LA MINACCIA A FRONTE DEI RECENTI AVVENIMENTI: QUALI INTERVENTI PER FRONTEGGIARLA?

 

 

 

1.PREMESSA

 

Viviamo un periodo storico di radicali, rapidi ed epocali mutamenti del quadro geo - politico che si succedono a brevissimi intervalli d’anni. Essi hanno ingenerato a livello mondiale una situazione particolarmente difficile, complessa ad altissimo rischio per l’intera umanità. Non sono un seguace né un estimatore di Cassandra ma qualche volta bisogna pure darle ragione.

Di pari passo con la crescente  globalizzazione della politica, dell’economia, dell’informazione della comunicazione e dell’aspetto sociale, si sono stabilite nuove condizioni geo-strategiche che hanno portato al superamento del concetto di Difesa e Sicurezza statica, focalizzata alle sole esigenze nazionali per riconfigurarne un altro di Difesa e Sicurezza comune, dinamica, proiettata in un contesto planeterio di crisi politiche, sociali, economiche e di conflitti armati suscettibili di spiralizzazione.

 

2.QUADRO GEO - POLITICO

 

E pensare che all’indomani della caduta del muro di Berlino (1989) e della conseguente frantumazione del Blocchi monolitici contrapposti, una serie diversificata di situazioni internazionali si è succeduta in tempi brevissimi. Inizialmente si è gridato – per lo più nel mondo occidentale – alla scomparsa del nemico, inteso nell’accezione più comune del termine e quindi al possibile instaurarsi di una PAX MUNDI, che avrebbe comportato una revisione in senso riduttivo degli strumenti militari di per sé costosissimi e dispendiosissimi.

Ma lo scoppio della Guerra del Golfo, con l’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq, ci ha riportato bruscamente alla cruda realtà, ponendo pesanti remore sull’ottimistica visione del nuovo ordine mondiale. Ha concorso a rendere più difficile la situazione, lo sgretolamento dell’URSS ed il collasso interno della Russia che ha vanificato la costituzione di un asse preferenziale USA – Russia che avrebbe potuto scoraggiare e scongiurare il sorgere di crisi e sovvertimenti dell’ordine e diritto internazionale. sull’ordine e la pace del mondo. Ma anche questa concezione, per taluni aspetti ottimistica, non ha avuto reale riscontro a seguito del collasso interno che ha interessato la Russia e dell’inopportunità di affidare ad una sola grande potenza l’incombenza di vigilare sull’ordine e la pace nel mondo. E’ venuta così ad  instaurarsi una nuova stagione pregna d’incertezze, di rischi, di crisi, di tensioni di varia natura che hanno postulato risorse, attenzione, impegno operativo e morale maggiori di quelli richiesti in precedenza, durante la guerra fredda. Di recente abbiamo vissuto, e ne sono ancora vivi gli strascichi, un periodo di disordine, anarchia internazionale, caratterizzato dallo scoppio di conflitti interni, etnici ed identitari (Kosovo), dall’insorgere di nazionalismi (Bosnia-Herzegovina, Macedonia), dal collasso di strutture interne (Albania); e questo a noi molto vicino. A tutto ciò  si aggiunge la mai estinta conflittualità in Medio-Oriente tra ebrei e palestinesi che giornalmente, attraverso una continua escalation di atti terroristici  d’inenarrabile efferatezza, bilanciati da altrettanto cruente rappresaglie e ritorsioni, si avvia a sfociare in una guerra vera e propria nell’Area.

 

3. SCENARI DI GUERRA

 

Su questi scenari ad altissimo rischio per la pace nel mondo, si innesta il fenomeno del terrorismo; fenomeno non certo nuovo ma mai di cotanta dimensione e di altrettanto coinvolgimento.

Il problema della Difesa e Sicurezza, ora più che mai, si è trasformato in una “specie di investimento” per la stabilità e l’instaurazione di un nuovo ordine mondiale duraturo che debelli il terrorismo e riaffermi la democrazia, la giustizia, il rispetto dei diritti umani e la pace.E’ un problema, per dirla con gli esperti di geo-politica, che  da “unidirezionale e monodimensionale” si è trasformato in “multidirezionale e polidimensionale”.

La penuria di tempo a disposizione non mi consente di approfondire la minaccia nelle sue varie forme, per cui ritengo di dover focalizzare la trattazione su quella più incombente, a più elevato rischio e che interessa e coinvolge soprattutto l’Occidente nei suoi molteplici risvolti e postula nel contemplo valide e tempestive risposte: il terrorismo.

a.Il terrorismo

Il proditorio attacco alle Twin Towers ed al Pentagono e, per l’eroismo di pochi, non anche alla Casa Bianca, è di ancora negli occhi tutti. Esso costituisce, a tutti gli effetti una forma di guerra, ancorché non nuova,  ma senza dubbio mai di tali dimensioni. La dimensione l’ha resa - a tutti gli effetti – un atto di guerra  non solo contro gli USA e l’Occidente ma contro la stessa umanità. Sembrava una Fiction  e tale ogni uomo di buona volontà sperava che fosse. In realtà il crollo delle due Torri e di parte del Pentagono hanno inghiottito migliaia di uomini e donne innocenti, la cui unica colpa è stata  quella di essere puntuali sul posto di lavoro. Immagini raccapriccianti di un nuovo scenario di guerra: il Terrorismo.

Ritengo necessario sgombrare subito il campo di eventuali equivoci soprattutto per individuarne le cause ed eventuali interventi per eliminarlo.

E’ oltremodo errato associare il terrorismo dei Palestinesi a quello che ha colpito  New York e Washington anche se nella forma sussistono analogie.

Il primo è un tipo di terrorismo locale, artigianale che si fonda sul consenso popolare, nasce dall’intifada sottoproletaria, nel mito di una guerra continua, asimmetrica di bassa intensità: giovani palestinesi si imbottiscono di tritolo e si fanno saltare in un affollato supermercato di Israele per ottenere, in estrema sintesi, concessioni per la creazione di uno Stato nazionale palestinese ove vivere ed operare. D’altronde anche la presenza di sparuti gruppi di coloni estremisti ebrei, impiantatisi più o meno forzatamente in territori interamente abitati da arabi palestinesi non facilita la soluzione dell’annoso problema anzi la complica maledettamente. E’ quindi un motivo  reale, chiaro e postula interventi altrettanto chiari e reali, almeno nella versione condivisa dai più.

 Io personalmente ritengo che il fine ultimo del mondo arabo in generale e dei Palestinesi in particolare sia la distruzione completa dello Stato ebraico; la riprova sta nel fatto che ogni qualvolta si cerca di risolvere l’annosa questione, gli estremisti  intensificano la loro attività terroristica.

Il secondo è un terrorismo a carattere globale, “militarizzato”, internazionale, basato su un’organizzazione dotata di grandi risorse finanziarie, tecnologiche ed umane.

 

b.Risorse economiche

Esiste un’imponente organizzazione e ramificazione della rete economica con enormi potenzialità che avrebbe consentito ad Al Qaeda di rastrellare, pure in Italia, da investire ingenti somme di danaro nella pianificazione, studio ed attuazione di attentati. Attualmente vengono reclutati agenti finanziari in vari Paesi per raccogliere valuta pregiata, scambiarla attraverso Istituti di Credito transnazionali ed aprire diverse attività.Tutto ciò ha purtroppo trovato inquietante conferma e fondatezza dell’allarme lanciato dalla Casa Bianca. Investigatori di mezzo mondo stanno dando la caccia alle Centrali del terrore che sostengono gli integralismi islamici agli ordini di Osama  Bin Laden. Montagne di documenti sequestrati hanno dimostrato inequivocabilmente come anche le rimesse di immigrati islamici ai parenti rimasti in Patria, in moltissimi casi sono sospette. L’Italia sembra al centro di un’inchiesta anche per la foltissima comunità somala presente nel territorio nazionale. In queste attività finanziarie, finalizzate a supportare le attività terroristiche, un ruolo fondamentale viene svolto dal più importante conglomerato economico- finanziario della Somalia: “Al Barakaat” che lavora come una multinazionale e che da tempo ha preso il posto dello Stato centrale da tempo liquefatto. Ad essa sono collegate tantissime Società di Stati europei ed americani.

 

c.Risorse Umane

L’attività terroristica è condotta da Nuclei operativi ed è supportata da basi logistiche dislocate in tutto il mondo, capaci di pianificare ed effettuare operazioni complesse ed articolate nel tempo e nello spazio, finalizzata alla distruzione del nemico sia esso americano, sia esso il mondo occidentale.

Osama  bin Laden non ha bisogno di portaerei e di B-52 per combattere. I suoi soldati, fedeli fino alla morte, sono ovunque e la sua organizzazione è veramente globale. I militanti “in sonno” escono dal loro letargo e colpiscono in base ad ordini prestabiliti.

L’analisi dei responsabili dell’antiterrorismo è impietosa e sconcertante. Il prossimo attentato può avvenire in qualsiasi momento, ovunque e con qualsiasi mezzo. Ad iniziare dall’Europa. Lo dimostrano tre attacchi sventati di recente: il più clamoroso quello della ambasciata USA a Parigi, organizzato e condotto da un affiliato di Al Qaeda. Nel Nord Europa.le vie del terrore si dividono. Una punta verso Est nei Paesi ex comunisti, territori di rifugio e appoggio per i fondamentalisti. Nelle città ricche (Praga) fanno affari, in quelle povere (Tirana) creano rifugi. L’asse Albania – Kosovo – Bosnia costituisce una delle rotte dei Mujaheddin, coperti dalle immancabili NGOs.Conferma avuta di recente con l’arresto di quattro sospetti a Sarajevo.

L’altra, usando l’aeroporto di Amsterdam, conduce gli uomini di Al Qaeda in Sud America; qui in una città senza legge (Ciudad del Este) al confine con il Paraguai, Argentina e Brasile abitano migliaia di mediorientali, coinvolte in traffici più strani. Qui è possibile trovare seguaci di Bin Laden, attivisti di Hamas, egiziani della Jihad ed alti dirigenti Hezbollah. Tutti questi, uniti a Campesitos, ex Montoneros di estrema sinistra e guerriglieri arabi, costituiscono una miscela incredibile.

Risalendo il Continente sudamericano raggiungono Ecuador, Bolivia, Venezuela, Panama e l’isola Margarita.Corruzione e complicità locali agevolano la missione degli attentatori. Traffici di droga e pietre preziose con l’Olanda assicurano la copertura delle spese. Anche negli USA, nonostante la caccia all’uomo, i seguaci di Osama Bin Laden hanno ancora la forza di mordere forse non più con azioni eclatanti, ma in grado di diffondere il terrore. L’FBI per ora ha scoperto solo gregari. I terroristi continuano ad usare il Canada come snodo per infiltrarsi negli USA.

La trama continua in Medio Oriente, la regione dove Osama è un simbolo.

Dallo Yemen è facilissimo raggiungere la Somalia, indicato come un possibile rifugio di Bin Laden. L’Africa è terra di conquista per la Jihad islamica: nel 1998 i terroristi hanno distrutto due ambasciate americane.Altri soldati di Osama, in Africa Occidentale si sono mescolati a commercianti libanesi e trattano di tutto dalle armi, agli esplosivi ai diamanti. Molto consistente la presenza dei “soldati” di Bin Laden che hanno ampliato la rete asiatica, partendo dalle Filippine, soggette a scontri interni, hanno raggiunto l’Indonesia, la Malaysia ed il Bangladesh, reclutando nuovi elementi.

L’ultimo fronte è quello più vicino ai rifugi afgani: India e Pakistan sconvolti da attentati e violenze: I separatisti del Kashmir, alleati di Bin Laden, hanno, di frequente, lanciato i loro Kamikaze facendo strage tra innocenti. Il più recente (13 dic.2001) l’attacco al Parlamento indiano in piena attività: cinque uomini armati di pistole e granate hanno fatto irruzione nel Palazzo creando terrore e morte. Sul pavimento sono rimasti 12 morti e molti feriti. Ma il massacro poteva assumere ben altre dimensioni per la presenza tra i terroristi di un uomo, imbottito di esplosivo, che è diventato una bomba umana innescata dalle pallottole della polizia. Le modalità e l’obiettivo portano a ritenere che l’attentato terroristico è da attribuire ai separatisti islamici del Kashmir, legati a Bin Laden.  E’ questo in sintesi il quadro terribile che si pone dinnanzi alla intera umanità

 

d.Terrorismo NBC

Direttamente connessa con il terrorismo globale la minaccia Nucleare,Biologica e Chimica.

Minaccia nucleare: è un incubo pensare che quanto da tempo Al Qaeda cercava è già in suo possesso; fonti di intelligence non lo escludono.Già nel 1993, secondo una testimonianza di un ex appartenente ad Al Qaeda, la rete di Osama Bin Laden è venuta in possesso a Khartum di una partita di uranio 235. Nel 1998 in Turchia la polizia ha sequestrato 4Kg. e ½ di uranio arricchito ed ha arrestato nove uomini.Nel 1999 alcune persone sono state  arrestate mentre cercano di vendere un quantitativo imprecisato che cercavano di trattare un quantitativo di materiale nucleare.Molti altri casi di sequestro si sono verificati in Francia, Germania e Repubblica Ceka. di plutonio in Kirgizistan.Nel 2001 sono stati trovati in un albergo in Georgia 3 Kg. di uranio arricchito mentre qualche mese fa a Sarajevo sono stati arrestati da Forze della SFOR quattro mussulmani

Ma il fatto più eclatante è avvenuto nella primavera del 1998 in Italia. Otto barre di 40g.di uranio 235 e di 150g. di uranio 238, di 90 cm. di lunghezza, scomparse nello Zaire, ricompaiono a Roma in possesso di una banda di malavitosi. Una operazione, condotta dalla G.di F. porta alla cattura dei delinquenti ed al sequestro di una sola barra di uranio le altre sette sono sparite nel nulla.

 E’ interessante conoscere come può essere impiegato tale materiale.Con esso possono essere prodotte, in maniera artigianale ed in tempi brevissimi (1/2 ora),le “dirty bomb” (bombe sporche). La barra di uranio viene applicata ad un esplosivo convenzionale comune (plastico, tritolo, polvere da cava, bombola di gas) che funge da detonatore; l’esplosione del detonatore innesca un processo di reazione fissile nella barra che libera un certo quantitativo di radiazioni alfa, beta,gamma, contaminando intorno ad un’area di 1kmq. per un periodo di 100 anni.

 

Minaccia biologica : e’ portata da armi di distruzione di massa molto pericolose ma di difficile gestione perché occorrono tecniche molto avanzate. Si basano su virus, batteri, spore, tossine che causano malattie infettive mortali quali l’antrace, il vaiolo, il botulino, la peste. Un esempio: l’attacco bio-terroristico all’ antrace ha prodotto non solo negli USA effetti sconcertanti anche se in effetti nei casi di contaggio uno solo è stato mortale.Oltre a USA, Russia e Cina producono armi biologiche anche molti paesi arabi.

Minaccia chimica:è essenzialmente riferita a sostanze allo stato gassoso. Sono i gas nervini che colpiscono il sistema nervoso, bloccando la respirazione; i gas asfissianti; i gas vescicanti che distruggono la pelle ed i gas che bloccano la circolazione sanguigna. Nel 1997 la Chemical Weapons Convention (CWC) ne ha proposto la eliminazione ma molti paesi arabi non hanno aderito. La notizia del possesso da parte dei talebani di simili sostanze si è avuta con la cattura di un libico seguace di Bin Laden , addestrato nei campi afghani all’impiego di esplosivi e di “liquidi che soffocano le persone”. Una conferma si è avuta nell’ ultimo articolo di Maria Grazia Cutuli che ha visto con i propri occhi,in una base di Al Qaeda una scatola di provette con su scritto “Sarin”, un veleno usato in Giappone dai terroristi.

 

e.Narco terrorismo

Un discorso a parte meritano alcune attività illegali strettamente connesse con il terrorismo che - oltre a portare nelle casse di Al Qaeda fiumi di denaro – ingenerano tantissime remore di carattere morale. Mi riferisco al traffico di droga e di armi ed al riciclaggio di denaro sporco. Tralascio le ultime ed accenno rapidamente al  problema della droga.

L’Afghanistan produce il 79% della droga che circola nel mondo e di questa il 96% è controllata dai talebani. L’eroina di Bin Laden continua a rovesciarsi nella grandi città dell’occidente, città italiane comprese: dalle valli di Kandahar, attraverso il Kurdistan, la Turchia, la Bulgaria, la Bosnia, l’Austria arriva a Roma ed in tutte le piazze negli principali dell’Europa Occidentale (Milano, Parigi, Londra, Berlino etc.) e USA. Sintomatica l’espressione di Tony Blair: le armi usate dai Talebani sono pagate con la vita dei giovani occidentali che comprano droga nelle nostre strade.

Non è un segreto per nessuno che l’oppio afgano continua a crescere nelle valli di Kandahar, nonostante i bombardamenti che in alcun modo non sono riusciti ad interromperne la produzione  e la raffinazione in eroina  di tipo E4, la più pura sul mercato.Nel periodo del regime dei Talebani, la produzione è notevolmente aumentata (40%), con un guadagno nel 2000 di circa 90 mld.$. In questi ultimi tempi il trasporto e lo smistamento sono cambiati: dai piccoli quantitativi (3\4 Kg.) con grande frequenza si è passati, dopo l’11 settembre a grandi quantitativi con minore frequenza. Una stima, condotta dalla CIA, prevede che siano conservate tuttora nei magazzini più di 3000 ton. di oppio (da 50 kg. di oppio 1 kg. di eroina). Foto satellitari hanno evidenziato una maggiore ripresa della semina di oppio da parte dei contadini afgani, messi in ginocchio da quattro anni di siccità e dai bombardamenti americani.

 

f.Finalità politiche

Le falangi della Jiad di Osama sono in questa immensa retrovia, composta dai popoli mussulmani che va dall’atlantico al pacifico dai territori del maghreb alle foreste del Borneo; è una polveriera di rabbia, di miseria economica, angariata da regimi totalitari a cui il terrorista saudita offre l’elisir della vendetta contro l’occidente sempre più ricco e vincente. Questa di Bin Laden è l’internazionale islamica che non è costituita solo dai terroristi, riuniti nel cartello di Al Qaeda: questi sono solo la miccia, l’esplosivo sono le masse a cui fa balenare il folle proposito di un Califfato planetario, fondato sulla Sharia  e l’ordine divino.Questo Califfato (stato islamico), inizialmente, comprenderebbe di fatto un vasto territorio che include le principali aree petrolifere mondiali: la penisola arabica, l’Iran, l’Iraq la Siria con una proiezione, attraverso il Pakistan e l’Afghanistan, verso i Paesi dell’Asia ex sovietica, abitati da mussulmani e in cui sono state trovate ingenti quantità di greggio. Per questo Bin Laden fa conto su tre fattori: la forza religiosa dell’Islam, la forza economica del petrolio e la forza militare del Pakistan, paese che dispone di armi atomiche. Ma con queste considerazioni, frutto dei proclami del terrorista saudita, rischiamo di innescare un processo che porterebbe ad uno scontro apocalittico.

 

g.Considerazioni

In sintesi sono scenari sconcertanti prodotti da una organizzazione dotata di grandi risorse finanziarie, tecnologiche ed umane, correlata ad interessi economici legali (esportazione di petrolio,produzione di armamenti ed operazioni finanziarie) ed illegali (traffico di droga e di armi e riciclaggio di denaro sporco). E’ una organizzazione capillarmente estesa nel mondo che gode di complicità dirette ed indirette, consapevoli ed inconsapevoli. Per tutte queste ragioni, nonché per obiettive difficoltà politiche, diplomatiche e militari, la guerra al terrorismo mondiale è maledettamente difficile da concepire, organizzare e condurre.

L’assenza di un nemico schierato sul campo, rende gli obiettivi della ritorsione scarsamente identificabili ed una volta identificati sono sfuggenti. E’ necessario operare con cura, scrupolo e professionalità per evitare di coinvolgere masse di innocenti, anche se è impossibile escludere “a priori” che ciò possa avvenire. Si è facili Cassandre nel ritenere che la guerra al terrorismo globale è appena cominciata.

 

4.IL TERRORISMO E IL DIRITTO INTERNAZIONALE

 

a. Norme generali

Le relazioni tra gli Stati, come lor Signori sanno, sono regolate dalla Carta delle Nazioni Unite (1945). L’obiettivo della Carta è quello di garantire il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale (art.1). Questo principio viene ulteriormente ribadito (art.2,par.IV) dal divieto al ricorso alla minaccia ed all’uso della forza sia contro l’integrità territoriale che l’indipendenza di qualsiasi Stato.

In tema di terrorismo le N.U. hanno già adottato 12 Convenzioni settoriali. Sia l’Italia che gli USA non hanno ancora ratificato le più recenti: quella contro gli atti terroristici tramite esplosivo el’altra contro il finanziamento del terrorismo.

Nell’ambito delle N.U. dall’11 settembre 2001 il Consiglio di Sicurezza ha espresso la condanna del terrorismo in 3 risoluzioni:

la prima: n.1368 del 12 settembre 2001 definisce il terrorismo una sfida alla pace ed alla sicurezza internazionale;

la seconda: n.1373 del 23 settembre 2001 riafferma la necessità della individuazione e del blocco delle possibili fonti di finanziamento dei gruppi terroristici e delle azioni di fiancheggiamento delle quali potrebbero beneficiare nonché del rafforzamento delle normative nazionali contro il terrorismo (politica di immigrazione, pericoli di infiltrazioni terroristiche ed altro). La risoluzione, tra l’altro, istituisce (art.6) il Comitato contro il terrorismo (CTC) con il compito di vigilare sull’attuazione delle misure fissate dal Consiglio di Sicurezza al quale evidenzia eventuali inadempienze, raccomandando nel contempo l’imposizione di misure restrittive e coercitive.

la terza:n.1377 del 12 novembre 2001 sottolinea la gravità della minaccia terroristica, ne conferma la condanna ed incoraggia l’adesione degli Stati alle convenzioni ONU contro il terrorismo.

Sono queste risoluzioni alquanto generiche, anche perché nella Carta delle Nazioni, unitamente ai divieti all’uso della forza sono fissate le eccezioni a tali divieti. Primo tra tutti: la legittima difesa.

La legittima difesa è espressamente prevista all’art.51 il quale prescrive che nessuna disposizione della Carta stessa pregiudica il diritto naturale di autodifesa individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un membro delle Nazioni Unite fino a quando il C.di S. non abbia deciso le misure necessarie per mantenere la pace. L’attacco armato va inteso contro beni raffiguranti la sovranità di uno Stato quali : il territorio, truppe legittimamente stanziate all’estero, navi o aerei militari ed altro.

La reazione in legittima difesa (definita esplicitamente dall’art.51 e disposta dall’art.2,IV), deve essere esercitata nei limiti posti dai criteri della necessità e della proporzionalità, ai quali si è aggiunto recentemente anche quello della immediatezza.

 

b. Intervento in Afghanistan

L’attacco armato (reazione in legittima difesa) può essere compiuto non solo mediante l’impiego delle Forze Armate di uno Stato, ma anche mediante gruppi armati non inquadrabili nell’organizzazione politico- militare dello Stato, ma agenti le sue direttive.

I bombardamenti e gli interventi di truppe di terra anglo- americani, in reazione all’attacco dei terroristi contro i simboli della economia e della potenza militare americana, potrebbero essere considerati come legittima difesa e quindi uso legittimo della forza armata: certezza nel mondo occidentale, molti dubbi invece nel pianeta pacifista ed anti-americano.

Ai cori favorevoli all’intervento – peraltro mai condannato dalle Nazioni Unite – anche il portavoce del Vaticano Joaquin Navarro-Valls che ha dichiarato:” se qualcuno ha fatto un grande danno alla società e c’è il pericolo che colpisca ancora se resta libero, si ha il diritto di ricorrere all’autodifesa per la società che si guida, anche se i mezzi scelti fossero aggressivi”.

I contrari all’intervento eccepiscono che la reazione americana, per poter essere considerata legittima difesa, sarebbe dovuta essere immediata. Il lasso di tempo intercorso tra l’attacco terroristico e l’inizio dei bombardamenti hanno consentito agli USA di svolgere una serie di attività sia in ambito NATO che in ambito ONU; proprio da parte di quest’ultimo doveva essere predisposta una reazione collettiva, peraltro prevista dalla Carta delle NU.

 

c. Corrispondenza tra autori dell’attacco terroristico e destinatari della reazione

La reazione ad un attacco armato può qualificarsi come legittima difesa solamente quando è rivolta contro gli autori dell’attacco stesso. Gli USA, fin dai primissimi giorni dopo l’attentato a NY ed a Washington, hanno individuato nell’Organizzazione Al Qaeda di Osama bin Laden, l’ideatrice e mandante degli attacchi terroristici. Sicchè il Segretario di Stato USA Colin Powel ha ritenuto necessario stabilire subito un nesso di casualità tra l’attacco terroristico dell’11 settembre 2001 e la eventuale reazione contro l’Afghanistan, dichiarando il 15 settembre 2001: ”per decidere la nostra risposta terremo conto non solo di chi compie gli attentati ma anche di chi fornisce appoggio finanziario e di altro tipo” ed aggiungendo, tra l’altro, che i governi saranno ritenuti responsabili se si scoprirà che hanno fornito appoggio a gruppi terroristici che attaccano la civiltà.

Ovviamente questo nesso non viene considerato valido da quanti hanno condannato la reazione USA; essi infatti considerano Osama bin Laden, capo di un ordinamento parallelo a quello statuale afgano, retto dal Mullah Omar e dotato di leggi solo in parte coincidenti con quelle del regime dei Talebani, ma economicamente e militarmente indipendente. Per questi la reazione americana costituisce dunque un autentico atto di rappresaglia e non legittima difesa; rappresaglia per loro anche illegittima nel sistema di diritto internazionale, se non nei casi, peraltro limitati previsti dallo “ius in bello” relativo alla disciplina delle ostilità tra belligeranti.

Né il ricorso al concetto di ”guerra umanitaria”, per i dissidenti, riesce a ridare legittimità all’intervento in Afghanistan, che sembra non avere alcuna base giuridica nell’ordinamento internazionale al di fuori del caso previsto dall’art. 23 della IV Convenzione di Ginevra (1949) che prevede azioni di soccorso in favore della popolazione civile con il consenso dello Stato che controlla il territorio in cui si trova la popolazione abbisognevole di soccorso.

In conclusione, nonostante le voci di dissenso – ripeto – l’ONU non ha mai condannato la reazione anglo-americana, anzi attraverso una dichiarazione alla stampa del Presidente del Consiglio di Sicurezza (8 ottobre 2001), ha preso atto delle lettere inviate dagli USA e dal UK, conformemente a quanto previsto dalla Carta delle NU, con le quali dichiarano che le azioni sono state adottate sulla base del diritto naturale alla legittima difesa individuale o collettiva come conseguenza degli attacchi terroristici negli USA dell’11 settembre 2001. La scelta è stata l’unica percorribile, una scelta forte perché il terrorismo internazionale si può sconfiggere coniugando una decisa ed efficace risposta militare con una intelligente ed equilibrata risposta politica.

 

4.FORME DI INTERVENTO

 

Sempre per sgomberare il campo da equivoci e per il clima di sana discussione che anima questo nostro incontro, personalmente considero inevitabile la guerra che americani ed inglesi hanno condotto e stanno conducendo in Afghanistan. A differenza di quanti la considerano inutile, “non sono in grado per ora di giudicarne l’efficacia, per la semplice ragione che si tratta di una guerra in gran parte coperta” e dei cui effetti, ai fini della lotta al terrorismo, possono parlare solo coloro che la conducono e la subiscono.

Però mi limito a ripetere che se i Talebani avessero consegnato agli americani Bin Laden, la guerra non ci sarebbe stata o quanto meno condotta in maniera diversa. Ma prima di entrare nel merito degli interventi, vorrei soffermarmi su  un evento, non credo molto noto.

La guerra al terrorismo, scatenata dal presidente Bush è incominciata in realtà prima, molto prima. Fu Clinton a vararla subito dopo gli attentati alle ambasciate USA in Kenia e Tanzania nel 1998. Solo un ristrettissimo gruppo “small group”(George, Sandy, Bill, Madeleine ed un paio di generali del pentagono) era  a conoscenza di questa guerra segretissima, condotta senza risparmio di mezzi, materiali, denaro, nel corso della quale la CIA e la NSA (National Security Agency) reclutarono, addestrarono e prezzolarono forze mercenarie in Uzbekistan, Pakistan ed Afghanistan.

 Nella circostanza però Clinton pose due limiti: il primo, non voleva morti tra i militari americani e si doveva colpire a distanza senza “mettere gli stivali sul terreno; il secondo, l’obiettivo era costituito solo da Bin Laden e il suo staff non il regime che li ospitava. L’idea della Casa bianca era quella di riuscire a pizzicare Bin Laden ed i suoi con una salva di missili da crociera - sparati da due sommergibili nucleari in navigazione nell’oceano indiano - durante un trasferimento su un aereo o a seguito di localizzazione della sua base. Ma non avvenne nulla di tutto questo. Meglio fecero i mercenari afgani che in due occasioni ingaggiarono  sparatorie dalle quali lo Sceicco riuscì a sfilarsi. A nulla valse aver posizionato, in luoghi idonei, cimici, apparecchiature costosissime per intercettare le comunicazioni di Al Qaeda. L’operazione fu sospesa quando il Gen. Shelton espresse in maniera concitata tutte le sue perplessità su tali  interventi più simili ad una fiction di Hollywood che un campo di battaglia, chiedendo via libera per una operazione vera su larga scala, ovviamente negata. Infatti, tre anni dopo, hanno dato ragione al Generale. Sono convinto che nell’affrontare un fenomeno di tali dimensioni è necessario operare un distinguo per evitare grandi confusioni: non si può opporre all’intervento armato contro il terrorismo solo una nuova concezione del mondo, la pace, la ricerca della equità, la giustizia.

Sono due problemi distinti: uno è di natura empirica reale, la distruzione e l’annientamento dei terroristi e della loro organizzazione; l’altro è di carattere ideologico di più lungo periodo, perseguendo la pace e la costruzione di un mondo nuovo che postulano la volontà di tanti non sempre disponibili ad operare in tal senso, compresi i popoli più bisognosi.

 Per rispondere ai terroristi che ci hanno tolto la sicurezza, il primo ed unico mezzo è riprendersela con la forza, eliminando i terroristi. E’ chiaro che l’eliminazione del regime dei Talebani che proteggeva Bin Laden, è senza dubbio  un duro colpo inferto al terrorismo e costituisce precedente per quanti altri regimi volessero operare nello stesso modo.

 

a.Soluzioni empiriche in corso

Le grandi manovre di “Enduring Freedom” fin qui condotte hanno richiesto la creazione di un complesso mosaico di attività militari e diplomatiche. Per condurre la guerra in Afghanistan, a 12000 miglia dalla madre patria è stato posto in essere uno strumento militare di gigantesche dimensioni che ha coinvolto 44 Paesi che hanno concesso il diritto di sorvolo; 33  che hanno concesso il permesso di atterraggio e 13 che hanno consentito il deposito di materiali. Operazioni di “Pony express” da record hanno permesso di condurre un enorme volume di fuoco su centinaia e centinaia di obiettivi con i B-52 che hanno scaricato tonnellate e tonnellate di ordigni. Oltre alle Forze aeree ed alle unità di terra, per lo più forze speciali (Rangers, Delta Forces e Marines) hanno operato Unità paramilitari della CIA, entrate per prime in Teatro di operazioni. Si è trattato di una Divisione Attività Speciali (150 uomini), piloti e specialisti già in pensione e richiamati, divisi  in Team di 12 uomini, in possesso di attrezzature e strumentazioni sofisticatissime ( aerei senza pilota con a bordo materiale di altissima tecnologia e missili c/carro). Hanno svolto un lavoro di “intelligence” essenziale per la ricerca dei bersagli per gli aerei e per la conoscenza del terreno per le Forze speciali. Si deve a loro la rapida avanza delle Forze della Alleanza del Nord e delle Tribù del Sud. Le loro operazioni sono coperte da assoluto segreto.

 

b.Soluzioni empiriche nel prossimo futuro

Nel colpire il terrorismo globale, come abbiamo visto, saranno necessari determinazione, coraggio, fantasia (è necessario guardare anche a casa propria) ma anche tanta prudenza. Gli obiettivi devono essere scelti con cura per evitare di colpire innocenti. Nei confronti dei Paesi sospetti di ospitare terroristi e campi di addestramento del terrorismo e/o comunque di dare loro asilo ed assistenza logistica, deve essere esercitata, oltre all’intervento militare se necessario  ed a ragion veduta, una pressione politica ed economica, affinché se ne liberino.

In quanto a Bin Laden ed al Mullah Omar non è più tempo di caccia alle ombre.Se sono riusciti a fuggire in questo sono stati aiutati dalle trattative vere o presunte che i capi afgani hanno detto di condurre con i due fuggitivi. Aver delegato questi personaggi, se da un lato ha ridotto i rischi agli americani, dall’altro non si è mostrato pagante.

Gli uomini della CIA continuino la caccia sulla base di informazioni precise, come le immagini inviate dal satellite e non sulla scorta dei Tam – Tam del deserto. Forse si continuerà a bombardare su Tora-Bora anche perché il governo afgano ha fatto sapere di non opporsi.

In Pakistan – che ha dato il suo consenso anche se continua a negare di avere sul suo territorio Bin Laden ed il mullah Omar – sono state condotte incursioni da parte di Forze speciali.

E’ molto probabile che le grandi manovre dei prossimi mesi saranno soprattutto operazioni di Commando, polizia internazionale ed intelligence. I bombardieri ed i marines lasceranno il posto ai corpi speciali della CIA e dei servizi di vigilanza finanziaria. Continueremo ancora a parlare di guerra come la Jihad, nel suo significato islamico,ma in realtà significherà sforzo, impegno, tensione politica e morale.

 Si profila quindi una strategia nuova, molto diversa da quella seguita dopo l’11 settembre. Non più attacco diretto al “paese terrorista”, come era considerato l’Afghanistan tre mesi fa ma operazioni rapide, snelle condotte da Commando, Forze speciali e para militari della CIA a sostegno di quei governi che vogliono sconfiggere al interno i gruppi terroristici.

Le Filippine, l’Indonesia, lo Yemen, la Somalia e forse l’Iraq potranno essere i prossimi palcoscenici  della guerra al terrorismo; i primi tre hanno governi filo americani ma non sono talmente forti da agire da soli contro la minaccia interna.

Nelle Filippine, il gruppo islamico di Abu Sayyaf sempre più attivo nella regione di Mindanao, con rapimenti di stranieri e selvagge incursioni nelle città, rappresenta una minaccia diretta al potere centrale. La sua eliminazione sarebbe un duro colpo alla rete di Al Qaeda.

In Indonesia, tutto diventa più difficile per la configurazione del Paese cosi vasto e puntiforme, ma se ben localizzata la minaccia terroristica può essere affrontata ed eliminata.

Nello Yemen, ove sono presenti nutriti gruppi di terroristi, molte parti del territorio sono fuori del controllo ed il governo accoglierebbe di buon grado un aiuto del resto già dato in questi ultimi mesi.

La Somalia - che un giorno sì e uno no è indicata come bersaglio imminente – potrebbe essere scelta per un motivo diverso e contrario a quelli che giustificherebbero l’iniziativa negli altri paesi. A Mogadiscio non c’è un governo amico e neppure un governo vero. E’ uno Stato senza legge che attira i terroristi come una calamita. I legami con Al Qaeda sono accertati e sono molto stretti anche nel settore economico e finanziario e di copertura. Quindi ci sarebbero tante ragioni per colpire pesantemente. Ma c’è ne una molto importante che farebbe preferire, ad un attacco massiccio  e diretto, uno leggero e diversificato: Washington non irriterebbe più di tanto i Paesi arabi moderati e non ingenererebbe perplessità negli alleati europei. Molto più complessa la situazione in Iraq: negli ultimi mesi il dittatore iracheno sta tenendo la “testa bassa” , ma continua ad operare al di fuori di ogni controllo: la posizione dello stato iracheno è tenuta costantemente sotto osservazione dagli americani che si riservano di decidere al momento opportuno ed in base ad una situazione più chiarificata. Certo che se si trovassero quelle ombre tanto ricercate l’orizzonte si chiarirebbe di colpo. Il Pentagono conta molto sugli interrogatori dei prigionieri (366) e specialmente dei tre ministri (difesa, giustizia, industria), ultimi caduti nella rete: Se uno di loro si decidesse di parlare molte incognite cadrebbero e la futura guerra al terrorismo potrebbe assumere connotati più certi.

 

c.Soluzioni politico - ideologiche

Complementari ma non alternative alle soluzioni empiriche possono essere considerate le proposte che riempiono le giornate dei pacifisti di facciata che contestano contro la guerra al terrorismo, chiedendo soluzioni pacifiche, in questo affiancandosi a schiere di mujaheddin del Bangladesh, del Pakistan, dell’Indonesia e di tanti altri paesi arabi.

Non possono esserci giustificazioni ad un deliberato massacro di civili innocenti; non possono esserci motivazioni politiche, economiche, religiose ad atti di tale ferocia. Quella umanità che è stata distrutta nelle due Torri era la moderna classe operaia e le due torri erano le loro fabbriche. Loro erano i lavoratori più rappresentativi del nostro tempo; gente che amava il lavoro non la guerra, padri di famiglia, cittadini onesti e quant’altro si può identificare con il meglio della società. Grazie alla follia omicida di uno Sceicco miliardario sono morti chiusi nelle loro fabbriche che sono diventate le loro tombe.

La presunzione insensata che solo chi manifesta in piazza o nei mass-media vuole la pace e tutti gli altri vogliono la guerra, la pretesa che solo essi conoscano “ la vera soluzione”, le trovate che vorrebbero “un intervento mirato” contro il terrorismo perché le bombe fanno comunque vittime innocenti, tutti gli slogan: “né con Bush né con Bin Laden” – “ la questione è solo politica” – “il terrorismo è condannabile ma è la reazione estrema del povero della terra” e tanti altri, nascondono in realtà un pauroso vuoto di idee, sono patacche pubblicitarie e frittelle ideologiche non sempre consapevoli. Mai nessuno di questi ha spiegato in che cosa consiste: la vera soluzione politica e non militare; l’intervento mirato dove, come e quando  portarlo(forse con armi e proiettili di gomma). Molti vorrebbero iscrivere Bin Laden e soci  ad un Istituto di rieducazione. Per non parlare degli ormai ripetitivi ed unidirezionali servizi televisivi sulla guerra in Afghanistan, prodotti a ciclo stile: Un pubblico in aula opportunamente selezionato; uno o due personaggi destinati diventare bersaglio, scelti di opinione opposta; un servizio televisivo già pronto con paesaggi sconvolti dai bombardamenti, immagini di bambini piangenti ed emaciati, di gente ferita, di cadaveri straziati. Dopo una animata discussione, durante la quale si tende platealmente a dare torto all’ospite di turno che si affanna a giustificare la necessità dell’intervento armato, si giunge a concludere che l’attacco americano è un grave errore politico ed un atto disumano perché le bombe causano anche la morte di innocenti e che in definitiva la pace è l’unica soluzione al problema. Inevitabili gli applausi e, se potessero, anche da parte dei terroristi non certo dei morti delle Twin Towers.

 

Ma l’occidente non è stato irreprensibile nei confronti dei paesi più deboli.

 

1) Problemi economici: masse enormi di diseredati vivono nella povertà più nera anche se nell’ultimo trentennio sono state sollevate dalla povertà più persone che in qualsiasi altro periodo della Storia. Ma c’è ancora molto da fare. E’ necessario convincere questi paesi poveri ad optare per un mercato aperto e non chiuso anche per indurre i paesi ricchi a considerarli, nella corsa al progresso, come partners e  non come enti da sfruttare.

 2) Problemi sanitari: la crisi sanitaria a livello mondiale nasce proprio dalla mancanza delle più elementari norme igieniche e di misure preventive. La parte più colpita è quella più povera. Ogni anno una persona su quattro muore di AIDs, malaria ed infezioni varie. Solo di AIDs sono morte 22 milioni di persone e 36 milioni hanno contratto il virus. Quasi tutti sono bambini che non riescono a bere un bicchiere di acqua pulita.

3) Problemi educativi.

Masse enormi di bambini e persone adulte non possono accedere all’istruzione per mancanza di fondi; e questo concorre ad aumentare la miseria, la povertà e l’acquiescenza ai regimi totalitari. Nell’Africa sub-equatoriale ci sono 100 milioni di bambini che non vanno a scuola.

 E’ necessario, con urgenza, che paesi ricchi del mondo pongano in essere  una politica mirata a creare maggiori opportunità, per chi è stato lasciato indietro nel progresso, di divenire autentici partner, riducendo con la povertà, il bacino di potenziali terroristi. Un intervento reale a tal proposito, potrebbe configurarsi in una nuova tornata della riduzione del debito pubblico. Già lo scorso anno gli USA ,la UE ed altre nazioni hanno concesso la riduzione del debito a 24 Paesi tra i più poveri, a condizione che destinassero tutto il denaro alla educazione, alla assistenza sanitaria ed allo sviluppo. E’ stato accertato che la popolazione di un paese più è istruita più guadagna; sicché investire nella scuola significa elevare il tenore di vita di uno stato. La guerra in Afghanistan costa agli USA un miliardo di $ al mese; pensate con 12 mil. di $ l’anno quale contributo potrebbero dare per il progresso di questi popoli diseredati, se solo si potesse vivere in pace nella sicurezza.

4) Obblighi dei Paesi poveri: è necessario che anche loro operino per fare avanzare la democrazia, i diritti umani ed il buon governo. Le democrazie occidentali non sponsorizzano il terrorismo organizzato. E’ tempo ormai di promuovere ed incoraggiare, nel mondo mussulmano - che da 1300 anni registra alti e bassi nel ruolo che svolge a livello mondiale - un dibattito che elimini divisioni e steccati di natura politica, economica e culturale con il mondo occidentale per avvicinarsi sempre di più ad un plafond di vita sempre più in sintonia con le enormi potenzialità acquisite nei vari settori dello scibile umano. Non credo che sia impossibile. C’è già uno stato nel mondo arabo che più di ogni altro ha operato un positivo cambiamento, conciliando fede e imperativi della vita moderna: la Giordania. Paese povero, piccolo, geograficamente dislocato in posizione molto delicata e difficile, che esprime un vero Parlamento, eletto con libere elezioni, alle quali tutti possono partecipare, fondamentalisti compresi, nel rispetto dei diritti altrui. E’ questo il tipo di paese islamico da appoggiare.

Ogni paese,  quindi, in maniera direttamente proporzionale alle proprie potenzialità deve operare per attuare un nuovo e più giusto ordine mondiale ed eliminare alle radici le cause e quindi il terrorismo.Ma questo non è attuabile da subito per intanto attuiamo quei  provvedimenti per riacquistare la nostra sicurezza.