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 LE RAGIONI SOCIALI E STORICHE DELLA DESTRA    

Introduzione
Il pensiero politico nazionale della destra
La difesa del lavoro nel pensiero della destra
Il pensiero economico della destra tra socializzazione e liberismo
La destra tra monetarismo ed interesse nazionale
La destra italiana tra irredentismo ed europeismo
Le ragioni sociali dell'Europa
Nazionalismo e mondialismo nel pensiero politico di destra
Unione monetaria, globalizzazione e stato nazionale
Relazione di sintesi
Dibattito

 
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Dibattito

Ora vorremo dare inizio al dibattito con una preghiera: coloro i quali ritengono di dover intervenire dovrebbero attenersi alle relazioni rivolgendo magari domande dirette ai relatori per le parti di loro competenza. Questo rende anche più comprensibile per coloro che stamattina non hanno partecipato ai lavori e soprattutto più lineare in termini di risposte perché queste possono essere suddivise per ambiti di competenza. Quindi, chi vuole può intervenire al dibattito.

Interviene dal pubblico: il Dr. Gastone Ciacchella:

Certa saggistica e pubblicistica, e non mi riferisco in particolare alla sinistra, perché può essere scontato, ma anche a certi elementi che possono essere configurati, tra virgolette, di destra, come Montanelli, come Renzo De Felice che è stato poi quasi scomunicato per certa revisione della storia, hanno dipinto l'azione di De Ambris nella Venezia Giulia, come carnevalesca, folcloristica, improvvisata, fatta con parate appunto carnevalesche e con serate e nottate goliardiche. Lei che è uno storiografo delle vicende di quella zona; cosa può dire, non dico a giustificazione che per me non è necessaria, ma a chiarimento perché vorrei essere ulteriormente confortato e chiarito su questo aspetto.

Risponde il Sen. Lucio Toth

Io premetto che non sono uno studioso di De Ambris. Io non credo assolutamente che si possa dire una cosa del genere per un sindacalista che aveva alle spalle quella esperienza. Il sindacalista è di lotta operaia quindi non è un giudizio giusto. Montanelli qualche volta queste cose le dice per il gusto di stupire, ma fondamentalmente se gli si parla a quattro occhi non credo che si permetterebbe di offendere. Tutta l'esperienza fiumana ha avuto dei caratteri, indubbiamente, di esaltazione collettiva che nascevano dalla nostra situazione in quelle città, in quelle terre, in quel momento di contesa che generalmente non sono stati vissuti in altri posti. E' una atmosfera che ha finito per affascinare chiunque sia venuto lì. D'Annunzio ha interpretato una situazione, la ha poi forse caricata con le sue parole, ma la situazione era quella. Non è lui che ha creato il fenomeno, il fenomeno c'era. Era un fenomeno di esaltazione nazionale ed anche di esaltazione di libertà ed in quel momento sono emerse le contraddizioni delle classi politiche italiane, dei ceti borghesi, della vecchia borghesia, della massoneria, della corona e sono venute fuori tantissime contraddizioni che hanno continuato ad accompagnare la storia italiana anche successivamente. Sono uscite le contraddizioni regolarmente. L'aspetto libertario e di novazione sul piano artistico e culturale era molto forte. Come si fa a chiamare una carnevalata una situazione nella quale Marinetti andò ben due volte a Fiume. C'era una atmosfera particolare. Certamente è stata a volte descritta come una forma di licenziosità perché a Fiume c'era, e poi del resto doveva restarci, c'era il divorzio come c'era in tutto il resto dell'Impero e nello Stato Ungherese, infatti ci fu poi bisogno di una regolamentazione successivamente alla annessione di Fiume all'Italia. Ci sono stati indubbiamente aspetti che però facevano parte della storia successiva del paese, in nuce ci sono stati tanti elementi: ad esempio la laicità dello Stato, che poi fu ripresa dal fascismo e che era l'espressione di una necessità di laicità rispetto ad un confessionalismo, che era negativo rispetto al Paese. Il fascismo, con la riconciliazione cercò di restituire al popolo italiano la sua libertà religiosa nella sua tradizione cattolica senza rinnegare la laicità dello Stato e quindi la libertà di tutti di sentirsi italiani anche senza essere cattolici. Senza con questo cancellare le radici storiche e culturali del cristianesimo e del cattolicesimo di cui la Nazione italiana è fortemente impregnata, ma non escludendo gli altri. L'esperienza di De Ambris nasceva in un insieme di queste valutazioni dove l'elemento sociale era molto forte, riemergerà nel San Sepolcrismo, quindi segue un po' tutta la scuola, c'era Corridoni, faceva parte di tutta una scuola. Dire che sia stata una cosa improvvisata e dire altre cose della Carta del Carnaro, alcune possono certamente essere arcaicizzanti nella loro espressione, perché poi ci mise un po' le mani il Poeta stesso, però le intuizioni come la partecipazione azionaria ad esempio, erano addirittura nel solco, anzi la dottrina cattolica ci arriverà più tardi. Ci sono dunque degli spunti. Chiaro che non era un convegno di studiosi, era un gruppo di soldati e di cittadini per cui non è che ci sia stata un'elaborazione dottrinale ma quante volte la storia è stata fatta anche da persone che non avevano alle spalle un bagaglio culturale di un certo tipo, però aveva la sua esperienza di sindacalista. Inoltre lì si viveva in una maniera che era particolare, per cui ci poteva essere una situazione di esaltazione, ma si tenga conto che la violenza durante l'impresa fiumana fu pochissima, non fu ucciso nessuno. Furono uccisi i legionari da parte dell'Esercito italiano quando bombardò la Città. Episodi di squadrismo non esistono perché la Città viveva in un'atmosfera di una certa esaltazione senza dubbio, tanto è vero che quando D'Annunzio se ne andò vinse il partito autonomista perché la popolazione era spaventatissima, delusa dell'esperienza pensando che tanto l'Italia non li prendesse. Si sono ammutinate le navi, si sono ammutinati i battaglioni interi, però poi dai e dai, hanno bombardato ed alla fine la Città ha dovuto cedere, e D'Annunzio ha dovuto cedere. Di fronte a questa situazione la Città si è data all'autonomismo, ciò che dimostra che non erano affatto dei pazzi. Del resto, ad un uomo che molti considerano responsabile di quello che è successo come Leo Valiani, parlargli male di D'Annunzio e dell'esperienza fiumana guai, perché è un uomo che la difende e dice che ha una valenza in sé perché lui è un Legionario ed ha cominciato la sua vita politica a 19 anni come Legionario. Sa che la situazione era quella , è stata un'esperienza unica, che è anche difficile capire ma dalla quale è uscita la Carta del Carnaro ed ha un valore ancora oggi perché il modo in cui oggi si sta andando verso Maastricht ci preoccupa tutti.

Interviene il Prof. Catello Cosenza

L'apprezzamento fornito alla sua domanda da parte del Sen. Toth, trova una puntuale conferma in un Convegno di livello internazionale in cui sono stati invitati a svolgere relazioni storici insigni come Visalberghi, Nolt, partecipammo anche io e Sinagra. La Fondazione del Vittoriale degli Italiani due anni fa ha celebrato con questo grande Convegno proprio l' Impresa fiumana sviscerandola in tutti gli aspetti in cui ci sono anche le cose che dice lei, ma sono le cose marginali che volevano essere il coronamento di questa grande ventata di partecipazione che sconvolse l'Europa; c'erano americani, c'erano inglesi, ci furono molte cose anche molto singolari, ma in realtà, il rilievo e l'importanza per ciò che fu detto e fatto in quei pochi mesi rimane nella nostra storia Patria.

Interviene dal pubblico: Avv. Maria Cristina La Barbera
Io mi chiedevo, in base agli interventi che abbiamo ascoltato, in che misura la prospettiva di ingresso in Europa potrebbe determinare un mantenimento dei livelli di disoccupazione o comunque non produrre un miglioramento in termini di prospettiva di tali livelli.

Risponde il Prof. Catello Cosenza

La questione per la verità, é un po' complessa. La moneta unica si iscrive in quei vantaggi che si possono avere quando si fa un Mercato Unico. Quando si fa un Mercato Unico, di fatto, si tende ad ottenere un miglioramento dell'efficienza generale del produrre perché sin tanto che le aree sono separate ognuno ha una maggiore tendenza all'autarchia, quindi si produce tutto. Naturalmente produce le cose per le quali ha una grande capacità produttiva, quindi in cui c'è un'incidenza di costi piuttosto bassa, e produce anche le cose anche nelle quali ha un'incidenza dei costi piuttosto alta. Non appena si abbattono le frontiere c'è una certa ridistribuzione delle strutture produttive. Ognuno fa quello che ha maggiore vocazione a produrre. Se si ha questa disponibilità ad effettuare la produzione con maggiore vocazione a produrre, quindi, abbiamo una redistribuzione delle attività produttive con aumento generale dell'incremento del prodotto perché laddove tu producevi, con alta incidenza di fattori, un prodotto modesto, adesso questo lo fa chi è in grado di farlo meglio e tu fai solo le cose migliori. Questa redistribuzione delle strutture produttive porta ad un aumento del dividendo complessivo per cui c'è un momento generale di benessere ed è questo l'aspetto positivo dei processi di integrazione. L'aspetto negativo sta in una condizione che va per dimostrata ma non lo è per niente. Cioè che, quando si aprono le frontiere, a fronte di un produttore nazionale che riesce a vincere la concorrenza internazionale e colloca l'estero i suoi prodotti aumentando la produzione e l'occupazione, ce ne è uno che non riesce a sostenere l'urto della concorrenza internazionale, che riduce la produzione e riduce anche l'occupazione. Sotto, l'idea è che ci sia un perfetto bilanciamento, cosa che non è. Per cui possiamo dire che un qualunque processo di integrazione aumenta il dividendo ma non è detto che possa mantenere intatta l'occupazione. L'aumento del dividendo determina di fatto la disponibilità di risorse che potrebbe consentire non di indennizzare chi è senza lavoro, perché farebbe pensare all' assistenzialismo, ma di rinnovare strutture produttive in modo da renderle più produttive e consentire l'aumento ulteriore della produzione con un aumento del benessere materiale il quale non solo è verificato sul versante dei beni disponibili a soddisfare i bisogni, ma anche sotto il profilo della capacità del sistema complessivo così integrato ad accogliere la domanda di chi vuole entrare nel sistema di lavoro. Ripeto che per qualunque sistema economico il primo standard di funzionamento è la capacità che il sistema ha di convitare. Tutta la classe politica e la classe dirigente nella quale io mi iscrivo, dà una pessima prova di sé in questo contesto, di governo o opposizione, perché se noi non riusciamo a dare lavoro a chi esce dall'Università, a chi vuole entrare in questo processo, e quando vuole entrare non vuole solamente avere un reddito ma vuole soprattutto avere una verifica della sua presenza efficace nella società, vuole essere riconosciuto nella sua capacità di recare un suo contributo positivo sul piano sociale, noi commettiamo un delitto. Queste cose vanno viste con un realismo spietato. Se tu, ad uno lo tieni fuori dal mercato del lavoro per cinque o sei anni, quello non lavorerà più!!! E' perso per la vita!!! Allora puoi veramente fare come a Napoli, ed io sono napoletano, dove esistono mestieri che non hanno l'eguale in nessuna altra città europea. Ed io mi chiedo, da economista, una città che prima che essere latina era greca e che ha un'arte di arrangiarsi ormai trimillenaria, perché non sviluppare le attività imprenditoriali di questo sud straordinario, pieno di fantasia e pieno di capacità di innovazione? Vi do un esempio rapido: io ho una vecchia zia di 92 anni che è più inglese che napoletana. La chiamiamo, a casa l'implacabile. A questa zia il nipote pensò di fare un regalo e le comprò un frigorifero. Naturalmente Napoli è Napoli. Allora io, ad un certo punto, dissi ad un mio amico, che è un nostro amico, c'è un modo di comprarlo? Io sto a Roma! Lui mi dice: Si, c'è modo di comprarlo ad un prezzo molto buono. Io compro questo frigorifero e mia zia è anche contenta; torno a Napoli che ho pagato una cifra che mi sembra anche molto bassa ed incontro il Commendator Borghi, che era il padrone della fabbrica dalla quale era uscito il frigorifero. Allora io dico, senta, ma voi avete un bel coraggio, perché avete dei ricarichi....! Lui dice: come? Lei lo ha pagato a questo prezzo? Non è possibile? Dopodiché dice: mi informerò. Telefonerò a Comerio e le farò sapere. Telefona e dice: no, é escluso; noi non abbiamo mai venduto, in nessuna occasione, nemmeno come stock di materiale fuori produzione, a quel prezzo. Allora la mia angoscia era: povera zia, a questa arrivano i Carabinieri, sarà merce ricettata! Allora dico rapidamente ai miei amici: abbiate pazienza, non mettetemi in mezzo ad imbrogli. Insomma parlai con questo signore. Questo signore a pezzi e bocconi mi disse:
- Guardi professò, lei deve tentare di capire. Questa è una città un po' particolare.
- Guardi pure io sono napoletano.
- Si, si, é napoletano, lo dice lei. Ma qui la vita è difficile ed ognuno fa come può. Guardi, esistono determinate operazioni a breve, anzi, a brevissimo che però, per la loro delicatezza e peculiarità non possono essere finanziate dal Banco di Napoli. E' però, sa, queste piccole operazioni a breve o brevissimo devono essere fatte ed implicano una liquidazione immediata dell'operazione. Ed allora, sa, insomma, arriva questa nave che sta a sei miglia, là, insomma, un po' annegata nella nebbia, ed allora quel carico, lì, vale cento milioni. Se io riesco a fargli fare le sei miglia quel carico da cento milioni passa a trecento milioni. Se, poi, addirittura riesco a caricarglielo sul camion e riesco a portarlo in una casa più vicina diventa addirittura 500 milioni. Capirai questa è un'operazione che rende il 500 per cento nel giro di 4 ore. Ma posso io andare mai al Banco di Napoli a dire: mi finanziate questa operazione? Allora io che cosa faccio?: io prendo un TIR, vado a Comerio, lo prendo al prezzo che fa ai grossisti, poi arrivo sulla piazza e svendo al 10% in meno di quello che vendono tutti quanti i fornitori ufficiali. Signori miei. questa è una straordinaria innovazione finanziaria. Naturalmente fatta ai limiti della legge da uno che era completamente fuori dalla legge. Questa è la napoletanità. Allora, un sud che ha questo tipo di iniziative meriterebbe di avere maggiore attenzione. Io ho ascoltato con grande attenzione Nobilia e devo dire che vi siete fatti un grande merito con questo Convegno perché, francamente, questi Convegni sono talvolta un po' gioculatorie e poi anche litanie. Invece, qui c'è stato un dibattito vero. Avete sentito Nobilia che ha fatto giustamente l'elogio del sindacato. Però io non sono d'accordo con quello che dice lui perché lui stamattina diceva che, in realtà, questo è un Paese senza un nerbo, senza un niente. Diceva: noi che cosa abbiamo fatto, come sindacato - lui e, diciamo le cose come stanno, quelli un po' più grossi di lui, naturalmente -, noi abbiamo avuto una funzione di supplenza nei confronti della politica. Sembrava che noi, quasi quasi dovessimo dirgli grazie. Secondo me, a lui che è un amico, che è un Camerata, glielo diciamo pure grazie. Ma al sistema no! Francamente no! Perché se poi dobbiamo dire le cose come stanno la supplenza ai più forti non l'hanno fatta manco loro ma l'hanno fatta i giudici. Troppe supplenze. Questo è un Paese in cui ognuno fa il lavoro degli altri invece del proprio. Allora in questo contesto generale quale è il significato dell'Europa? Qui, è stato detto, c'è una singolare sintonia. Onestamente bisogna dire che nessuno di noi si era concordato con gli altri ma tutti abbiamo avuto un filone di orientamento comune da cui è emersa la necessità della destra. Il tipo di discussione che abbiamo avuto noi, stavo riflettendo mentre in maniera straordinaria parlava Augusto Sinagra, nel ricordare le vicende che legano tutti noi e richiamano tutti noi ad una forma di rispetto delle nostre esperienze passate. Tu puoi rivisitare il passato perché sei un inguaribile nostalgico, perché stai con la testa all'indietro oppure puoi tornare al passato perché di là parte la soluzione dei problemi. Allora noi diciamo che mentre abbiamo il desiderio e la gioia di rivedere un passato che ci onora, al tempo stesso noi riandiamo con grande interesse a quel passato perché lì troviamo la radice dei problemi per tentare di risolverli. Allora, da questo punto di vista, le cose vanno dette esattamente come stanno: c'è bisogno di destra nel nostro paese, anche in relazione alla domanda che faceva lei e cioè che speranza abbiamo noi, in Europa, per quanto riguarda l'occupazione? Perché abbiamo capito che questo Paese, anche per quello che diceva Nobilia, manca di quella forma di coesione interna di cui dicevamo. In più, senza questa coesione interna si avvia a diventare regime. Regime diventa quando ci si avvia al pensiero conforme ed obbligato. Tu puoi obbligare al pensiero conforme o con il bastone o con la carota. Qui non c'è il bastone ma la carota; c'è e viene usata ad ogni piè sospinto. O tu stai con loro o senno rimani dove stai, nessuno ti dice niente, ma sei completamente fuori. E in quell'ansia di partecipazione, di diversa natura di quella che dicevamo noi, porta questo Paese, che ha la vocazione a sopravvivere a se stesso, ad allinearsi nei confronti di questo. Ma questo Paese perde la libertà. Allora occorre che la destra contrasti questa deriva che porta al sistema e al regime. Ad un sistema che è un regime. Ad un regime che è liberticida di fatto anche se lo fa in maniera incruenta. Dall'altro lato c'è il problema di cosa possiamo dare come garanzia ad una bella ragazza come lei che si avvia, oggi, ad entrare nella vita. Dobbiamo darle la garanzia di entrare in una casa che abbia un minimo di ordine, in cui ci sono delle promesse che vengono mantenute, in cui c'è quel tale progetto di cui tutti noi abbiamo parlato. Ma questo scaturisce solo se noi abbiamo il sentimento di avere veramente un destino. Il destino ce lo abbiamo se riusciamo a guardare i cimiteri, se capiamo che noi siamo una lunga teoria di morti e di nascituri, se abbiamo la percezione che, anche nei momenti di sbandamento, noi siamo quello che siamo, per la lingua che abbiamo, per le esperienze comuni, per il fatto che, diciamo la verità, ha ragione Montanelli nel dire che là c'erano un po' di incerti nel sesso perché volevano la liberazione sessuale, quegli altri che erano i goliardi, quegli altri che portavano il mantello scuro. Tutte cose che sono accadute a Fiume. Ma era solo quello Fiume? No! No! Fiume era anche quello! E vorrei dire che proprio in questa marginalità c'è questa ventata straordinaria di invenzione della politica perché noi nasciamo in un tipo di società nella quale la vita che noi abbiamo non è l'unica possibile. Ce la hanno tramandata i greci ed i latini. I greci che hanno posto come obiettivo fondamentale la conoscenza e dico anche il valore del teatro. Allora la conoscenza era quella delle relazioni interpersonali. Che cosa posso capire io; quello che è frutto della mia esperienza. Ma io sono limitato nell'esperienza della mia vita. No, voglio vivere più vite. A questo punto se c'è qualcuno tanto bravo che mi rapisce e mi porta con se e mi fa vivere le sue esperienze con l'angoscia, con la gioia, con l'ironia, con il dolore, io, attraverso il teatro mi impadronisco di altre esperienze ed allargo la gamma della mia sensibilità e della mia intelligenza. Questa Grecia che ci ha dato, questo mondo latino che ci ha dato questo modo ordinato di vivere che noi abbiamo, in qualche modo, trascurato, ha anche avuto un grande risultato sotto il profilo della conoscenza perché è stato fortemente aiutato da un mezzo di comunicazione scritto che consente l'accumulo delle conoscenze; se avessimo una tradizione orale il massimo che si potrebbe trasmettere è quello che rimane nella testa delle persone; con il segno invece, abbiamo l'accumulo delle conoscenze. Noi lo facciamo attraverso l'alfabeto, in altri Paesi lo fanno con gli ideogrammi. L'alfabeto sono 24 lettere e dieci numeri, è un fatto analitico il metodo razionale e noi siamo arrivati sulla luna e siamo riusciti a sconfiggere l'atomo. Badate che qui, in agguato, i pericoli ci sono. Lo vediamo con il caso Di Bella. C'è questa forma di delirio di onnipotenza che prende quelli che hanno questa forma di sicurezza nella scienza, considerando quelli come fatti obiettivi che io adesso ho citato, ma quando vanno fuori squadro per eccesso di sicurezza di quello che fanno, loro cadono in quello che io chiamo il totalitarismo razionalistico: quell'atteggiamento imbecille per cui costui, assolutamente fiero del metodo, è portato a negare l'esistenza stessa di un fenomeno per il solo fatto che non lo sa spiegare e dice che non è possibile. Ma dove sta scritto? Allora questo tipo di vita, in questo modo, può consentire a noi di entrare in Europa se, però, prima in Italia riuscissimo ad avere questo sentimento della cosa comune per poi trasmetterlo all'Europa. Tutto quello che qui è stato citato è assolutamente vero. Ha ragione Pennisi che in questo modo noi cominciamo a fare un'Europa che divide e non un'Europa che unisce. E' vero che noi questa la facciamo sulla base di una così mediocre forza. Badate che la storia della moneta, con tutte quante le sue prescrizioni, può essere spiegata così. Immaginate una famiglia che ha una bella ragazzina come lei, come poteva essere lei quando aveva 14 anni. A 14 anni, in fremiti post-adolescenziali, accompagnamoci anche il risveglio della stagione a primavera, il padre vede che lei all'imbrunire non è tornata a casa e chiama la mamma e dice:
- Oh! Sta fuori.
- Ma sai, sta giocando!
- Ma come, tu non vedi! Non controlli tua figlia! Facciamola venire.
Allora lei viene, si mette un po' a piangere perché è stata sgridata, poi il padre dice:
- Guarda, tu, adesso, ricordati che devi rientrare entro le otto. Ricordati che se non torni entro le otto la porta è chiusa e non si riapre più.
A questo punto lei dice: si, si, papà.
Due giorni dopo, come capita, è inevitabile - trasgredisce, l'errore è vita! - lei non torna. Il padre nervosamente dice: Tu non controlli! ecc. ecc. Allora, a questo punto, il padre vuol fare il padre.
E quando lei bussa alla porta lui dice: niente! La porta è chiusa!
Naturalmente lei comincia a piangere dietro la porta per 10 minuti, tutti sono nervosi dall'altra parte ed ad un certo punto non si sente più niente. Allora arriva il dramma da questa parte della porta. Il padre dice: telefona alla zia. Ma dalla zia non c'è. Vedi se sta dall'amica. Ma dall'amica non c'è.
Allora, poi, l'ansia, la preoccupazione!
Ecco. Il problema dei requisiti positivi sotto il profilo monetario è questo. Se si riesce ad ottenere che la moneta venga gestita in maniera corretta senza che vi sia un abuso di essa sotto il profilo dell'inflazione, per esempio, non c'è dubbio che questa sia una situazione ottimale per riuscire ad ottenere quelli che sono gli obiettivi ottimali dell'economia: produzione ed occupazione.
Ma se, in realtà, succede come abbiamo visto con lei, che non riesce, magari perché in crisi di astinenza dalle cattive abitudini precedenti nella cattiva gestione della moneta c'è una forma di ormai inveterata abitudine, non si rientra nei parametri positivi, questo determina inevitabilmente una serie di abbassamento drastico dei valori reali delle performances economiche. In questo caso gli obiettivi monetari diventano inguaribilmente ed inaccettabilmente formalistici.
Lo dicevo a lei prima, e lo diceva Sinagra, vaglielo a dire al disoccupato che abbiamo la casa in ordine. Entriamo a Maastricht. Ma dillo a quei 2.500.000 disoccupati!!! Ecco, noi dobbiamo dire che noi ci iscriviamo con orgoglio in un tipo di tradizione politica in cui non abbiamo mai fatto far premio agli aspetti formalistici e rituali rispetto alla realtà della vita del Paese. E questo lo vediamo anche nella frase della canzone che Sinagra ha ricordato e in cui c'è questa ricaduta nella visione complessiva della cultura di un Paese vista in senso antropologico. Anche le canzoni hanno un senso: la guerra del sangue contro l'oro.
Si è parlato nel' 30 proprio in Italia della base che dava valore alla moneta, effettuata dal lavoro e non dall'oro.
Tutte cose che rimangono proclamazioni fini a se stesse. Ma, allora, per tornare a lei, devo dire che obiettivamente, oggi, per come nasce, l'Europa non dà grandi speranze di occupazione a meno che i sindacati non cambino il loro tipo di atteggiamento.
Dicevo stamattina che il sindacato è nato per dare forza agli operai che si presentavano da soli, atomisticamente, indifesi e deboli rispetto al padrone che era unico. Li ha organizzati ed ha gestito i loro interessi in modo da impedire il loro sfruttamento.
Ma adesso che questo sforzo lo ha fatto, il sindacato difende i vantaggi ottenuti.
In America sono aumentati i posti di lavoro, ma proprio in un sistema deregolamentato in cui tutti i posti aumentano alla base della struttura sociale, con paghe che non sono molto rilevanti. Questa è la dinamica del sistema. Poi, un po' alla volta lei diventerà più brava; lei adesso sta a bottega per fare l'Avvocato; appena diventerà brava anche io porterò da lei le mie cose da fare se non sono tanto importanti da dover scomodare il suo maestro. E un po' alla volta lei impara, un po' alla volta cresce.
Questa è la flessibilità del sistema. Ora noi siamo entrati in un sistema in cui, per effetto della globalizzazione o, perlomeno, dell' allargamento delle basi concorrenziali, questo tipo di spinte saranno sempre più rilevanti. Se noi abbiamo maggiore flessibilità all'interno sarà un'occasione, senno no.
Una parola per il mezzogiorno. Badate che in questa tendenza alla riallocazione delle strutture produttive in modo che ne scaturisca questo maggior vantaggio, c'è una forma di drenaggio all'interno del sistema. Le cose si spostano da una parte all'altra e c'è il rischio che alcune zone finiscano per essere totalmente drenate. Tutto questo io lo posso dire perché sono stato assistente di quello che è stato il Consulente unico del Governo italiano quando si negoziarono i Patti di Roma. E lui mi diceva: vede, Cosenza, per me il problema è difficile. E si confidava con me che ero piccolino. Perché nel momento in cui tutta l'attesa è dei vantaggi che si ottengono dall'abbattimento delle frontiere, io ho avuto mandato dal Governo di difendere le zone depresse e quindi erigere una barriera protettiva mentre tutti si aspettano l'abbattimento delle frontiere. Sia reso onore a Giuseppe Di Nardi che difese con patriottismo la causa nazionale. Ma devo dire che trovò ascolto, proprio come è stato detto stamattina, da statisti non solo italiani ma anche europei che avevano animo per capirlo. Quelli di allora sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelli di ora. Noi paghiamo un ultimo prezzo alla Germania perché la Germania nell'uso disinvolto della moneta ha patito due iperinflazioni, allora loro sono estremamente suscettibili rispetto ad una manovra disinvolta sui soldi. Contano di più, possono stabilire le regole e allora vogliono regole sicurissime per quanto riguarda la questione dei soldi. Sono i tedeschi che la mettono in ballo in questo modo. Io devo lamentare che tutti si siano accodati a quello che la Bundes Bank vuole. Devo dire che tutto questo lo lamento a ragion veduta. Io faccio un'accusa grave ai miei colleghi. Io dico che le ragioni degli economisti sono state assolutamente sopraffatte da quelle dei contabili.
Vorrei dire che uso il termine con grande riguardo. I contabili sono quelli che ci mettono in ordine i conti, che non ci fanno inseguire dai debitori. Ma un conto sono i contabili, un conto sono le ragioni dell'economia. Ve ne do una spiegazione molto elementare. Noi abbiamo avuto fra il '30 ed il '40, degli straordinari esperimenti fatti in regimi totalmente diversi. Noi lì siamo, forse, meno rilevati di altri. Abbiamo avuto Roosvelt in America, abbiamo avuto Hitler in Germania. I sistemi erano diversi sotto il profilo della formazione delle decisioni: Roosvelt aveva un sistema complesso, Hitler invece no. Ma tutti e due hanno avuto lo stesso problema: c'era una depressione nella loro economia. Roosvelt cominciò con questo nuovo corso, il New Deal, a fare la Tennessee Valley Autority, e cominciò una grande corsa che poi il Paese continuò. Il Caporale in Germania si trovò più di 5 milioni di disoccupati. C'erano quelli che morivano di fame. I contadini che non piantavano le patate perché non avevano i soldi per comprarle. Il muratore che era disoccupato. Lui da buon Caporale dice: tu mettiti a fare l'acciaio, tu mettiti a fare le autostrade e tu pianta le patate. Può sembrare una gag, non é una gag. Su questa base lui determinò la salvezza di una economia che ha retto ad uno schiantante collaudo con cinque anni di guerra mondiale. Io mi chiedo e vi chiedo: se noi dovessimo, oggi, avere una cosa simile, quale sarebbe la risposta che noi riteniamo che giornali, media, tutti sono pronti ad accettare come progetto invalidante: dove sono le risorse? Cosa doveva dire Roosvelt. Dove erano le risorse in un Paese depresso, che usciva dalla depressione? E nel caso di Hitler, dove erano le risorse?
Il problema delle risorse è uno solo. Io dico a lezione ai miei studenti: quando vedete un signore che dai venti pollici del video vi dice che il Paese non può fare il passo più lungo della gamba, che il Paese, ad esempio, non può fare più case di quanto il cemento ed il ferro disponibili consentano, mi potreste obiettare: tu hai sempre detto che bisogna badare a questi politici che sono pronti, per essere eletti, a fare tutte le promesse possibili ed immaginabili e scadere nella demagogia. Finalmente abbiamo una persona seria! Al contrario, io ti risponderei: no, guarda che quello non è tanto serio, anzi è anche un po' cretino. Ma come? Lui ha detto che il Paese non può fare il passo più lungo della gamba e non può fare più case di quanto il ferro ed il cemento disponibili consentano. Allora Cosenza, che arriva sempre in ritardo e che é sempre deplorevolmente abbigliato e che in quel momento ha fretta, dice: senti, io adesso non ho tempo di spiegartelo, però tu vai da quelli che fanno ferro e cemento e chiedi loro perché non lo fanno. Lui tornerebbe dopo un po' a riferire che quelli dicono che il ferro ed il cemento non li fanno perché non si fanno le case. Allora qui c'è una differenza fondamentale fra la visione sistemica dell'economia e l'economia che ognuno di noi qui abbiamo in testa che è l'economia delle unità economiche elementari per le quali noi abbiamo che le risorse devono essere contate prima di fare alcunché per dare serietà al proposito. Vale per il tuo stipendio, ma non se sei poveri, anche se fossi Onassis tu devi tenerti nel limite dei soldi che Onassis ha. Per l'intero sistema non è così. Perché per l'intero sistema le risorse si vanno approntando mano a mano che se ne vede la possibilità dell'utilizzazione. Questo non significa che esistono risorse limitate, questo significa solo che prima della frontiera della materialità c'è una frontiera più avanzata che, come sentimento del possibile, un Paese ha e deve avere. Ecco perché un Paese che ha grande entusiasmo, grande capacità, ed una grande leadership, ha la possibilità di fare, di dare lavoro ai ragazzi eccetera, ma un Paese senza anima non l'avrà mai questa possibilità.