La pagina letteraria di Salvatore Talia
Raymond Chandler, Il grande sonno, traduzione e postfazione di Oreste Del Buono, Feltrinelli 1999, pp. 219, £ 14.000. Titolo originale: The Big Sleep, 1939.Siamo nella Los Angeles degli anni '30. Il detective privato Philip Marlowe viene assunto da Guy Sternwood, generale a riposo, vecchio, molto malato e proprietario di un patrimonio di quattro milioni di dollari, per risolvere una questione delicata: qualcuno cerca di ricattare il vecchio generale con del materiale compromettente che riguarda una delle sue due figlie, la minorenne Carmen, viziosa e instabile. Ma mentre si occupa di questa faccenda, che si dimostra sempre più intricata e che non tarda a causare anche delle vittime, Marlowe si accorge che un problema più grave assilla il vecchio generale: il marito dell'altra sua figlia, la intelligente e conturbante Vivian, è scomparso misteriosamente. Benché il generale non glie l'abbia chiesto esplicitamente, Marlowe decide d'indagare anche su questo caso. Raymond Chandler fu spesso lodato per il suo realismo, che egli stesso contrapponeva polemicamente allartificiosità e allastrattezza dei romanzi gialli classici di scuola inglese (cfr. la postfazione di Oreste Del Buono, p. 211). In realtà a proposito di questo romanzo si potrebbe parlare tuttal più di un naturalismo piuttosto superficiale: la caratterizzazione dei personaggi è convenzionale e stereotipata, lintreccio è contorto e poco plausibile, la critica sociale non va oltre invettive generiche e melodrammatiche come la seguente:
Se a ciò si aggiungono gli effetti del vistoso moralismo puritano cui è improntata lideologia dellautore (che non disdegna unomofobia esplicita e virulenta 1 e anche un certo latente misoginismo), si ha una precisa cognizione di quanto poco meritata sia la patente di realismo che Chandler si attribuiva. Tuttavia, sarebbe probabilmente ingeneroso valutare secondo i canoni della grande narrativa ottocentesca Il grande sonno di Chandler, che va considerato piuttosto come un buon prodotto (dignitoso, pur nei suoi limiti) di letteratura di consumo. Può essere forse più utile partire da unaltra affermazione dellautore, contenuta in una lettera del 1945:
Nel Grande sonno, uno dei più interessanti risultati di questa politica chandleriana di divulgazione di contenuti culturali alti è costituito certamente dalla sua ripresa dellantico mito celtico del Re Pescatore 2. Questo mito 3 esiste in diverse versioni, le più importanti delle quali in epoca medievale si incontrano nel Conte del Graal (circa 1160 1180) di Chrétien de Troyes e nel Parzival (circa 1217) di Wolfram von Eschenbach. La più nota rielaborazione moderna del mito del Re Pescatore è contenuta nel Parsifal (1882) di Richard Wagner, la cui trama si può riassumere molto succintamente come segue. Il Re Amfortas è gravemente malato, ha una piaga che nessuno riesce a guarire. A causa di questa malattia, il regno è in piena decadenza. A causare la piaga è stato il mago Klingsor, che ha sottratto al re la Sacra Lancia e lo ha ferito con questa. La profezia dice che il re sarà guarito da un puro folle, un giovane cavaliere vergine da ogni macchia. Questo cavaliere è Parsifal, il quale, giunto al castello e appresa la malattia del re, decide di guarirlo recuperando la Sacra Lancia. Per distoglierlo dalla sua missione, Klingsor lo pone in un giardino fatato e tenta di farlo sedurre dalle Fanciulle Fiore. Ma Parsifal supera la tentazione, sconfigge Klingsor e guarisce il re toccandolo con la Sacra Lancia. Wagner ha conferito una certa coerenza alla storia del re pescatore, mentre le fonti medievali sono assai più confuse, oscure e tra loro discordi. Come ha osservato lo studioso Richard Cavendish, nelle leggende del ciclo del Graal il tema del Re Pescatore è incoerente e amorfo. La trama [pattern] dovrebbe essere questa: un re è menomato o malato; come conseguenza, le sue terre sono sterili; leroe guarisce il re e con ciò riporta la fertilità nel regno; probabilmente, la sua azione dimostra che egli è lerede legittimo. In nessuna storia del ciclo del Graal compare questo schema semplice e soddisfacente...4, schema che devessere ricostruito collazionando le diverse fonti. Anche in Wagner si ha linserzione di elementi estranei al mito originario, mentre il tema della sterilità è poco o per nulla sviluppato. Dopo Wagner, la studiosa Jessie L. Weston nel suo libro From Ritual to Romance (1920) ha sottolineato lo stretto rapporto che, nella leggenda, intercorre tra la perdità della virilità da parte del Re Pescatore (ferito in prossimità delle regioni genitali) e la conseguente infecondità delle sue terre. Se da qui torniamo a Chandler, possiamo verificare come gli elementi essenziali del mito del Re Pescatore siano presenti nel Grande sonno. Il generale Sternwood è il re: nel suo primo incontro con Philip Marlowe, egli afferma:
Marlowe è leroe. Nel suo personaggio si ritrovano molte caratteristiche del cavaliere delle leggende del ciclo bretone; innanzitutto, la fedeltà al suo re un vincolo che oltrepassa lordinario rapporto che intercorre tra un professionista e il suo committente, che va oltre la legalità formale e che ricorda lantico giuramento di fedeltà dei vassalli feudali; nelle parole di Marlowe:
Ricordiamo che il generale non ha dato incarico a Marlowe di ritrovare suo genero, ma che è lo stesso Marlowe ad assumersi questo compito, un gesto cavalleresco spontaneo che richiama alla mente la decisione di Parsifal di guarire il re Amfortas:
Il tema della sterilità è pure più che accennato nel romanzo. Il generale manca di un erede maschio; delle sue due figlie una (Carmen) è una ninfomane mentalmente ritardata, laltra (Vivian) incarna lo stereotipo della dark lady affascinante ma pericolosa; ha sposato il contrabbandiere dalcolici Rusty Regan, che è scomparso misteriosamente poco dopo il matrimonio, e la loro unione non ha generato figli; più avanti nel romanzo apprendiamo che beve e che è una frequentatrice abituale di bische clandestine. Il generale dice di loro:
Comunque, nessuna delle due figlie corrisponde alla concezione della donna dellideologia patriarcale, né pare adatta al ruolo di moglie e madre esemplare che la morale tradizionale esige a salvaguardia della prosperità e del decoro della famiglia. Tra laltro, sia Carmen che Vivian tentano più volte di sedurre Marlowe, senza successo. Così risponde egli a Vivian:
Questa lealtà cavalleresca del detective, che non amoreggerebbe mai con le figlie del suo re/committente, avvicina d'altronde ulteriormente la sua figura a quella di Parsifal, il quale resiste alle tentazioni delle Fanciulle Fiore che cercano di distoglierlo dalla sua missione. Di fatto, per quel che se ne sa, Marlowe rimane casto lungo tutto il romanzo. La natura della missione di Marlowe consiste poi in nientaltro che nella restituzione al generale Sternwood di suo genero, cioè del suo erede maschio, sia pure elettivo. Un breve dialogo (cfr. p. 192) tra Marlowe e il maggiordomo di casa Sternwood (che è, anche lui, un modello di fedeltà al suo signore) sembra a un certo punto suggerire che lo stesso Marlowe potrebbe in fin dei conti diventare lerede legittimo: il che aprirebbe la strada ad unovvia ipotesi interpretativa di tipo freudiano. Occorrerà naturalmente attendere le ultimissime pagine del romanzo per scoprire se il detective riuscirà o no nella sua impresa. Altrettanto naturalmente, poiché si tratta di un romanzo giallo, non anticiperò il finale. E estremamente probabile che Raymond Chandler abbia ripreso il tema del Re Pescatore da T. S. Eliot, che lo aveva rielaborato nel suo poemetto The Waste Land (1922), una delle opere più influenti nella letteratura in lingua inglese del 900. Chandler, che aveva studiato in Inghilterra e disponeva di una buona cultura letteraria, conosceva certamente la produzione di Eliot, come si deduce da un altro suo romanzo, The Long Goodbye (1953), ove si trova un breve e ironico dialogo a proposito di unaltra poesia di Eliot, The Love Song of J. Alfred Prufrock 5. Si confrontino i seguenti due passi, il primo dal Grande sonno e il secondo dal Prufrock eliotiano:
Il riferimento alle aree da costruzione abbandonate nel brano di Chandler sembra anticipare la seguente descrizione di ciò che rimane dei campi petroliferi della famiglia Sternwood, un tempo fonte di prosperità:
Rimane solo da aggiungere che Il grande sonno di Raymond Chandler è una lettura piacevole per chiunque apprezzi il genere giallo. L'abilità con cui l'autore adopera i materiali migliori che gli offre la cultura del suo tempo, se non vale a rendere il romanzo una rappresentazione convincente e realistica dell'America della grande depressione, contribuisce forse a fare del suo libro uno di quei nobili prodotti medi, di intrattenimento, dignitosi ma accessibili, che Umberto Eco (nel suo classico Apocalittici e integrati) indica come ciò che di meglio ci si può attendere dalla letteratura di consumo.
1 Si vedano il disprezzo e il dileggio ostentati nei riguardi del personaggio dellomosessuale Lundgren, pp. 93-98. Il filosofo Th. W. Adorno ha scritto alcune pagine assai penetranti sulla funzione dellomofobia nel genere hard boiled, allinterno del quale unomosessualità rimossa si presenta come la sola forma approvata delleterosessualità (Minima Moralia, Einaudi, Torino 1994, p. 43). 2 Vedi i seguenti saggi: Fontana, Ernest, "Chivalry and Modernity in Raymond Chandler's The Big Sleep", Western American Literature 19 (1984), pp. 179-186, riportato in: The Critical Responses to Raymond Chandler, Greenwood, Westport, CT, 1995, pp. 159-65; Lawson, Lewis, "'Spiritually in Los Angeles': California Noir in Lancelot", The Southern Review 24 (1988), pp. 744-764; Mathis, Andrew E. "The Big Sleep: The Celtic Connection," Clues 18 (1997), pp. 81-97. Ho preso questi riferimenti dallottima bibliografia chandleriana cura di J. Burroughs. Non ho letto questi studi, ma a giudicare dai loro titoli ritengo che sviluppino una tesi simile o identica a quella che cerco qui di esporre. 3 Un esauriente resoconto delle varie versioni medievali del mito del Re Pescatore si trova alla pagina web intitolata a The Fisher King. 4 Cfr. The Fisher King, pagina web cit. 5 Dialogo riportato nel sito The T. S. Eliot Page. 6 In T. S. Eliot, Poesie, a cura di Roberto Sanesi, Bompiani, Milano 1995, p. 161.
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