La vita del talassemico oggi

1. La qualità.

È innegabile che negli ultimi anni la qualità della vita del talassemico ha subito dei notevoli miglioramenti. I progressi compiuti dalla medicina nella pratica della terapia trasfusionale e ferro-chelante consentono al talassemico una vita pressoché normale. È però indispensabile che la trasfusione venga assicurata a scadenze fisse (cosa non sempre possibile per le note carenze di sangue) e che i depositi di ferro, per effetto del sangue trasfuso, siano ridotti al minimo.

 

2. Prognosi aperta per i talassemici oggi.

In questi ultimi vent’anni si è osservato che le prospettive di vita dei talassemici sono di gran lunga migliori rispetto al passato. Naturalmente ad una condizione: che attraverso l’assistenza specialistica vengano prevenuti i disturbi, per lo più legati all’accumulo di ferro nei principali organi. Oggi la prognosi sulla talassemia non è più infausta ma aperta.
 
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3. Terapia attuale del talassemico.

a) Terapia trasfunione: l’attuale terapia si fonda principalmente sulla trasfusione di globuli rossi da praticare per lo più ogni 15-20 giorni e sulla somministrazione giornaliera per 10/12 ore di un farmaco che elimina dall’organismo il ferro in eccesso che si accumula per effetto delle trasfusioni.

La trasfusione oggi, più sicura rispetto al passato, presenta ancora qualche insidia e non è sempre facile reperire il sangue necessario.

b) La terapia ferrochelante: consiste nella eliminazione giornaliera del ferro che si accumula con la trasfusione. Solo un bilancio controllato del ferro ed il più possibile vicino alla norma può permettere una vita di qualità proiettata nel lungo periodo.

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4. La prevenzione nella talassemia.

Prevenire la talassemia è uno dei principali obiettivi che si vuole raggiungere. In passato nascevano molti bambini talassemici. In questi ultimi anni il numero si è notevolmente ridotto. L’informazione, la formazione e la sensibilizzazione della classe medica è di gran parte della popolazione hanno consentito di tenere sotto controllo il fenomeno soprattutto se si pensa alle disastrose dimensioni dfatte registrare negli anni ’70. Ciò è importante non solo perché viene evitato a numerose persone di vivere con una malattia cronica, ma soprattutto perché un eccessivo incremento annuale del numero dei talassemici acuirebbe le già grosse difficoltà attuali nell’assistenza creando notevoli e gravi problemi di ordine psicologico, sociologico ed economico.

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5. La ricerca nella talassemia.

I finanziamenti dello Stato a favore della ricerca in genere sono limitati, soprattutto in questo difficile periodo di tagli e restrizioni economiche. Ancor più lo sono per la talassemia. La Fondazione, già da alcuni anni, sta provvedendo al finanziamento di una serie di progetti di ricerca, anche a livello internazionale.

I filoni di ricerca sono fondamentalmente due: il primo, di carattere farmacologico, consiste nell’individuazione di una molecola in grado di indurre un sensibile incremento nella produzione della emoglobina fetale, presente durante la vita intrauterina, in misura tale da sopperire alla ridotta produzione di emoglobina adulta, causa della severa anemia che colpisce il talassemico; il secondo è rappresentato dal tentativo, mediante l’ingegneria genetica, di sostituire, con un gene normale, il gene beta globinico, responsabile della difettosa produzione dell’emoglobina adulta. Gli scogli da superare sono rappresentati: in primo luogo dalla disponibilità di un vettore (retrovirus, adenovirus) capace di trasportare il gene sano ed arrivare alle cellule bersaglio, quelle staminali, senza nuocere all’organismo; altro problema è quello di avere disponibili un numero elevato di cellule "bersaglio" che possono favorire, dopo il condizionamento, una quantità sufficiente di emoglobina tale da ridurre o addirittura eliminare le trasfusioni di sangue.

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6. Il trapianto di midollo osseo nella talassemia.

Il trapianto di midollo osseo attualmente rappresenta l’unica forma di terapia che può portare alla guarigione. Va sottolineato che nella fascia di età compresa tra 1 e 16 anni, purché non ci si trovi in presenza dei cosiddetti fattori di rischio, le percentuali di successo sono alte. Dai 16 anni in su, in presenza di almeno un fattore di rischio, le percentuali di successo sono meno alte e possono attestarsi sotto l’80% se vi sono più fattori di rischio. Globalmente dopo una valutazione di tutti i dati conosciuti a livello mondiale si può affermare (cfr. Prof.ssa Caterina Borgna) che mediamente i rischi per un trapianto di midollo sono elevati e si possono così riassumere:

67% di successo (guarigione)

13% di insuccesso

(si può vivere con problemi legati al trapianto e si ritorna talassemici)

20% di decessi

La fase preparatoria al trapianto, ossia il condizionamento, è particolarmente stressante e pericolosa e comporta l’impiego di farmaci potenti, tossici, per la distruzione del midollo osseo del ricevente. Le possibili malattie secondarie da trapianto (GVH) rendono critica la fase del post-trapianto e in alcuni casi impongono una difficile convivenza per tutta la vita.

La scelta del trapianto deve essere attentamente valutata tra il medico, paziente e familiari lasciando a questi ultimi la decisione finale. Il trapianto di midollo osseo oggi è ormai una realtà. Vi sono molte probabilità di guarigione, tuttavia alcuni seri rischi non vanno sottovalutati. Non tutti, però, possono farvi ricorso a causa della mancanza, nel 70% dei casi, del donatore identico e perché talvolta le condizioni di salute, a causa di più fattori di rischio presenti, non lo consentono.

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7. La banca del midollo osseo.

La funzione della banca del midollo osseo è quella di reperire, a favore dei talassemici e di tutti coloro che possono trarre vantaggio dal trapianto, un donatore compatibile con il sistema HLA del ricevente. A tale scopo è importante che il registro sia costituito da numerosi donatori.