FRA DOLCINO 

 
 
Fra Dolcino

 
Fra Dolcino nacque in Valsesia, probabilmente a Prato Sesia tra il 1250 ed il 1260 e crebbe a Vercelli, educato dal maestro Sion. Divenne seguace degli Apostolici ed in seguito alla morte del Segarelli prese il comando della setta, dando al gruppo un'organizzazione.
Nell'agosto del 1300 scrisse e diffuse una lettera nella quale spiegava le sue concezioni religiose. Il concetto e semplice ed interessante: la setta degli Apostolici è totalmente spirituale, non vi sono vincoli esteriori. E' uno strumento di Dio per salvare le anime. I "cattivi" per Dolcino sono i preti ed i frati francescani e domenicani. Nell'interminabile lettera () scritta da Dolcino viene annunciato che il quarto ed ultimo Stato della Chiesa è stato annunciato da segni inequivocabili. Tutti i religiosi (frati ed ecclesiastici) verranno sterminati da Federico d'Aragona, re di Sicilia; Bonifacio VIII sarà assassinato ed al suo posto andrà un Papa eletto da Dio ed allora tornerà la pace tra i Cristiani. Sempre all'interno della lettera sono elencati i sette angeli dell'Apocalisse.

Perseguitato dalla Chiesa corrotta trovò sostegno e rifugio in svariati luoghi dell'Italia settentrionale, dove continuò a predicare le sue convinzioni. Gli inquisitori avevano ormai istituito numerosi processi contro Dolcino ed i suoi seguaci.
Dolcino non dovette scappare da Vercelli per via dei furti come viene spesso scritto, ma per ragioni politiche. L'instaurazione guelfa aveva appunto fatto scappare le famiglie ghibelline.
Durante la sua permanenza in Trentino conobbe "sorella Margherita", figlia di Olderico d'Arco la quale divenne la sua compagna nella vita e nella morte.

Nel 1303 Dolcino scrisse una nuova lettera, dove pubblicò anche il numero di seguaci in Italia, oltre quattromila fratelli e soerelle, con i nomi degli esponenti di maggior rilievo.
Ribadiva la sua profezia di sterminio di preti e monaci ad opera di Federico re di Sicilia e che nel 1305 avrebbe ottenuto giustizia e pace tra i Cristiani. Purtroppo però il suo gruppo era ormai alle strette. Dolcino pensò così di trovare rifugio tra le montagne dove trascorse la sua giovinezza. Pensava di potersi difendere, attendendo che le sue profezie si fossero avverate.
Nel 1304 Dolcino con alcuni suoi seguaci raggiunse Gattinara, continuando la sua predicazione. La sua grande abilità consisteva nell'essere efficace e convincente, sebbene dovesse agire di nascosto. Riuscì infatti a corrompere il rettore della chiesa di Serravalle.
Fuggito con i suoi seguaci all'interno della Val Sesia trovò l'ospitalità di un certo Milano Sola, un ricco contadino di Campertogno. Fu raggiunto da numerosi fedeli e quindi mise su una base prima a Balma, poi alla Parete Calva, una montagna all'ingresso della Valle di Rassa.
Si radunarono più di 1400 persone, le quali, per sopravvivere dovettero cedere ad alcuni furti ed a razzie. Sebbene l'intervento della Chiesa, storicamente, appartenne al Vescovo di Vercelli, pare più probabile un intervento da parte dei Novaresi. Ma nulla di diverso agli anni precedenti accadde nel 1305, se non l'insofferenza delle popolazioni locali, che subivano i saccheggi degli eretici. La giustificazione di Dolcino fu spirituale: per sopravvivere salvando l'anima ed i corpi, gli Apostolici avevano il diritto di ogni sorta di violenza contro ai fedeli della Chiesa romana.
Il 10 marzo 1306, giunsero alle Prealpi biellesi, accampandosi a Rebello (oggi S.Bernardo), sopra Trivero. Ranieri Avogadro di Pezzana, vescovo di Vercelli, nonchè signore di Biella, organizzò le prime difese.
Fu radunato un esercito e mandato contro gli eretici. Con una resistenza disperata gli uomini di Dolcino riuscirono a respingere l'esercito, facendo anche diversi prigionieri, tenuti per il riscatto.
Il vescovo di Vercelli organizzò una vera crociata, radunando forze diverse, tra cui gli Inquisitori di Lombardia, l'arcivescovo di Milano, e Ludovico di Savoia.
Addirittura furono reclutati uomini persino a Genova da inviare contro Dolcino.
Le bolle papali, emesse da Bordeaux, da papa Clemente V, il 26 agosto del 1306 fecero accorrere ancora più gente in difesa della Chiesa Romana.
Veniva raccontato che gli uomini di Dolcino fossero spietati criminali, che raziassero, uccidessero, mutilassero ed incendiassero ogni cosa che trovavano sul loro cammino.
Lo scontro fu durissimo sebbene Fra Dolcino adoperasse la strategia di rapidi attacchi con immediate ritirate tra i monti. La vittoria del Vescovo di Vercelli fu facilitata dalla venuta dell'inverno e del freddo. Impedi agli eretici di poter scendere dai monti, isolandoli, ormai privati di cibo.
Per tre mesi di gelo ogni sentiero fu controllato e la situazione divenne tragica al punto che per sopravviver dovettero cibarsi di cani, carne umana e la carne dei loro stessi morti.
Nel marzo del 1307 ci fu l'attacco definitivo. La battglia ebbe luogo il 23 Marzo (giovedì santo), l'esercito cristiano fece 140 prigionieri, trovando sulle montagne oltre 400 morti, dalla fame e dal freddo.
Dolcino e Margherita furono presi vivi; il 25 marzo furono portati al castello di Biella e tenuti in carcere per tre mesi. Dopo un processo del quale si poteva intuire l'andamento sin dall'inizio, Margherita fu arsa sul Cervo e Dolcino a Vercelli il 1° giugno del 1307. Nessuno di loro rinnegò le proprie dottrine, nemmeno durante le precedenti torture ed il rogo.

Fra Dolcino - Frammento della lettera

 
"Tutta l'autorità data da Gesù Cristo alla Chiesa Romana è ormai cessata a causa della malizia dei prelati; e quella chiesa, governata dal Papa, dai cardinali, dai chierici, dai religiosi, non è la Chiesa di Dio, ma una chiesa malvagia incapace di portare alcun frutto. Non si dovrebbe obbedire agli uomini ma solo a Dio (...)
La chiesa consacrata non vale di più, per pregare Dio, di una stalla di cavalli o di porci. Si può adorare Cristo nei Boschi, come nelle chiese, anzi meglio (...)"

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