BOSNIA-HERZEGOVINA
Precedenti storici.
La
BOSNIA-HERZEGOVINA è una Repubblica indipendente, costituita nel marzo 1992,dopo la disgregazione dalla Repubblica
Federativa Socialista di JUGOSLAVIA, avvenuta nel giugno 1991.
A
seguito del riconoscimento internazionale (il governo italiano la riconosce
nell’aprile 1992), il Paese diventa
scenario di conflitti inter-etnici tra
Serbi, Croati e Mussulmani, guerra di
tutti contro tutti, ultimo atto questo di una storia di guerre, invasioni,
separazioni cruente e riunificazioni temporanee le cui origini risalgono a 1600 anni fa. In particolare:
-nel 395 dopo Cristo , la separazione tra
l’Impero romano d’Oriente e d’Occidente
divide la futura JUGOSLAVIA in due
blocchi: la CROAZIA, la SLOVENIA e la BOSNIA restano nell’impero di ROMA
e assumono l’alfabeto latino e la religione cattolica; la SERBIA, il MONTENEGRO e la MACEDONIA
passano sotto l’impero di COSTANTINOPOLI, con alfabeto cirillico e
religione ortodossa;
-nel 1389 con l’espansione dell’Impero
ottomano sulle rovine di quello romano d’Oriente, prima le SERBIA e poi la BOSNIA-HERZEGOVINA
entrano nell’orbita turca mentre la CROAZIA e la SLOVENIA in quella dell’Impero
austro - ungarico.
In sintesi, Serbi, Croati e Mussulmani hanno storie diverse prima della unificazione in un unico stato avvenuta nel 1918. Infatti:
i
Serbi restano per 500 anni sotto la
dominazione turca prima di
riconquistare l’indipendenza nel XIX secolo ;
i
Croati della Croazia godono di un breve periodo di indipendenza prima di cadere
sotto la dominazione austro-ungarica , mentre i Croati della Dalmazia devono combattere contro il dominio
bizantino , veneziano , francese ed infine austriaco.
La
maggioranza degli Sloveni e dei Croati è di religione cattolica , mentre i
Serbi, Montenegrini e Macedoni sono per lo più cristiano-ortodossi . Dopo
l’invasione turca, parte degli slavi della regione attualmente identificata con
la BOSNIA-HERZEGOVINA, si converte all’Islam per evitare pressioni
politico-religiose, dando poi vita alla attuale fazione bosniaco - mussulmana.
Agli
albori del XIX secolo , le guerre balcaniche prima e la prima guerra mondiale
dopo, producono conseguenze drammatiche sulle popolazioni dell’intera area
balcanica ed in special modo su quella che sarebbe poi diventata la JUGOSLAVIA,
anche se, in tale contesto, la SERBIA ,
contribuendo alla cacciata dei Turchi
dall’Europa, recupera le terre perdute
in epoca medievale ,
Intanto,
proprio in BOSNIA e proprio a SARAJEVO, scoppia la scintilla della 1^ Guerra
Mondiale ( con l’assassinio dell’Arciduca Ferdinando da parte del giovane
serbo-bosniaco Gavrilo Princip ) che
porta al crollo dell’Impero austro-ungarico e quindi alla formazione di
un nuovo Stato, costituito da Serbi, Croati
e Sloveni - guidato dalla dinastia Karadjordevic - noto con il nome di JUGOSLAVIA, ovvero Terra
degli Slavi del Sud .
Il re
Alessandro I proclama nel 1929 Regno di JUGOSLAVIA il “ Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni “, i cui confini ,
se si esclude l’Istria , sono quelli che resisteranno fino al 1991. La
creazione dello Stato jugoslavo realizza i sogni di molti intellettuali, ma non
tiene conto delle fondamentali
diversità esistenti tra la popolazione del nuovo Paese. Molti considerano
questa nuova realtà statuale e le sue leggi come qualcosa di estraneo alle
proprie tradizioni, al proprio retaggio storico, alla propria patrimonio
culturale, al proprio credo religioso, sicchè
emergono odi etnici , rivalità confessionali, barriere linguistiche e conflitti culturali che tormentano la nuova JUGOSLAVIA, fin dalla
sua nascita.
Durante
la 2^ Guerra Mondiale il Paese viene occupato dalle Forze dell’Asse (GERMANIA, ITALIA, GIAPPONE) ed in
tale quadro viene costituito un Governo croato indipendente (NDH) – presieduto
dagli Ustascia (ultra nazionalisti croati) che, con l’appoggio di Hitler , attua la prima forma di pulizia
etnica , massacrando serbi ed ebrei. In
tale contesto si instaura una guerra partigiana contro gli occupanti (tedeschi, italiani e bulgari) nella quale
si contrappongono da un lato gli Ustascia croati ed i sostenitori mussulmani
dell'Asse e dall'altro i partigiani di Tito, prevalentemente comunisti. A
questi si aggiungono i monarchici serbi (Cetnici) che perseguono fini prettamente nazionalistici.
Queste
complesse e variegate lotte intestine, con epicentro nella BOSNIA-HERZEGOVINA,
costano agli Jugoslavi un milione e ottocentomila morti.
Al
termine del 2^ Conflitto mondiale, la JUGOSLAVIA diviene Repubblica popolare
federativa e la presiede il comandante
partigiano Tito che elimina i vari nazionalismi in nome dell'unità socialista
tra i popoli jugoslavi. Il Paese viene diviso in sei Repubbliche federali: la
SERBIA(che include le Provincie della VOJVODINA e del KOSOVO), la CROAZIA, la
SLOVENIA, la BOSNIA-HERZEGOVINA, il MONTENEGRO e la MACEDONIA . Divisioni queste
puramente amministrative che non riflettono i confini tra i diversi gruppi
etnici.
Alla
morte di Tito, nel 1980, diviene sempre più difficile tenere unito il Paese ,
in quanto il risentimento nei confronti
del Governo centrale della Federazione
(la presidenza viene assegnata ogni anno a rotazione ai Rappresentanti di ogni
singola Repubblica), per la continua e serrata attività di controllo sulle Repubbliche, alimenta, l’insorgere di
crescenti nazionalismi e quindi richieste di maggiore indipendenza da parte di
queste.
Nel
1989 Slobodan Milosevic, Capo della Lega dei comunisti, diventato Presidente
della SERBIA, concepisce il progetto
della “Grande Serbia”, cioè riunire in
un unico Stato serbo tutti i Paesi con presenza serba, anche minoritaria.
Intanto
la situazione economica va sempre più deteriorandosi mentre cresce la
richiesta di riforme politico –
istituzionali; tutto ciò accresce le
tensioni tra le varie Repubbliche ed il Governo federale, sicchè il Congresso della Lega dei Comunisti
è costretto ad accettare il pluralismo
che porta nel 1990 ad elezioni in ogni Repubblica con la nascita di
governi sempre meno legati alla
centralità di Belgrado.
Intanto
nel giugno 1991, la SLOVENIA e la CROAZIA proclamano la loro indipendenza da
BELGRADO. La reazione dell’Esercito federale è immediata.
Mentre contro LUBIANA lo stato conflittuale dura
solo due giorni (32 morti) perché le Autorità slovene sono preparate al nuovo
corso ed tutta la popolazione, in quanto omogenea, lo accetta, contro Zagabria
invece, il confronto sfocia in una guerra vera e propria (con migliaia di
morti) anche per la presenza nel Paese di consistenti minoranze etniche serbe,
localizzate vieppiù nella KRAJINE e nella
SLAVONIA orientale .
La
GERMANIA - sponsor occulto ma non troppo dei due nuovi Stati - li riconosce
(23 dicembre 1991) come pure il VATICANO, per ovvie ragioni confessionali,
compie lo stesso passo.
L’UNIONE
EUROPEA, il 15 gennaio 1992, ufficializza il riconoscimento dei due Stati
sovrani .
La stessa
procedura non si verifica in
BOSNIA-HERZEGOVINA ove, alla proclamazione della indipendenza, a seguito di
referendum, da parte di Aljia Izetbegovic, leader della Etnia mussulmana, ha
inizio l’assedio di SARAJEVO da parte
dei Serbi-bosniaci di Radovan Karadzic nell’ambito di una conflittualità che
coinvolge i Serbo-bosniaci(contrari al referendum) ed i
Croato-mussulmani(favorevoli al referendum).
Il
conflitto si presenta subito in tutta la sua efferatezza con migliaia di morti. Dopo la strage del
pane, il 30 maggio 1992 (16 morti a SARAJEVO) l’ONU impone l’embargo alla
SERBIA e, solo dopo il fallimento delle mediazioni, a seguito del massacro del
mercato (69 morti) ordina una reazione militare della NATO sulle postazioni
serbo-bosniache che assediano la città di SARAJEVO.
I
massacri si susseguono ai massacri. Le distruzioni alle distruzioni con
fatti di inenarrabile ferocia. L’11
luglio 1995 l’enclave di SREBRENICA,
protetta dall’ONU, cade nelle mani del Gen.Mladic (Capo dell’Esercito
serbo di Bosnia) e 8000 mussulmani vengono trucidati.
Il
tribunale dell’AIA incrimina per genocidio Karadzic (Capo dello Stato serbo di
BOSNIA)e Mladic . Intanto ad iniziare dal 4 agosto 1995, una grande offensiva
croata costringe i serbi a lasciare molte zone conquistate in precedenza ed in particolare la SLAVONIA occidentale,
la KRAJINA e la BOSNIA-HERZEGOVINA meridionale.
Il 30 agosto 1995 un nuovo bombardamento a
SARAJEVO costringe la NATO ad un
intervento più deciso: 20 giorni di raid aerei sulle postazioni serbe piegano
Karadzic che toglie l’assedio alla Capitale .
Scatta
così (11 ottobre 1995) il cessate il fuoco ed iniziano i colloqui per un trattato di pace che verrà firmato a DAYTON
il 21.11.1995 tra Izetbegovic, Tudjman , Milosevic - Presidenti delle Repubbliche
di BOSNIA, CROAZIA e SERBIA.
Il 15
dicembre 1995, il Consiglio di
Sicurezza dell’ONU dà mandato alla NATO di intervenire in BOSNIA-HERZEGOVINA
per garantire l’attuazione degli accordi di DAYTON. Si appronta uno strumento
militare (IFOR - Implementation Force =
Forza di attuazione degli Accordi di DAITON) che il 20 dicembre 1995,
con lo slogan “ONE TEAM - ONE MISSION, inizia la più grande operazione della Alleanza Atlantica in EUROPA dalla
fine della 2^ Guerra Mondiale.
Territorio
Confini
La
BOSNIA-HERZEGOVINA confina ad est con la SERBIA, a sud-est con il MONTENEGRO, a
nord e ad ovest con la CROAZIA; un piccolo lembo di territorio si affaccia sul
Mare ADRIATICO (circa 8 Km. di costa) .
Non
esiste confine geografico tra BOSNIA ed HERZEGOVINA; quest’ultima,
territorialmente, si identifica essenzialmente con la Valle della NERETVA, una
profonda spaccatura che collega il centro della regione al Mare ADRIATICO.
Popolazione
La
popolazione è di 4 milioni 354000 abitanti, con una densità di 87 unità per
chilometro quadrato. Di essi : il 43,7%
è di religione mussulmana(bosniaci); il 31,3% di religione
greco-ortodossa(serbi); il 17,3 % è costituito da cattolici(croati); il
rimanente di altre provenienze religiose.
La
capitale SARAJEVO ha circa 550mila abitanti . Altri centri urbani importanti
sono BANJA LUKA (130 mila abitanti), MOSTAR (70 mila abitanti), TUZLA (65 mila
abitanti) e ZENICA (60 mila abitanti).
Terreno
Le caratteristiche morfologiche del terreno individuano tre distinte regioni :
la pianura della Slavina che copre circa il
10% del territorio bosniaco ed include la valle del fiume SAVA (POSAVINA), il
cui corso segna il confine settentrionale del Paese ;
i monti Dinarici occidentali che occupano
circa il 30% del territorio, si estendono per circa 80 Km. ( da nord-ovest a
sud-est) e raggiungono un’altitudine di circa 2000 m. La regione è
caratterizzata dalla presenza di valli profonde, bassopiani fertili ed
altopiani rocciosi e desertici;
i monti Dinarici orientali che occupano il 60%
del territorio. La regione è anch’essa caratterizzata da una successione di
catene montuose e valli con andamento nord-est e sud-ovest.
La
maggior parte dei corsi d’acqua ha un andamento tortuoso a causa dell’asprezza
del terreno. Di essi circa il 70% si gettano nel fiume SAVA, mentre il restante
30% sfocia nel Mar ADRIATICO.
I
fiumi più importanti sono:
- la SAVA, il cui solco segna il confine
croato-bosniaco, con i suoi affluenti UNA, VRBAS e BOSNA;
- la DRINA,
che segna ad est il confine con la SERBIA;
- la NERETVA che scorre nell’HERZEGOVINA occidentale.
Clima
Il
clima è continentale, tipico dell’EUROPA centro-occidentale, con inverni lunghi
e freddi ed estati brevi e calde; inoltre la notevole diversità del territorio
comporta differenze climatiche considerevoli da località a località. Le piogge
sono distribuite in tutto l’arco dell’anno e raggiungono particolare intensità
nei mesi di marzo, giugno e soprattutto ottobre.
I
venti principali che interessano la regione sono: la Bora (vento freddo e secco
) e lo scirocco (vento caldo e umido ); entrambi possono raggiungere e superare
la velocità di 70 / 80 Km/h.
Porti e aeroporti
La
BOSNIA-HERZEGOVINA dispone di 8 Km. di costa sul mare ADRIATICO, sul quale si
affaccia l’abitato di NEUM, piccolo porticciolo turistico che non consente
l’attracco di imbarcazioni di medio e grande dislocamento. Per il traffico
interno, il fiume SAVA costituisce l’unica via d’acqua importante del Paese.
La
BOSNIA-HERZEGOVINA non dispone di capacità autonoma di trasporto aereo. Unico
aeroporto civile è quello di SARAJEVO;
altri aeroporti sono dislocati a BANJA LUKA, TUZLA , GLAMO E CAZIN. .
Economia
L’economia
è quella tipica dei Paesi balcanici,
scarsamente produttiva e condizionata
dalla situazione politica interna, caratterizzata da contrasti interni e
differenze etniche e confessionali .
L’agricoltura è nel complesso poco
redditizia, anche per la grande frammentazione della proprietà fondiaria .
Nelle
valli e nelle pianure settentrionali si coltivano cereali (mais, frumento,
orzo, avena ). Rilevanti sono le
attività pastorali e lo sfruttamento delle risorse forestali (29% del
territorio).
Le
risorse minerarie comprendono : carbone, lignite ( ZENIKA, KAKANJ, BANOVICI ),
bauxite ( MOSTAR, JAJCE, BSANSKA, KRUPA), oro, amianto, salgemma, minerali di
ferro (LJUBIJA, VARES), rame (GORNIJ VAKUF), piombo e zinco .
Le
industrie sono attive nei comparti siderurgico (ZENICA, VARES), metallurgico
(TRAVNIK) meccanico , elettronico e del legno (SARAJEVO, BANJA LUKA), della
carta (VARES) del cemento , tessile , chimico (TUZLA) e alimentare (BRCKO) .
In
BOSNIA-HERZEGOVINA, alla vigilia dello scoppio del conflitto, operavano più di
200 grandi industrie (per lo più nel settore del legno, tessile e della metallurgia
) e centinaia di piccole aziende; strutture queste che davano lavoro a un
milione e centomila persone .
Come
conseguenza dei quattro anni di guerra civile, si è abbattuto sul sistema
produttivo - non certo da paese industrializzato - un disastro economico da
30mila miliardi (stime della Banca mondiale) .
Da un
breve excursus nei principali settori, è possibile rilevare l’ammontare dei
danni ed in particolare :
·
4 miliardi e 400 milioni di dollari al patrimonio
alloggiativo per l’incendio di 474 villaggi, 477mila case danneggiate e 140
mila distrutte;
·
668 milioni di dollari al sistema idrico ;
·
1
miliardo e 600 milioni di dollari a
quello energetico ;
·
1 miliardo e 900 milioni di dollari alle telecomunicazioni ;
·
3 miliardi di dollari
alla agricoltura ;
·
8 miliardi e 500 milioni di dollari alla industria. Gli impianti industriali
sono stati in gran parte distrutti , oppure depredati dalle Fazioni prima del
loro ritiro, come peraltro è
avvenuto nella zona industriale di SARAJEVO (VOGOSCA).
·
2 miliardi e 300 milioni di dollari alle strutture culturali
e sportive .
Sono
queste le cifre della devastazione provocata da più di tre anni di guerra fratricida; solo dopo - e chissà se in tutta la sua interezza - i belligeranti hanno capito l’immane dramma che hanno fatto
vivere al loro Paese.
La guerra
ha inoltre provocato una enorme perdita di risorse professionali; infatti
almeno diecimila esperti nei vari settori economici e produttivi sono morti o hanno lasciato la BOSNIA-HERZEGOVINA, mentre difficilissima
resta la situazione per quelli che sono rimasti, essenzialmente per mancanza di
posti di lavoro.
La
precarietà della situazione, all’indomani della fine della guerra, è
rappresentata dalla entità dei salari
medi : nella Federazione croato – mussulmana, è di circa 175 marchi al mese
mentre nella Repubblica srpska è ancora
inferiore (circa 50 marchi) anche se in territorio serbo - bosniaco il costo
della vita è nettamente inferiore a quello del resto della BOSNIA.
NOTE OPERATIVE SUL
CONFLITTO DAL 1991 -AL 1995
Premessa
Già
dall’estate 1991, durante la guerra in CROAZIA, si intravedono i primi presagi
di qualcosa di molto drammatico che di lì a poco si sarebbe verificato nella
Socijalisticka Republika Bosna i Hercegovina (BiH).
Nel
Paese operano quattro partiti politici: il Partito di Azione Democratica-SDA
(mussulmano), il Partito Democratico Serbo-SDS (serbo), la Comunità Democratica
Croata-HDZ (croato) e gli ex comunisti.
Tutti
i partiti - escluso l’SDS, fautore della adesione alla Grande Serbia, voluta
dal leader serbo Milosevic - sono favorevoli al referendum per l’indipendenza
della BOSNIA-HERZEGOVINA ed è ormai certa la vittoria dei sostenitori della
indipendenza del Paese. Ciò comporta un continuo deterioramento dei rapporti
tra le Fazioni al punto tale che queste iniziano ad armarsi in previsione di
una sempre più probabile guerra partigiana. Intanto l’Esercito Jugoslavo (JNA)
- solo formalmente federale, in quanto i Serbi ne hanno assunto sempre di più
il controllo - provvede , tra l’altro, a ritirare tutte le armi della Difesa Territoriale
(TO), un autentico arsenale che, ancorchè obsoleto, costituirà per i serbi
un importante elemento di forza nelle
condotta delle operazioni belliche.
Inizia
così tutto un lavoro di preparazione: l’SDS organizza le proprie milizie con
l’appoggio dei propri membri nell’ambito della JNA; di conseguenza anche i
croati costituiscono il Consiglio di Difesa (HVO) ed i mussulmani,seppur
lentamente e con mezzi molto scarsi, danno vita alla Lega Patriottica (LP). Anche se
le ostilità su tutto il territorio esplodono dopo il referendum, in
realtà già alcuni mesi prima si verificano i primi scontri in HERZEGOVINA ed in
aree a sud del fiume SAVA, mentre SARAJEVO viene bloccata dalle barricate,
nonostante le Nazioni Unite effettuino i primi timidi tentativi di spegnere i
focolai di lotta, questi si moltiplicano in tutto il Paese .
I
Serbi, tramite la Vojska Republike Srpske, assumono il controllo delle aree in
cui sono in maggioranza ed in particolare a BANJA LUKA, HERZEGOVINA occidentale
ed in alcune zone lungo il confine con la SERBIA .
I Croati , appoggiati da ZAGABRIA, tengono
con le loro milizie la HERZEGOVINA occidentale ed alcune aree a sud del fiume
SAVA (saliente di DERVENTA).
I
Mussulmani , con le forze governative (Teritorijalna Obraba) inizialmente e con
la Armija HB dopo, riescono a mantenere il controllo delle aree di BIHAC, di
ZENICA, di TUZLA, di alcuni settori di
SARAJEVO e di alcune zone lungo il fiume DRINA.
A
rendere ancora più devastante e “sporca” la guerra civile in BOSNIA-HERZEGOVINA
- oltre agli odi atavici delle popolazioni della ex JUGOSLAVIA - concorrono
anche taluni fattori; di questi due i più importanti: la concezione della
guerra presso quelle popolazioni e la presenza di fabbriche ed opifici bellici
accessibili a tutti.
La popolazione,
per circa mezzo secolo, è stata
addestrata alla “guerra totale”, cioè tutti debbono tenersi operativamente
pronti a combattere un eventuale nemico e/o invasore, tra l’altro detenendo in
casa armi e munizioni.
Sul
territorio bosniaco incide tutta una serie di fabbriche di materiali bellici,
le più importanti della Federazione Jugoslava: la Soko di MOSTAR (velivoli) ;
la Brastvo di NOVI TRAVNIK(cannoni); la Pretis, la Famos e la Zrak di SARAJEVO
(armi, veicoli, ottiche) ; la fabbrica di bombe di BUGOJNO; quella di mine di
GORADZE, quella di esplosivi di VITEZ
nonché quella di motori aeronautici di BANJA LUKA.
A
completare il quadro delle installazioni militari, l’aeroporto militare di
BIHAC con ben 5 piste di volo, la possibilità di ricoverare in caverna fino a
50 velivoli ed assicurare nel contempo un valido supporto logistico.
La
guerra che ne scaturisce è una guerra “sporca”: eccidi di massa, massacri e
stupri nelle forme più aberranti; è un
conflitto nel quale ogni norma, ogni convenzione ed i più elementari diritti
umani e morali vengono volutamente ignorati. Viene attuata “ la pulizia etnica”
che colpisce, senza pietà,
essenzialmente la popolazione civile in tutte le aree a connotazione
multi etnica cioè quelle aree , e sono
tantissime , in cui non vi è una
precisa e ben determinata separazione etnica ma ove convivono in diversa
percentuale più etnie ed è soccombente
quella minoritaria.
Pur in
possesso della maggioranza di mezzi bellici in dotazione alla JNA, i Serbi non
sono in grado di esprimere al meglio le loro potenzialità in quanto molte aree
già acquisite da essi risultano tra loro separate da altre a maggioranza
croato-mussulmana, specialmente a nord di TUZLA; si pone quindi il problema di
unificarle. Infatti i primi sanguinosi e furibondi combattimenti nel nord della
BOSNIA, hanno lo scopo di aprire a forza, nell’estate del 1992 - all’altezza
dell’abitato di Brcko - un corridoio di circa 4 Km. più noto con il nome di
corridoio della POSAVINA, importantissimo punto strategico, che consentiva un
passaggio tra due aree a maggioranza serba.
Il Conflitto
La
guerra in BOSNIA-HERZEGOVINA ha visto contrapposti non soltanto strumenti
militari regolari ma anche e soprattutto più Fazioni armate in un groviglio di
operazioni,attività terroristiche, episodi cruenti e sconcertanti in teatri
operativi, località più o meno ampie, in tantissime aree frammentate e
circoscritte, per cui è oltremodo difficile descriverne in maniera organica, la
sequenza anche e soprattutto per un continuo e cangiante giuoco di alleanze,
circoscritte nel tempo e nello spazio (Es. L’alleanza croato-mussulmana valida inizialmente nel nord del Paese, non
più valida nel centro-sud).
Infatti
i Croato-mussulmani insieme non
riescono a mantenere il blocco di Banja Luka per evitare l’apertura del
corridoio della Posavina ( Brcko ) da parte della Vjska Republika Srpska ma
resistono alle offensive su altri fronti lungo il fiume Drina nelle aree di
Goradze , Srebrenica , Zepa .
Nel
mese di maggio 1992 , con l’intensificarsi delle operazioni , l’Esercito
Federale (JNA) , abbandonando la Bosnia-Herzegovina , potenzia ulteriormente la
forze serbo-bosniache , lasciando ad esse un cospicuo quantitativo di armi
pesanti.
Intanto
all’inizio del 1993 , esplode nella parte centrale del paese (Herzegovina) il
conflitto tra Croati e Mussulmani ; questi ultimi , ancorchè più numerosi di
numero non riescono ad esprimere una accettabile operatività , non solo per
scarsità di armamenti , ma anche e soprattutto per l’inadeguatezza del supporto
logistico dovuto essenzialmente al deficitario sistema di rifornimenti per la
totale mancanza di strutture portuali ed aeroportuali.
Della
situazione conflittuale tra le due suddette fazioni , traggono enormi vantaggi
i Serbo-bosniaci che isolano nuovamente le tre enclavi mussulmane di Goradze ,
Srebrenica e Zepa , conquistando nel contempo importantissime posizioni a
sud-ovest della città di Sarajevo , isolandola dal resto del Paese .
Un
solo passaggio la collega al “ mondo
libero “ : un tunnel di 870 metri[1]
, scavato sotto l’aeroporto , tenuto dai Caschi Blu dell’ONU (contingente
francese) che da Dobrinja
,quartiere di Sarajevo , raggiunge la
località di Butimir . La struttura , realizzata dai bosniaci - tenuta costantemente sotto tiro dai
cecchini serbo-bosniaci -.è alta non più di 1.5 metri e larga altrettanto ed è
composta da due bracci : uno per il transito del personale (militare e civile)
e l’altro dei materiali di rifornimento che vengono portati a spalla e non
devono superare il peso di 40/50 Kg..
All’ingresso
e all’uscita sono ubicati posti di controllo di polizia che provvede alla
identificazione/controllo del personale e dei carichi trasportati e nel
contempo impedisce l’esodo da Sarajevo ; in effetto , ancora oggi , i bosniaci
, non senza un certo orgoglio , affermano che il traffico era molto più intenso
in entrata nella città di Sarajevo che
non in uscita dalla stessa .
In
alcuni punti il tunnel corre ad una profondità di 3/5 metri sotto il piano del
terreno e lungo i suoi fianchi sono posizionati cavi telefonici ed elettrici
anche ad alta tensione per illuminare le strutture di vitale importanza per i
cittadini quali ospedali, opifici , organismi pubblici etc.; inoltre un
condotto di carburante assicura il rifornimento agli automezzi indispensabili
ai servizi pubblici della città . Completa la funzionalità del manufatto una
serie di pompe idrovore disposte lungo il tragitto per il pompaggio dell’acqua
che si deposita sul fondo per effetto della umidità dell’aria all’interno
(.circa il 90% ) dovuta alla condensa , creatasi per un sensibile sbalzo di temperatura specialmente nel
periodo invernale di circa 25 gradi (+15°
all’interno , -10° all’esterno
).Inoltre l’installazione di un binario lungo l’intero percorso , consente il
montaggio di apposite sedie scorrevoli , sulle quali vengono trasportate a spinta Autorità e persone non in condizioni
di camminare o comunque di non potersi muovere curve , data l’altezza ridotta
del tunnel..
Tale
passaggio assume una importanza decisiva per la tenuta del monte Igman - altura
a sud-ovest di Sarajevo - in quanto consente
il ricambio di forze ed i rifornimenti
alle truppe schierate nell’area , pur con molti e gravi disagi per le
condizioni ambientali e climatiche .
[1] Il giorno 22 giugno 1996 , unico Comandate di Contingente IFOR - accompagnato dal Col.Pelko Asad-Brzi(considerato un eroe nazionale) della Armja Bosniaca , ho visitato il tunnel.