccolte di racconti

  • La siepe e l'orto, Vallecchi, Firenze 1920.

  • L'amata alla finestra, Buratti, Torino 1920.

  • La signora dell'isola, Carabba, Lanciano 1930.

  • Misteri e avventure, Vecchioni, L'Aquila 1930.

  • Gente in Aspromonte, Le Monnier, Firenze 1930.

  • Il mare, Mondadori, Milano 1934.

  • Incontri d'amore, Bompiani, Milano 1940.

  • Settantacinque racconti, Bompiani, Milano 1955.

  • La moglie e i quaranta racconti (a cura di Arnaldo Frateili), Bompiani, Milano 1963.
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B) Romanzi

  • L'uomo nel labirinto, Alpes, Milano 1926.

  • Vent'anni, Treves, Milano 1930.

  • L'uomo è forte, Bompiani, Milano 1938.

  • L'età breve, Bompiani, Milano 1946.

  • Belmoro (a cura di Arnaldo Frateili), Bompiani, Milano 1957.

  • Mastrangelina (a cura di A. Frateili), Bompiani, Milano 1960.

  • Tutto è accaduto (a cura di A. Frateili), Bompiani, Milano 1961.

  • Domani (a cura di A. Frateili), Bompiani, Milano 1968.
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C) Saggi, raccolte di articoli e memorie

  • Luigi Albertini, Formiggini, Roma 1926.

  • Itinerario italiano, Quaderni di Novissima, Roma 1933.

  • Terra nuova (Prima cronaca dell'Agro Pontino), Istituto Nazionale Fascista di Cultura-Edizioni di Novissima, Roma 1934.

  • I maestri del diluvio. Viaggio nella Russia sovietica, Mondadori, Milano 1935.

  • L'Italia rinunzia?, Bompiani, Milano 1945.

  • Quasi una vita. Giornale di uno scrittore, Bompiani, Milano 1950.

  • Il nostro tempo e la speranza. Saggi di vita contemporanea, Bompiani, Milano 1952.

  • Roma vestita di nuovo (Itinerario italiano II) (a cura di Arnaldo Frateili), Bompiani, Milano 1958.

  • Un treno nel Sud (Itinerario italiano III) (a cura di A. Frateili), Bompiani, Milano 1958.

  • Ultimo diario (1948-1956) (a cura di A. Frateili), Bompiani, Milano 1959.

  • Cronache e scritti teatrali (a cura di A. Barbina), Edizioni Abete, Roma 1976.

  • Al cinema (a cura di G. Briguglio e G. Scarfò), Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1987.
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D) Poesie

  • Poesie grigioverdi, B. Lux, Roma 1917.

  • Il viaggio, Morcelliana, Brescia 1942.

E) Teatro

  • Lunga notte di Medea, Bompiani, Milano 1966.

F) Scritti su Corrado Alvaro

  • Ludovico Alessandrini, C. A., Borla, Torino 1968.

  • Armando Balduino, C. A., Mursia, Milano 1972.

  • Umberto Bosco, A., in Pagine calabresi, Edizioni Parallelo 38, Reggio Calabria 1975, pp. 201-22.

  • Domenico Cara, C. A., La Nuova Italia, Firenze 1968.

  • Emilio Cecchi, A., in Letteratura italiana del Novecento, a cura di P. Citati, Mondadori, Milano 1972, vol. II, pp. 892-904.

  • N. De Bella, C. A., Ciranna, Roma 1973.

  • Franco Fortini, "Quasi una vita" e "Il nostro tempo e la speranza", in Saggi italiani, Garzanti, Milano 1987, vol. I, pp. 300-305.

  • Giorgio Manacorda, Le esperienze di Alvaro, in Vent'anni di pazienza, La Nuova Italia, Firenze 1972, pp. 3-30.

  • Walter Mauro, Invito alla lettura di C. A., Mursia, Milano 1973.

  • Vincenzo Paladino, L'opera di C. A., Firenze, Le Monnier, 1968.

  • Antonio Palermo, C. A. I miti della società, Liguori, Napoli 1967.

  • Geno Pampaloni, Poeta dei segreti e Fortuna critica, in C. A., Opere, Romanzi e racconti, a cura di G. Pampaloni, Bompiani, Milano 1990, pp. vii-xxxv, 1476-98.

  • Pier Paolo Pasolini, Passione e ideologia, Garzanti, Milano 1960 (nuova ed. 1994), pp. 40-2.

  • Carlo Salinari, C. A., in Preludio e fine del realismo in Italia, Morano, Napoli 1967, pp. 99-105.

  • Maria Ida Tancredi, C. A., Vallecchi, Firenze 1969.
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