La pagina letteraria di Salvatore Talia

Herbert George Wells, La macchina del tempo, Ugo Mursia Editore, £. 14.000. Titolo originale: The Time Machine, 1895.

Questo romanzo dello scrittore inglese Herbert George Wells (1866 – 1946), apparso alla fine dell’800, inaugurò un intero filone – quello dei viaggi nel tempo – che trovò enorme fortuna nella fantascienza del XX secolo.

Un gentiluomo inglese, scienziato dilettante, annuncia una sera ai suoi amici di aver costruito una macchina in grado di viaggiare attraverso il tempo, sia nel passato che nel futuro, e di essere in procinto di partire per la sua prima esplorazione. Dà  loro appuntamento a casa sua per la settimana successiva. Al loro arrivo, gli ospiti del Viaggiatore nel tempo (così è denominato nel romanzo) lo vedono tornare, piuttosto malconcio, da un viaggio nel lontano futuro. Il Narratore, che era uno degli ospiti, riporta fra virgolette il resoconto del Viaggiatore.

Egli racconta di essere montato sulla sua macchina per il viaggio di collaudo e di essersi subito spinto fino all’anno 802701.

In una Terra che della passata civiltà umana conserva solo rare vestigia, ma che per opera delle precedenti generazioni è stata interamente liberata dalle malattie, dagli animali nocivi e anche dalle asperità climatiche, il Viaggiatore è venuto a contatto con due future razze umane: gli Eloi e i Morlock. I primi vivono in quella sorta di ospitale e confortevole giardino che è diventata la superficie terrestre, e sono d’aspetto grazioso, miti e gentili, ma la loro intelligenza è pari a quella dei bambini. I secondi vivono sotto terra, sono astuti, infidi e d’aspetto repellente. Il Viaggiatore ritiene che i Morlock siano i discendenti, totalmente abbrutiti, delle attuali classi lavoratrici; gli Eloi sarebbero invece i discendenti delle classi dominanti, rammolliti e istupiditi da secoli di benessere materiale.

Ben presto l’esploratore scopre che  gli Eloi sono mantenuti dai Morlock, che li rapiscono nottetempo e se ne cibano come fossero animali domestici. Riuscito a sfuggire ai Morlock, il Viaggiatore, prima di fare ritorno nella propria epoca, si spinge avanti nel tempo fino a raggiungere l’evo durante il quale il Sole si va spegnendo e la vita sulla Terra è quasi alla fine.

H. G. Wells viene spesso posto a confronto con lo scrittore francese Jules Verne (1828 – 1905). I due classici della fantascienza si differenzierebbero in ciò, che Verne avrebbe sviluppato maggiormente l’aspetto “scientifico” di questo genere letterario, mentre Wells avrebbe privilegiato l’elemento fantastico. Così, secondo Antonio Gramsci, “nel Verne ci troviamo, generalmente, nell’ambito del verosimile, con una antecipazione sul tempo”; le possibilità scientifiche e tecniche di cui dispongono i suoi eroi “sono superiori a quelle realmente esistenti nel tempo, ma non troppo superiori e specialmente non ‘fuori’ della linea di sviluppo delle conquiste scientifiche realizzate; l’immaginazione non è del tutto ‘arbitraria’ e perciò possiede la facoltà di eccitare la fantasia del lettore già conquistato dall’ideologia dello sviluppo fatale del progresso scientifico (...)”. Invece, in Wells “lo spunto generale è inverosimile, mentre i particolari sono scientificamente esatti o almeno verosimili; Wells è più immaginoso e ingegnoso, Verne più popolare”, e la più ampia popolarità di Verne si spiegherebbe con la sua maggiore comprensibilità. Tuttavia la popolarità di Verne tende a diminuire, man mano che la scienza realizza e supera le anticipazioni dello scrittore francese, le quali così non sono più in grado di “eccitare la fantasia del lettore”. Questo fenomeno non si verifica invece in autori come Edgar Allan Poe (al quale Gramsci accosta H. G. Wells), proprio per la superiore “arbitrarietà”, individualità e originalità delle loro trovate narrative 1.

Oggi è facile constatare che, mentre ad es. la missione dell’Apollo 11 ha reso obsoleto Dalla terra alla luna, la fantascienza contemporanea non cessa di trarre spunto dall’idea wellsiana dei viaggi nel tempo. Tuttavia non credo che la ragione della fortuna di questo spunto narrativo vada ricercata nella particolare “ingegnosità” e fertilità dell’immaginazione di Wells, o nella sua minore dipendenza dalle idee più diffuse nel suo tempo.

E’ stato notato che The Time Machine precede di soli sette anni la pubblicazione del saggio di Albert Einstein Sull’elettrodinamica dei corpi in movimento, che pose le basi della teoria speciale della relatività e scosse dalle fondamenta la concezione galileiana e newtoniana del tempo come grandezza assoluta 2. (In effetti, gli autori di fantascienza che, dopo Wells, parlano di viaggi nel tempo non mancano quasi mai di menzionare la teoria della relatività per giustificare le loro invenzioni narrative, sebbene gli scienziati ritengano estremamente improbabile una simile applicazione pratica delle teorie di Einstein 3).

Wells naturalmente non poteva conoscere la teoria della relatività all’epoca in cui scrisse The Time Machine; tuttavia, nel primo capitolo del suo romanzo, dove il Viaggiatore spiega ai suoi ospiti i princìpi che permettono alla macchina del tempo di funzionare, Wells enuncia una concezione quadridimensionale della realtà fisica, concezione che equipara il tempo alle tre dimensioni spaziali, lungo le quali ci si può muovere a piacimento avanti o indietro. Tale concetto ricorda effettivamente alcuni esiti della teoria di Einstein 4, ma ciò non è tanto il frutto di un’intuizione geniale da parte di Wells, quanto del suo buon aggiornamento circa gli ultimi sviluppi della fisica e della matematica del suo tempo.

Lo sviluppo della geometria non euclidea (ad opera soprattutto di Riemann e di Lobacevskij), nella seconda metà dell’Ottocento, aveva condotto a immaginare realtà fisiche diverse dalla nostra comune percezione di un universo a tre dimensioni; difatti, sempre nel primo capitolo de La macchina del tempo, Wells menziona a sostegno della sua tesi del tempo come “quarta dimensione”, una conferenza dell’astronomo e matematico americano Simon Newcomb  (1835 – 1909), che si occupò anche lui, fra l’altro, di geometrie non euclidee. In ambito narrativo, già nel 1884 il reverendo inglese Edwin A. Abbott (1838 – 1926) aveva pubblicato un ingegnoso e suggestivo romanzo, Flatland, ambientato in un universo bidimensionale.

Non meno legate all’attualità culturale del suo tempo sono le idee politiche e sociali che trovano espressione nel romanzo di Wells.

H. G. Wells aderì ufficialmente allla Fabian Society (un’organizzazione socialista riformista, i cui esponenti principali erano G. B. Shaw e i coniugi Webb) nel 1903, ma il suo interesse per i problemi sociali emerge già ne La macchina del tempo: il suo apologo sulle due razze umane dei Morlock e degli Eloi può essere letto come una satira sociale, che si pone in quel filone “distopico”della letteratura inglese inaugurato da Jonathan Swift e che giunge nel nostro secolo sino ad Anthony Burgess, passando per A. Huxley e G. Orwell. L’idea delle “due razze” nelle quali si stava cristallizzando la divisione in classi della società inglese sembra derivare dal romanzo dello statista liberale Benjamin Disraeli Sybil or the two nations, pubblicato nel 1845, che si ricollegava a sua volta all’anticapitalismo romantico di Thomas Carlyle (1795 – 1881) - un autore, quest’ultimo, che è fuggevolmente richiamato nel romanzo di Wells, alla fine del nono capitolo.

E’ senz’altro esatto, nel brano di Gramsci sopra riportato, il richiamo all’ideologia positivista a proposito di J. Verne; occorre tuttavia aggiungere che, nel caso di Wells, la dipendenza da questa ideologia non è meno esplicita. La differenza tra i due autori consiste in questo: che Verne accetta senza condizioni tale ideologia, mentre Wells parte da essa per sovvertirla.

Così è propria dello scientismo la concezione matematico-lineare del tempo, che viene trattato come una qualsiasi grandezza fisica 5; ma Wells, partendo da tale concezione, la spinge ad esiti paradossali con la sua idea del viaggio nel tempo: se non c’è differenza fra le dimensioni spaziali e la dimensione temporale, perché non si potrebbe scorrere anche lungo quest’ultima avanti e indietro, a qualsivoglia “velocità”?...

Allo stesso modo Wells demolisce le teorie politiche positiviste che affidavano al progresso scientifico e tecnologico l’immancabile soluzione della questione sociale: la sua narrazione è inconciliabile con l’ottimismo positivista (indipendentemente dalle idee politiche riformiste dell’uomo Wells), perché, mentre denuncia gli effetti delle condizioni disumane e abbrutenti in cui sono costretti a vivere i proletari, allo stesso tempo rifiuta la soluzione del problema sociale proposta dal positivismo (e fatta propria dal socialismo riformista). Infatti nel romanzo di Wells lo sviluppo scientifico ha trasformato la Terra in una sorta di nuovo Eden, conformemente alle previsioni dei positivisti, ma il definitivo trionfo sulla natura è stato conquistato a prezzo di una crudele “disumanizzazione” della specie umana, che si è scissa in una minoranza ebete ed imbelle e in una maggioranza di bruti e di cannibali 6.

In conclusione, la posizione ideologica di H. G. Wells appare quella di un “oppositore interno” del positivismo, pienamente partecipe della crisi di questa concezione del mondo; crisi che era già in atto all’epoca in cui Wells scriveva The Time Machine, e che sarebbe diventata universalmente evidente nel corso del XX secolo.

Il tema del “viaggio nel tempo”, reso popolare nel ‘900 come una delle più correnti volgarizzazioni narrative della teoria della relatività, ha in gran parte perso il significato perturbante che rivestiva nel romanzo di Wells ed è stato utilizzato per lo più in conformità ai fini consolatori che sono tipici della narrativa di consumo 7. E’ questo il caso del godibile film Ritorno al futuro di Robert Zemeckis (Back to the Future, 1985), dove la macchina del tempo offre una soluzione “magica” alle frustrazioni del protagonista adolescente, nel quale lo spettatore è indotto ad identificarsi.

L’apologo sociale contenuto ne La macchina del tempo conserva invece ancora oggi tutto il suo carattere inquietante. Quest'ultimo anzi risulta singolarmente potenziato nell’attuale momento storico, nel quale i mezzi di comunicazione di massa ripropongono sempre più ossessivamente (ma con sempre minore capacità di convinzione) l’apologia tardo-positivista del progresso scientifico e tecnologico, mentre appare sempre più chiaro che di tale progresso beneficia solo una minoranza dell’umanità, e mentre nell’Occidente post-industriale si diffonde sempre più una sorda e irrazionale paura nei confronti delle moltitudini dei diseredati  e degli affamati.



1 Cfr. A. Gramsci, Quaderni del carcere, Einaudi, Torino 1975, pp. 613 e 2126.

2 Una succinta esposizione della teoria della relatività speciale e della sua storia è consultabile sul sito dedicato ad Albert Einstein dal’Università di St. Andrews (Scozia).

3 Cfr. ad esempio le considerazioni dell’astrofisico inglese Stephen Hawking nella conferenza Il futuro dell’universo, in Buchi neri e universi neonati e altri saggi, Rizzoli, Milano 1993, pp. 179-80.

4 Cfr. Albert Einstein, Relatività: esposizione divulgativa, Bollati Boringhieri, Torino 1967, pp. 86-87 e p. 306. Cfr. anche, nello stesso volume, il saggio Spazio e tempo di Henri Poincaré: “Tutto avviene come se il tempo fosse una quarta dimensione dello spazio...” (p. 292).  Lo stesso Poincaré aveva pubblicato nel 1898 uno scritto intitolato La mesure du temps, che anticipava la concezione relativistica del tempo.

5 Contro tale concetto, come è noto, polemizzava il filosofo antipositivista, contemporaneo di Wells, Henri Bergson (1859 – 1941), il quale contrapponeva ad esso la propria nozione della durée non matematizzabile.

6 Da questo punto di vista, l’apologo wellsiano può anche essere letto come un’acre parodia della figura hegeliana del servo–padrone nella Fenomenologia dello spirito.

7 Cfr. Umberto Eco, Il superuomo di massa. Retorica e ideologia del romanzo popolare, Bompiani, Milano 1998, pp. 10-13.

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