………ma il peggio viene ora

 

La guerra iniziata tra tante perplessità dà la parvenza di volgere al meglio per non dire al termine. Le operazioni belliche si sono svolte con un ritmo incalzante: il 7 ottobre il Presidente Bush dà inizio ai bombardamenti in Afghanistan; il 20 ottobre truppe speciali iniziano raids a terra specialmente contro il Quartier Generale dei talebani a Kandahar, la cui resistenza causa tra i Rangers americani numerosi feriti; il 31 ottobre,vincendo remore di carattere politico, il Presidente Bush, impiegando i B-52, intensifica e potenzia i bombardamenti contro le prime linee talebane, fronteggiate dall’Alleanza del Nord. Questi nuovi interventi ne fiaccano la resistenza e, incalzati dai  Mujaheddin, i talebani sono costretti a ripiegare precipitosamente. Il 9 novembre cade Mazar-i-Sharif, importante nodo strategico, ed, in successione, la città di Herat, viene poi attaccata la città di Kunduz che resiste. In pochissimi giorni i Mujaheddin conquistano la capitale Kabul e Jalalabad, roccaforte dei talebani insieme a Kandahar che resiste, anche se alcune voci la danno per conquistata.

I talebani, in rotta quasi ovunque, mantengono il possesso di alcune province e di alcune sacche del paese che in gran parte è ormai sotto il controllo dei Mujaheddin. Di Osama Bin Laden, obiettivo principale della operazione “Enduring Freedom”, neanche l’ombra.

Questa la sintesi di 38 giorni di bombardamenti e di circa una settimana di attacchi da terra.

Ai  profani, tutto ciò potrebbe sembrare un successo e la rapida instaurazione di un vento nuovo per l’Afghanistan. Ma con chi, come, dove? Gli interrogativi sono molto pesanti e postulano un distinguo tra attività politico – diplomatica e militare. Solo un cenno alla prima: all’ingiunzione di non entrare a Kabul, prima di aver costituito un governo provvisorio che gestisca la caotica situazione politica in atto nel Paese, i Mujaheddin hanno dimostrato di non tenere in alcun conto avvertimenti ed imposizioni, considerando la conquista della capitale quale atto di loro esclusiva vittoria. Tutto ciò ha causato una serie di ripercussioni negative anche nei  paesi limitrofi che volevano conservare una certa influenza sull’Afghanistan, portandovi al governo rappresentanze etniche di loro estradizione. Si venuta così a creare una situazione di estrema fluidità politica difficilmente controllabile che non lascia ben sperare per il futuro.

L’ONU ha elaborato un piano di pace, ma non basta. Di piani di pace dell’ONU falliti, ne è piena la storia passata e recente (Balcani), soprattutto perché questo consesso manca di una forza adeguata che, se necessario, li imponga.

Ad una situazione politica complessa e di difficile soluzione, se ne affianca una militare altrettanto grave e pericolosa. Con la caduta o la conquista della capitale e di altre città vengono a mancare gli obiettivi reali, materializzati sul terreno, perciò la lotta si sposta in un teatro senza punti di riferimento ove opera un nemico non ben configurato. Tale situazione gioca a favore di quanti hanno scelto una diversa e per loro più proficua forma di lotta armata; è questo che si  preparano a fare i talebani, avvantaggiati in maniera determinante dal fattore ambientale: terreno e clima.

 Infatti la configurazione del territorio, molto aspro, di difficile percorrenza, per taluni aspetti e luoghi impraticabile, si presta ottimamente ad azioni di guerriglia, imboscate, colpi di mano portate da bande armate che sfruttano il fattore sorpresa (“colpisci e sparisci”), per cui diventa praticamente impossibile il controllo delle aree.Anche la situazione climatica, con l’approssimarsi dell’inverno, giuoca un ruolo importante, e condiziona, soprattutto in montagna, la condotta delle operazioni militari.

 A questo scenario per nulla rassicurante, si aggiunge la presenza sul terreno di milioni di mine, trappole ed ordigni espolsivi di svariate nazionalità (russa in particolar modo) nonché di aggressivi chimici e biologici, lasciati probabilmente dai talebani durante la ritirata. Tutto ciò concorre, come peraltro già evidenziato, a configurare un quadro bellico molto complesso, di  lunghissima durata, di pericolosissimi interventi e di difficilissima soluzione.

In sintesi, il peggio viene proprio ora: è infatti impensabile che gli “studenti di Allah” depongano le armi per votarsi ad una convivenza pacifica.