Il Forum Regionale Lombardo del Terzo Settore

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a cura del Forum Regionale Lombardo del Terzo Settore


Il privato sociale come risorsa della città:
cinque proposte per governare Milano

Aggiungi tue considerazioni e/o proposte

Le elezioni possono rappresentare un momento utile per discutere sulla città e il suo futuro, per aprire un confronto sui programmi che la riguardano, sugli indirizzi e le azioni da intraprendere per migliorare le condizioni di vita dei suoi cittadini abitanti.
Le associazioni che sottoscrivono questo documento colgono anch'esse questa occasione di dibattito per dare il proprio contributo alla discussione che si è aperta nella città, per suggerire, a partire dalla loro esperienza, alcune linee guida che devono informare il governo della città.


LE REALTÀ DI TERZO SETTORE

sono esperienze di organizzazione dei cittadini, sono quindi una forma per collegare risorse e bisogni "degli amministrati" che prima e dopo le elezioni scelgono di interloquire con chi amministra.
A partire da ciò per noi le elezioni rappresentano un'occasione per analizzare, immaginare e proporre riflessioni sul futuro della città e contemporaneamente uno sviluppo del dialogo civile, del rapporto pubblico/privato sociale. In questo quadro possiamo giocare a pieno il ruolo che ci è proprio e che rivendichiamo: quello di essere interpreti e rappresentare un patrimonio sociale fatto di bisogni, interessi e disponibilità dei cittadini a contribuire volontariamente alla vita collettiva. 
Se sappiamo di vedere e mobilitare questa ricchezza, che quotidianamente organizziamo e promuoviamo, chiediamo una vera interlocuzione un rapporto in grado di avere sviluppi anche programmatori e realizzazioni in progetti concreti con l'Istituzione.

DALLA SFIDA DEL CAMBIAMENTO LA NECESSITÀ DI ATTIVARE IL PATRIMONIO SOCIALE

Vediamo invece una concezione dell'amministrare che si rifugia in una gestione minimale della città, incapace di grande progettualità all'altezza del ruolo nazionale e internazionale di Milano, delle sfide che i processi di trasformazione che la attraversano le impongono.
Vediamo la paura a proporre una visione e politiche di indirizzo all'interno delle quali collocare interventi e progetti adeguati per esempio a una città che è già di fatto multi etnica e multi culturale, al laboratorio per un nuovo contratto municipale economico e sociale a partire dalle opportunità e dai rischi offerti dalle nuove tecnologie, a fare crescere e affinare strumenti per la partecipazione e l'istruzione delle scelte collettive attorno a questioni in cui si leggono profonde contraddizioni fra gli interessi che costituiscono la città come quelle del traffico e della tutela dell'ambiente.
Sentiamo, infine, come organizzazioni di terzo settore, la drammatica mancanza di regole, strumenti e procedure a partire dalle quali costruire un trasparente rapporto fra Istituzioni e realtà sociali per la programmazione e gestione di servizi e interventi per la persona e le comunità. Manca addirittura la consapevolezza che deve venire dall'Istituzione un segnale per la costruzione di buone prassi, la definizione di standard qualitativi, l'elaborazione di criteri di verifica dell'efficacia e dell'efficienza al fine di misurare come vengono progettati, prodotti e offerti beni e servizi di pubblica utilità

A partire da queste premesse proponiamo cinque terreni di discussione, cinque grandi ambiti, su cui misurare il futuro della città; chiediamo alle realtà di terzo settore, alle esperienze di volontariato e della mutualità, alle associazioni, ai comitati dei cittadini, di integrarle con progetti specifici.

VERSO UNA CITTÀ METROPOLITANA.
DUE RAGIONI PER ACCELERARE LA RIFORMA DELL'AMMINISTRAZIONE SECONDO UN CRITERIO FEDERALE 


L'APPLICAZIONE DEL CRITERIO DELLA SUSSIDIARIETÀ VERTICALE.
Un primo aspetto di questo tema è quello della partecipazione dei cittadini alla vita pubblica: si vuole così evidenziare la mancanza di luoghi, e soprattutto di sedi pubbliche riconosciute che permettano agli abitanti di Milano di confrontarsi e da lì fare proposte concrete e realizzabili per affrontare e risolvere i diversi problemi posti alle comunità che vivono i quartieri di Milano. 
Ciò richiama immediatamente la mancata attuazione del decentramento amministrativo nella metropoli lombarda: manca una reale attribuzione di compiti e di poteri alle sedi decentrate dell'amministrazione municipale (i Consigli Circoscrizionali) che così, svuotate di funzioni e di ruolo, non possono essere l'anello di congiunzione fra popolazione e pubblica amministrazione che potrebbero essere.
L'applicazione della legge sul federalismo, in merito alla costituzione della città metropolitana, costituirà un concreto terreno di verifica di ogni volontà innovatrice nella direzione da noi indicata.

L'ATTUAZIONE DEL CRITERIO DELLA SUSSIDIARIETÀ ORIZZONTALE.


Ovvero dell'incapacità dell'Amministrazione Pubblica di raccogliere e mobilitare le disponibilità di partecipazione e il contributo dei cittadini e delle loro organizzazioni (dalle associazioni, alle cooperative, dalle famiglie alle comunità, ai gruppi di auto e mutuo aiuto).
E' questa una delle mancanze che ostacolano per esempio la possibilità di una riforma del sistema di welfare in chiave municipale. 
La presenza di un pubblico forte, ma leggero, che non si ritrae dalle proprie responsabilità verso la comunità, che adotta in modo partecipato politiche verso di essa, perché possa essere interlocutore autorevole del privato e del privato sociale nelle attività di programmazione. 
Un'istituzione non solo in grado di controllare e garantire la qualità della produzione e la gestione di interventi e servizi di pubblica utilità, ma anche di coordinare e governare l'offerta e la progettazione di interventi e servizi per la persona e le comunità. 
Una riforma in chiave comunitaria/municipale, federale e partecipata, del sistema della decisione politica risulta impossibile senza luoghi e sedi decisionali in cui i bisogni e le esigenze della popolazione e delle comunità possano rappresentarsi e incontrare coloro i quali possono progettare e offrire le risposte più adeguate 

WELFARE MUNICIPALE:
POLITICHE SOCIALI - POLITICHE PER LO SVILUPPO.


Le organizzazioni di terzo settore di Milano considerano le politiche sociali come politiche di investimento pubblico: fuori da questa logica non è possibile pensare a un rilancio dell'anima riformista di cui Milano per tanti anni ha rappresentato il motore. Chiediamo che la riforma in chiave comunitaria e municipale del sistema di protezione e promozione sociale sia l'occasione per una complessiva rivisitazione delle politiche di sviluppo della pubblica amministrazione;
un programma di lavoro che abbia come obiettivo quello fare delle politiche sociali un motore per lo sviluppo economico, che in questo rapporto sappia cogliere l'importanza di un nuovo paradigma: la promozione di uno sviluppo economico sostenibile (in grado di mettere in equilibrio la crescita economica, lo sviluppo dell'occupazione, la produzione della ricchezza con i nuovi bisogni sociali, culturali, di uso della città e dei suoi spazi).
Politiche sociali cioè in grado di promuovere nuova socialità, nuove opportunità per tutti i cittadini di Milano, giovani e anziani, donne e uomini, italiani e stranieri. Politiche da misurare in base al grado di soddisfazione dei bisogni più urgenti e gravi, quelli delle fasce più deboli della popolazione.
Politiche sociali che abbiano come obiettivo, centrale e prioritario, e contemporaneamente come terreno di applicazione la riqualificazione delle periferie, la centralità della persona e del suo habitat.
Quartieri a misura degli anziani e dei ragazzi saranno la cartina di tornasole per misurare l'efficacia delle politiche e dei singoli interventi.
La costruzione partecipata (verso i poteri decentrati e le formazioni sociali) dei piani zona previsti dalla nuova legge sull"assistenza" costituirà uno dei banchi di prova del nuovo welfare municipale.

QUALITÀ URBANA.
LA CITTÀ DEGLI ABITANTI: QUESTIONE AMBIENTALE.


In un contesto metropolitano l'ambiente è un patrimonio da creare e conservare: ai cittadini di una grande metropoli vanno offerti gli strumenti e le sedi opportune per poter organizzare e far valere le proposte per una convivenza che a partire dagli interessi dei singoli sia rispettosa dell'ambiente, perché sia possibile trovare un equilibrio o un accordo per comportamenti sostenibili dai cittadini e compatibili con i vincoli ambientali.
Le politiche per l'ambiente vanno indirizzate a promuovere qualità urbana sia sulle grandi questioni metropolitane (qualità dell'aria e dell'acqua per esempio), sia sulla vivibilità dei singoli quartieri, dei tanti habitat urbani. Servono pertanto progetti quadro per coordinare e organizzare sistemi di viabilità e trasporto pubblico all'interno di quali iscrivere (in un rapporto dialettico e partecipato) le proposte e le soluzioni che gli abitanti delle vie e dei quartieri di Milano sostengono per i luoghi che vivono e di cui vogliono tornare a occuparsi in prima persona. 
Per unire le disponibilità e sintetizzare gli interessi spesso contraddittori degli abitanti di Milano su questioni come la vivibilità, il traffico e la mobilità non è sufficiente una buona teoria, servono piuttosto pratiche di democrazia partecipata, sedi di condivisione dei problemi e delle ipotesi di soluzione che ci riportano al tema affrontato come primo punto. 
A partire da queste elaborazioni è possibile testare la forza della capacità progettuale e la tenuta delle politiche di indirizzo dell'amministrazione municipale che deve essere in grado di confrontare le proprie posizioni in modo dialettico con le proposte elaborate localmente dagli abitanti
Sarà anche in questo caso cartina di tornasole di queste politiche ambientali sia le macro questioni, l'aria più respirabile, l'acqua più pulita, sia il numero di realizzazioni e di interventi di riqualificazione e riprogettazione degli habitat dei quartieri, delle periferie.

MILANO CITTÀ "MULTIETNICA"
MA NON ANCORA CITTÀ MULTICULTURALE.


La realtà della presenza di stranieri nella nostra città pone questioni che fino a ora non sono state affrontate. È questo un tema che necessita di approfondimenti e quindi di un investimento in studio, elaborazione e confronto.
Se Milano è e sarà sempre di più per i numeri (nei fatti e per necessità) una città "multietnica" mancano le occasioni affinché sia coloro che vi sono nati, sia le comunità che hanno radici culturali e religiose diverse possano trovare opportunità di conoscenza reciproca e di confronto. 
Mancano le occasioni per poter immaginare una città dove persone che hanno sensibilità, credo, culture diverse possano innanzitutto conoscersi e quindi valutare vincoli e opportunità della condivisione di tempi e spazi di vita quotidiana. Le attuali politiche pubbliche non tengono assolutamente di conto della disponibilità evidente nei quartieri della città, in cui la curiosità da una parte e la necessità dall'altra spingono gli abitanti a conoscersi e, rispettandosi, a trarre insegnamento dagli atteggiamenti più adeguati alla convivenza e alla costruzione di comunità plurali.
Occorrono politiche reali orientate all'integrazione reciproca, gestite a livello locale, nei quartieri con il coinvolgimento dei suoi abitanti e delle formazioni sociali. L'accoglienza, la casa, i servizi sociali, la formazione, ne sono aspetti specifici, punti di applicazione.
Le politiche di integrazione devono indirizzarsi anche a favorire la comprensione e l'acquisizione da parte degli stranieri dei valori e delle regole di convivenza che la nostra civile comunità si è data.

UNA CITTÀ INTERNAZIONALE

In questo quadro esse devono tendere anche a valorizzare e a promuovere le culture dei paesi di provenienza degli stranieri e quelle della città ospite, al fine di favorire col dialogo culturale, con l'interscambio, l'allargamento e l'arricchimento dell'orizzonte culturale della città.
In stretta relazione e sinergia con le politiche di integrazione e di promozione della multiculturalità, si colloca la necessità di un più ampio sviluppo della cooperazione internazionale decentrata.
Milano, città internazionale, se non altro per le sue relazioni economiche col mondo, deve assumersi una maggior responsabilità sul terreno della cooperazione internazionale, giocando il suo ruolo, in primis di ponte dell'Europa e per l'Europa verso il mediterraneo, e arricchendo inoltre i suoi rapporti con altre parti del mondo, con attività di cooperazione che coordinino e mobilitino le diverse risorse e competenze, private e pubbliche, della città in una dinamica di relazioni tra comunità.

LA CITTÀ DEI GIOVANI E DELE OPPORTUNITA 
LA CITTA' DELLA PRODUZIONE E DELLA CREATIVITÀ, PRIMA CHE LA CITTÀ DEL CONSUMO

L'offerta di opportunità e complessivamente l'attenzione con cui la pubblica amministrazione si rivolge ai giovani è testimone di quanto la città è in grado di cogliere e raccogliere le disponibilità dei suoi cittadini e le sue risorse. In questa ottica le politiche per i giovani dovrebbero tradursi in occasioni di formazione ed educazione permanente, in occasioni per la crescita di energie che oggi vanno in massima parte sprecate. 
L'assenza di progetto e di un orizzonte per la città che si è più volte lamentata si mostra in tutta chiarezza: le politiche giovanili possono avere un senso nella città di Milano solo se immaginiamo la metropoli come una scuola permanente in cui compito del pubblico è quello di offrire stimoli e occasioni di conoscenza, spazi e supporti, lasciando al privato il compito di costruire la ricaduta di questo investimento, di farlo rendere.
La pratica sportiva, le attività culturali diffuse, la socialità e l'aggregazione, vanno concepite come risorse della città per riqualificarne i luoghi e renderli più vivibili, come antidoto e prevenzione della solitudine e del disagio.
Verso di essi occorre investire in termini di promozione, attenzione, sostegno, facilitazioni, di messa a disposizione di spazi e infrastrutture, perché alimentino e arricchiscano la vita quotidiana delle persone di occasioni, di stimoli, di felicità e benessere.

LA PRATICA SPORTIVA 

non è più un'attività di sole prestazioni. Questo assunto, difeso da tempo dalle associazioni di promozione sportiva è oggi fatto proprio anche dal mondo delle Università e dalle Istituzioni internazionali. 
Si afferma anche tra la popolazione un modello per il quale la performance non è più al centro dell'attività sportiva: ci sono centinaia di migliaia di donne e di uomini che quotidianamente fanno sport senza competere e alle richieste di strutture e servizi di questo diffuso impegno la Pubblica Amministrazione rimane sorda. Rimane sorda a un sentire diffuso, che non fa notizia, che si rifiuta di competere ma vuole il benessere collettivo 
Anche questa è unità di misura per calcolare la distanza che separa le sedi istituzionali dalla città. Con ciò non si vuole demonizzare lo sport spettacolo e della competizione, né i luoghi in cui si esercita: verifichiamo ancora una volta, l'incapacità del Pubblico a registrare il bisogno di massa di praticare e vivere in prima persona un interesse, e non solo a consumare uno spettacolo.

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