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 JUNIO  VALERIO  BORGHESE    

di Giuseppe Rossi

 
Prefazione
Dalle origini al 7 settembre 1943
L'armistizio dell'8 settembre
Dal 9 settembre '43 al 26 aprile '45
Il processo

 
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Il processo

La sera del 26 aprile il Comandante Borghese lasciava per ultimo la soglia del comando, in divisa, passando davanti a due individui con fazzoletto rosso al collo; e si diresse, tra il caos che imperversava per le strade, a casa di vecchi amici, sfidando la morte.
Infatti, per le strade milanesi, era già cominciata la caccia al “fascista”. Durante le giornate di forzato isolamento, Borghese ebbe tempo di meditare; e ne trasse la conferma che nulla aveva da rimproverarsi e che, se si fosse trovato in circostanze simili, non avrebbe esitato a prendere le stesse decisioni.
La terra intorno a Borghese diventava sempre più bruciata, tant'è che fu costretto a continui cambiamenti di domicilio, aiutato anche dal vice comandante del CLNAI Sandro Faini e dal rappresentante del Partito Socialista e comandante della brigata “Matteotti”, che si interessarono molto della sua persona.
Con i due, Borghese ebbe vari colloqui, dove gli fu proposto, tra l'altro, di affiancare la loro azione politica; infatti una presa di posizione a favore del Partito Socialista, avrebbe convogliato nelle loro file migliaia di uomini.
L'8 maggio si presentarono a Milano il capitano di fregata Carlo Resio e del maggiore americano James Angleton; i due si dicevano latori di un messaggio da parte dell'ammiraglio De Courten.
L'11 maggio il Comandante Borghese, dopo molti tentennamenti, accompagnato dai due emissari del Ministro della Marina, partì per Roma, ma l'ammiraglio sembrava essersi volatilizzato.
Nella sua buona fede di soldato, non volle dare ascolto alle pressioni di amici e parenti che gli consigliavano di lasciare Roma, e che non avevano tutti i torti; il 19 maggio '45 fu prelevato da militari americani e trasferito in una cella d'isolamento nel campo di concentramento di Cinecittà.
Nell'ottobre dello stesso anno, fu rilasciato dagli anglo-americani perché “ non criminale di guerra”; e venne subito richiesto dalle autorità italiane che lo inviarono al bagno penale di Procida.
Il 15 ottobre del '47, dopo ben due anni, inizio il processo che fu sospeso quasi subito; riprese l'8 novembre del '48 a Roma, nelle aule della vecchia Università della Sapienza. L'anno seguente, ci fu la conclusione del processo; riconosciuto “non colpevole” di “atti criminosi” né di “rapine” né di “sevizie efferate” né di “stragi”, fu condannato a 12 anni per “collaborazionismo col tedesco invasore”.
Anche in base al suo passato militare, all'attività svolta per la salvaguardia delle industrie del nord e per la difesa della Venezia Giulia, e per l'assistenza prestata senza distinzioni ideologiche ai marinai internati nei campi di concentramento germanici e alle loro famiglie, e anche in base all'amnistia, Togliatti, allora ministro di Giustizia, lasciò il carcere di Regina Coeli alle ore 19.00 del 17 febbraio 1949.
Ben orchestrata dai partiti di sinistra, era ovvio che la stampa manifestasse indignazione per la sentenza; furono organizzate manifestazioni in tutte le piazze d'Italia.
In aprile, il Comandante scrisse una lettera di saluto “agli amici e commilitoni”: “Cari amici e commilitoni della nostra gloriosa Decima Flottiglia Mas […] un particolare saluto a coloro che hanno sofferto persecuzioni, galera e fame […] la sentenza con la quale sono stato condannato a 12 anni di carcere non è quella che avrei sperato.
Avrei voluto una formula che riconoscesse la nobiltà degli ideali per i quali abbiamo combattuto fino alla fine e tanti nostri compagni d'arme sono caduti […] ma il tempo lavora per noi, e la verità si sta facendo strada […] solo col ristabilirsi dei principi morali si può iniziare l'opera di ricostruzione: occorre che cada la menzogna nazionale su cui si regge l'attuale classe governante.
Oggi il dovere di ciascuno di noi è quello di lavorare con i nostri princìpi di allora e di sempre: onestà, lealtà, coraggio e competenza […] sempre in gamba, ragazzi! Decima! – Valerio Borghese.

La sua avventura giudiziaria era conclusa.
Se ne apriva un'altra, quella di semplice cittadino italiano, il quale, non avendo cessato di amare e servire la Patria, e continuando a considerare il comunismo l'unico, perenne nemico del suo Paese, pagherà con l'esilio questo suo ulteriore crimine.
La Decima Flottiglia Mas, al suo comando, ha servito il Paese per 20 mesi; il fatto che si sia trovata dal lato perdente, non altera in nulla i benefici effetti prodotti.
Il Comandante Junio Valerio Borghese morì a Cadice, Spagna, il 26 agosto 1974.
E' sepolto nella Cappella Borghese in Santa Maria Maggiore a Roma.