Nel nome di un Re

Prof Roberto Crnjar Dipartimento di Biologia Sperimentale Sezione di Fisiologia Generale - Università di Cagliari

“Papilio hospiton

Una splendida farfalla endemica della Sardegna e della Corsica, scoperta nel secolo scorso dall’abate naturalista Géné e battezzata con il nome di un leggendario capo barbaricino

 

All ‘occhio attento del naturalista il ritorno della primavera in Sardegna offre l’opportunità di osservare tutta una serie di endemismi animali e vegetali affascinanti non solo per la loro rarità biologica, ma in taluni casi anche per la loro straordinaria bellezza. Tra questi un posto di primo piano è certamente occupato a buon titolo da una farfalla, il Papilio hospiton, endemica di Sardegna e Corsica, così chiamata nel secolo scorso dall’abate-naturalista Géné, suo descrittore, in onore del leggendario capo barbaricino omonimo.

Nel suo guizzare a volo radente sui prati di asfodeli che inframmezzano la macchia del paesaggio sardo è facile confonderla, a prima vista, con il più comune e diffuso macaone (Papilio machaon) da cui si differenzia per una serie di dettagli, il più cospicuo dei quali è costituito dalle code delle ali posteriori più tozze e corte. Si ritiene che entrambe le specie discendano da un progenitore comune e che l’hospiton si sia differenziato per la segregazione dovuta all’insularizzazione della microplacca Sardo-Corsa avvenuta all’inizio del periodo quaternario. Recenti esperimenti di ibridazione incrociata ed osservazioni morfologiche e comportamentali, hanno anzi portato a concludere che tale progenitore comune assomigli al Papliio saharae, il macaone delle regioni pre-desertiche nordafricane. Il Papilio machaon ha probabilmente ricolonizzato il sistema Sardo-Corso in epoca successiva, proveniendo però dalla penisola italiana. Attualmente entrambe le specie sono presenti sia in Corsica che Sardegna, ma sono legate a nicchie ecologiche diverse, anche se parzialmente sovrapposte. Pur prediligendo le zone montane, ove è relativamente comune alle quote tra 400 e 1400 m, l’hospiton è stato segnalato fino al livello del mare anche lungo le coste, ma sempre ai piedi di rilievi montuosi

Ha una sola generazione annua con sfarfallamento prolungato degli adulti (da marzo ai primi di luglio). In Sardegna, il ciclo biologico risulta essere sincronizzato con quello dell’unica pianta-ospite utilizzata per l’ovoposizione e l’accrescimento dello stadio larvale, la FeruIa communis, un’ombrellifera il cui periodo vegetativo si esaurisce con il sopraggiungere del caldo estivo e dura di conseguenza più a lungo con il crescere dell’altitudine, Il successo riproduttivo dell ‘hospiton é quindi strettamente legato alla sovrapposizione temporale tra il proprio ciclo biologico e quello vegetativo della ferula. Il macaone è invece specie più flessibile in quanto utilizza come piante-ospite, oltre alla ferula, diverse altre ombrellifere ed alcune rutacee, molte delle quali hanno un periodo vegetativo prolungato. Riesce così ad avere più generazioni annuali ed ha colonizzato una grande varietà dì ambienti.

In Sardegna le due specie volano spesso insieme, ma il machaon è relativamente più comune in pianura, mentre l’hospiton, come già detto, in montagna. Diversi casi di ibridazione naturale sono stati segnalati sia in Sardegna che in Corsica.

Questi ibridi, anche se sterili, sono in un certo qual modo indicativi di una competizione in atto tra le due specie gemelle nelle zone di sovrapposizione dei rispettivi habitat. Data la relativa “fragilità” biologica dell’hospiton, ogni alterazione dell’equilibrio esistente tra machaon e hospiton in queste zone di contatto potrebbe costituire certamente un serio rischio per la sopravvivenza di quest’ultimo. Per tali motivi e per l’insularismo della sua distribuzione, l’hospiton è stato riconosciuto come una delle 4 specie di Insetti a più alto rischio di estinzione a livello mondiale (Internationl  Union for Conservation of Nature Red Data Book e CITES, Appendice 1). L’hospiton è comunque ancora abbastanza comune in entrambe le isole, anche se la sua distribuzione tende ad essere frammentata in colonie più o meno contigue ed intercomunicanti fra loro. Fortunatamente tali colonie sono ancora relativamente numerose e molte di esse sono difficilmente accessibili, specialmente in Corsica. Altre invece, soprattutto in Sardegna, sono più vulnerabili. Come è intuibile, le possibilità di sopravvivenza della specie dipendono soprattutto della pianta ospite, la ferula, la cui distribuzione attuale in Sardegna non è per buona sorte in contrazione. Infatti questa ombrellifera a carattere infestante sembra ben sopportare molti dei processi di conversione della macchia mediterranea ad uso agricolo od altre attività antropiche e persino la distruzione dovuta agli incendi estivi. La ferula si diffonde assai rapidamente, ed è anche in grado di ricolonizzare i terreni di ricrescita secondaria, ad esempio lungo i bordi delle strade, gli agri incolti o devastati dal fuoco. Data la sua grande vitalità, questa pianta potrebbe essere eradicata da vaste aree del territorio solo se si applicassero programmi di “deferulazione” estensiva, come quelli effettuati sperimentalmente in passato e motivati dal fatto che essa è tossica per il bestiame da pascolo.

Una potenziale fonte di pericolo è rappresentata invece dal trattamento estensivo di estese aree forestate a sughero e leccio per irrorazione aerea di Bacil/us thuringiensis. Questo agente patogeno viene utilizzato nella lotta microbiologica mirata al controllo della farfalla notturna Lymantria dispar, le cui larve si nutrono del fogliame del genere Quercus arrivando a defogliare intere foreste, ma è in diversa misura tossico anche per le altre farfalle diurne e notturne, hospiton compreso. Eppure l’hospìton potrebbe ben sopportare un certo grado di convivenza con l’uomo. Diverse colonie nei Monti de! Gennargentu, per esempio, sembrano godere di buona salute, anche perché il rapporto tra uomo e ambiente è stabilizzato da secoli e non è soggetto a grandi trasformazioni. Diverso è il discorso per le zone di contatto con le coste e le pianure dove l’impatto antropico è più rilevante. Per garantire la sopravvivenza di questa specie nel lungo periodo (ma si potrebbe estendere l’argomento a gran parte della flora e della fauna sarda) si dovrebbe comunque prevedere la creazione di zone protette nelle quali siano mantenute integralmente condizioni ambientali capaci di sostenere colonie autosufficienti. In questo contesto, è auspicabile l’istituzione in Sardegna di una stazione biologica che funga da osservatorio scientifico per l’hospiton come tutte le altre specie animali e vegetali endemiche, allo scopo di studiarne la biologia da una parte, e di raccogliere ed aggiornare i dati di distribuzione per ciascuna di esse dall’altra.

Questa banca-dati degli endemismi sardi potrebbe rappresentare una fonte di consultazione ausiliaria da utilizzare nella progettazione di interventi sul territorio e finalizzata ad evitare quei danni al patrimonio faunistico che spesso si verificano per mancanza di informazioni adeguate.

Dopotutto il Papilio hospiton potrebbe essere a buon titolo uno dei portabandiera del patrimonio faunistico sardo, rivendicando tra l’altro un posto di rispetto anche agli insetti e agli altri artropodi cosi spesso “dimenticati” nelle campagne per l’ambiente.

BIBLIOGRAFIA:

BALLETTO, E. e d’ENTREVES, P.P. (1986) Revisione del materiale tz~’ico dei

Lepidotteri ropaloceri descritti da Franco Andrea Bonelli, con brevi note sui tipi di Papilio haspiton Géné e di Maniola nurag (Ghiliani). Boll. Mus. reg. Sci. nat.,Torino, Voi. 4 N. 1:129-146.

CLARKE, C.A. and SHEPPARD, P.M. (1955) A further report on the genetics of the machaon group of Swallowtail Butterflies. Evolution 10: 66-73.

CROVETTI, A. (1963) Contributi alla conoscenza della entomofauna della Ferula communis L. (IV). Studi Sassaresi Sez. III Annali della Facoltà di Agraria dell’Università di Sassari, Vol. XI: 120-129.

FIORI, G. (1964) Papilio hospiton Géné. Natura e Montagna, Anno IV, N. 4:192-194.

KETTLEWELL, H.B.D. (1955) The natural history ofPapiiio hospiton in Corsica.

Entomologist 88: 280-283.

NEW, T.R. and COLLINS N.M. (1991) Swallowtails Butterfiies: an action plan for their conservation. IUCN/SSC Lepidoptera Speciaiist Group.

PIERRON, M. (1990) Contribution ci/a conaissance de la biologie de Papilio machaon saharae Obth. Différences avec Papiiio machaon machaon L. et hybridations expérimentales. Alexanor 16 (6): 33 1-340.

STROBINO, R. (1970) Observations concernant Papilio hospiton Géné, en Corse et ses hybrides naturels avec P machaon. Entomops, 3 (19): 103-112.

VERITY, R. (1940-1953) Le Farfalle diurne d’Jtalia. Firenze.

ZANARDI D., DELIGIA S. e MAXIA G. (1969) La deferulazione dei pascoli sardi. Atti Giornate Fitopatologiche 1969. Regione Autonoma della Sardegna, Osservatorio per le Malattie delle Piante. Cagliari. pp. 535-546.