a
cura del Forum Regionale Lombardo del Terzo Settore
Documento
sui Referendum sociali
I
tratti comuni alle organizzazioni di terzo settore, la ricchezza
del terzo settore.
Le
persone e le comunità hanno reagito alla crescita della
complessità della società organizzandosi in una molteplicità
di soggetti che lavorano su bisogni e interessi diversi fra loro
e con modalità assai differenti: associazionismo, volontariato,
cooperazione, mutualità,… assumono ciascuno con una propria
sensibilità i valori della solidarietà,
dell’imprenditorialità, della gratuità dell’azione
condivisa, del mutuo aiuto della tutela dei diritti e gli
strumenti che ne conseguono.
È
a partire dalla comune finalità di produrre utilità sociale di
promuovere il dialogo civile che abbiamo programmato interventi
e progetti comuni e organizzato comuni sedi di riflessione e
confronto.
A
partire da questa consapevolezza, che consideriamo una
ricchezza, le organizzazioni di terzo settore intervengono sul dibattito
attorno ai referendum, e in particolare sui referendum
‘sociali’ che in altri ambienti crea profonde divisioni.
I
referendum sociali ci riguardano
Non
ci soffermiamo qui sull’uso improprio che viene fatto dello
strumento referendario, ma osserviamo che i quesiti proposti non
rappresentano un’opportunità per i cittadini di partecipare
alla vita pubblica.
Sappiamo
che su temi complessi quali quelli affrontati dai quesiti è
necessario avviare un articolato percorso di confronto e di
scelta; questa consapevolezza è la stessa che ci permette di
vedere nella promozione del dialogo civile un tratto comune e
distintivo del nostro mondo, è un patrimonio che difenderemo
fino in fondo.
Sono
queste le ragioni che ci fanno capire che i referendum
riguardano direttamente anche il terzo settore: i referendum
infatti vorrebbero negare un elemento costitutivo del nostro
mondo: la caratteristica di tutti questi soggetti di essere
corpi intermedi, strumenti di mediazione sociale: luoghi in cui
i bisogni possono essere elaborati in domande, e gli interessi
organizzati in proposte.
Ritroviamo
nei quesiti referendari proposti dai radicali una logica di
rapporti fra i cittadini e la società o l’autorità
(rappresentata da enti istituzionali pubblici o privati) opposta
a quella su cui il popolo attraverso l’impegno nelle
formazioni sociali ha riscoperto una propria possibilità di
partecipare direttamente e concretamente al dialogo civile. Una
logica che pretende di riportare indietro l’orologio della
storia a un tempo in cui il cittadino giocava individualmente il
proprio rapporto con lo Stato da una parte e con la società
dall’altra, traducendo in questo modo il concetto di libertà:
una libertà di pochi e dei più forti. Questa è
un’operazione che troviamo assurda e pericolosa.
Cosa
significa il referendum sull’art.18 S.L.
L’art.18
S.L. è
la garanzia di effettività del diritto al lavoro sancito
dall’art.4 della Costituzione:
a fronte della illegittima privazione del "diritto
al lavoro", la sanzione della reintegrazione nel posto di
lavoro appare infatti una delle condizioni che rendono effettivo
questo diritto. Il licenziamento invalido non può comportare la
perdita di un diritto, la cui tutela è posta tra i principi
fondamentali della Costituzione. Il ripristinare nel nostro
paese la libertà di licenziamento incondizionata non può che
riflettersi anche sui diritti di libertà primari (libertà di
pensiero, di espressione, di adesione a partiti politici o a
formazioni sindacali, etc.) e su ogni altra forma di tutela. Chi
infatti può essere licenziato senza ragione legittima e senza
la possibilità di ottenere un rimedio giudiziale, ben
difficilmente si opporrà a qualsiasi forma di pressione, di
molestia, di sopruso nello svolgimento del rapporto di lavoro.
Il sapere di poter essere estromessi dal posto di lavoro senza
alcun rimedio, costringerà i lavoratori ad accettare anche
condizioni di lavoro, di salario, di igiene, di sicurezza, di
inquadramento assolutamente inadeguate: il reagire e protestare
può infatti determinare la perdita del lavoro.
Libertà di licenziamento infine significa anche
espulsione definitiva dei sindacati (e di tutti i diritti
sindacali) dai luoghi di lavoro.
Quali
nodi problematici
A
partire dal referendum sull’articolo 18 dello Statuto dei
Lavoratori crediamo si debba aprire, anche al nostro interno, un
percorso di riflessione e confronto in grado di coniugare le
nostre finalità di lotta all’esclusione con le nostre
pratiche quotidiane: con l’esigenza che abbiamo di tradurre
impegno professionale e capacità imprenditoriali con
responsabilità sociale.
Il
nostro impegno per elaborare, organizzare e realizzare soluzioni
efficaci alle questioni poste da fenomeni nuovi e sempre più
complessi che coinvolgono e intrecciano gli interessi e i
bisogni di persone che appartengono a diverse fasce economiche,
sociali e culturali della popolazione,
non può essere disgiunto da una parallela attenzione
alle tutele a chi nel terzo settore lavora e vive, da ciò
l’esigenza di adeguare i contratti di lavoro, le forme di
protezione sanitaria e previdenziale per adeguarli a una realtà
che, come la nostra, ha di fronte sia importanti prospettive di
sviluppo sia pericolose derive lavoristiche e di inquinamento.
Contributo
alla discussione di sergio silvotti
Milano,
10 marzo 2000
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