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MANIPOLAZIONI  GENETICHE :

considerazioni bioetiche e scientifiche

 

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Non tutto quello che viene dopo è progresso

"Ancora un piccolo progresso

e potrete scegliere i vostri piccoli come al canile,

in base al colore del pelo e alla lunghezza delle zampe,

alla forma delle orecchie e a una costituzione sana"

(J. Tessart)

 

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Il progressivo sviluppo della ricerca nel campo della biologia molecolare ha permesso di approntare numerosi protocolli per la manipolazione genetica sia di piante, sia di animali, sia in campo umano, ponendo le basi per la nascita delle biotecnologie, grazie ai quali è possibile isolare, modificare o trasferire da un organismo all'altro determinate unità di informazione chiamate geni. Immaginando il nostro patrimonio genetico come un manuale, i geni potrebbero rappresentare i singoli capitoli al cui interno sono presenti tutte le istruzioni per costruire ciascuna parte del nostro organismo.

Le potenzialità delle biotecnologie sono numerose: è previsto che saranno applicate in molti campi, dalla medicina alla produzione alimentare. L'applicazione delle biotecnologie alla sfera umana è argomento di forte attualità ed è fonte di numerose polemiche, dibattiti e riflessioni di carattere sia tecnico-scientifico sia filosofico, morale e religioso.

In passato il termine manipolazione riferito all'uomo ha destato quasi sempre sospetto, rinviando al significato negativo di indebita ed arbitraria manomissione di qualche livello della sfera personale. Ancora oggi è un termine fondamentalmente ambiguo, come tutte le denominazioni concernenti l'uso di strumenti la cui valutazione morale dipende dall’intenzione degli effetti. Per questi motivi, lo sviluppo della biologia molecolare e delle biotecnologie è accompagnato, simultaneamente, da una grande fiducia e da preoccupanti timori. Se da una parte vengono coltivate grandi speranze in rapporto alla salute, con particolare riferimento alle possibilità terapeutiche di superare gravi patologie ereditarie, d'altra parte non si possono sottovalutare i timori di un uso distorto ed inaccettabile delle conquiste scientifiche della bioingegneria.

 

La problematica sollevata dalle applicazioni della genetica in ambito umano ha contribuito notevolmente alla creazione della cosiddetta bioetica, una disciplina che si occupa della correttezza etica di qualsiasi attività che interferisca con il valore della vita, dell'integrità psicofisica, della salute e della qualità di vita della persona.

Il problema non è quello di opporsi a priori al progresso scientifico, opposizione che del resto appare in pratica impossibile, oltre che ingiustificabile, ma quello di capire quale siano i limiti ed il comportamento eticamente corretto circa l'uso delle manipolazioni genetiche in ambito umano.

Ogni intervento nel campo delle biotecnologie applicate all'uomo deve essere fatto non soltanto in modo da non nuocere alle future generazioni, ma anche in modo da rispettare la dignità del corpo umano.

Volendo considerare la persona umana, dal punto di vista filosofico-religioso, come una totalità corpo-spirito, allora anche la dimensione corporea è da considerarsi una parte costitutiva, e non accessoria, della dignità della persona ed in quanto tale non può essere trattata come oggetto o strumento per fini estranei alla totalità personale.

Anche le manipolazioni genetiche devono quindi essere guidate, giustificate o vietate a seconda delle conseguenze che ne derivano per il benessere globale della persona .

Con questo non voglio affermare che il corpo umano sia intangibile o che sia da sacralizzare: voglio semplicemente rilevare che la dimensione fisica umana ha una propria rilevanza etica, della quale occorrerebbe tener conto quando si dispone di essa. 

Se si accetta la concezione della persona come unità e totalità corporeo-spirituale, allora gli interventi manipolativi sull'uomo, in qualunque fase del suo sviluppo, dovrebbero muoversi nella linea della realizzazione di valori personali. Si possono dunque considerare leciti tutti quegli interventi che rispettano e promuovono la persona nella sua integralità e salvaguardano la sua individualità.

 

 

Non posso certo erigermi a giudice super partes: il giudizio etico sulle possibili forme manipolative genetiche esula dalle mie limitate conoscenze e dalle mie limitate competenze. La mia opinione, tuttavia, è che tale giudizio sia comunque gravato da un alto grado di ipoteticità e da una certa astrattezza, soprattutto perché ancora non si conoscono con esattezza le possibili conseguenze, sia a livello biologico che a livello di rapporti sociali, per la persona immediatamente interessata e per le future generazioni.

Tali manipolazioni si caratterizzano e si differenziano per le specifiche finalità cui esse mirano e non possono quindi essere dichiarate indiscriminatamente illecite per principio, per il solo fatto che tutte modificano ad un livello molto profondo la struttura biologica umana.

La manipolazione genetica terapeutica mira ad eliminare e a prevenire le malattie causate da un disordine genetico. L'intervento manipolativo è effettuato sostituendo il gene o il gruppo di geni che danno origine alla manifestazione patologica.

L'atto di nascita della terapia genica, almeno nella sua prima applicazione pratica, data al 14 settembre 1990, quando W.F. Anderson e R.M. Blaese trasferirono per la prima volta in un essere umano (una bambina) il gene per l'enzima adenosindeaminasi, nell'intento di correggere uno stato di immunodeficienza combinata grave (SCID), dovuto appunto a carenza di questo enzima.

A questo esperimento ne seguì un secondo a breve distanza di tempo da parte della stessa équipe, e un terzo nel 1992 da parte di C. Bordignon dell'Ospedale S. Raffaele di Milano.

A questo primo protocollo se ne aggiunsero presto numerosi altri, estesi essenzialmente alle malattie ereditarie a carattere recessivo, le più passibili (almeno sul piano teorico) di questo tipo di terapia.

La terapia genica offre anche altre nuove prospettive per potenziare le difese dell'organismo contro cancro e altri tumori maligni, AIDS, malattie autoimmuni ed infettive.

In linea di massima, credo che la manipolazione  genetica terapeutica non susciti problemi di ordine etico, proprio perché strettamente curativa, a patto che sia sostenuta da una fondata speranza di successo e che ci sia una ragionevole proporzione tra i benefici che si spera di conseguire e i danni eventuali che l'intervento potrebbe provocare. 

Un'altra forma di manipolazione genetica è quella denominata alterativa. In questo caso vedo difficoltà ed ostacoli insormontabili dal punto di vista etico, perché il mutamento indotto nel genoma mira ad alterare l'identità specifica della persona umana, esprimendo così un atteggiamento immorale di arbitrario dominio dell'uomo sull'uomo.

Considero simili interventi eticamente inaccettabili soprattutto perché contrari al diritto fondamentale di ogni essere umano alla propria identità, cioè ad essere se stesso, ma anche perché le immotivate modificazioni genetiche sarebbero trasmesse alle future generazioni, che resterebbero condizionate per scelta arbitraria di altri uomini.

Questo tipo di manipolazioni porterebbe l'uomo a trovarsi nella riduttiva condizione di oggetto progettato e prodotto da altri uomini per obiettivi che nulla avrebbero a che fare con la promozione individuale o sociale della persona.

 

Si può ipotizzare anche una terza forma di manipolazione genetica, chiamata migliorativa (o potenziativa). Questa mira a migliorare le condizioni biologiche dell'essere umano, eliminando i difetti genetici accumulatisi nel corso del tempo e potenziando il patrimonio di cui la persona è attualmente dotata.

In linea di principio questo tipo di interventi manipolativi sembrerebbe eticamente ineccepibile proprio perché teso a portare un miglioramento di qualche tipo nel genoma umano.

In realtà pone problemi di non facile soluzione: verso quale progetto di un uomo occorre sollecitare l'evoluzione? E quali aspetti dell'attuale soggetto umano occorre conseguentemente potenziare? Inoltre: un’operazione del genere non comporterebbe seri rischi di discriminazioni sociali, considerato che il miglioramento di alcuni potrebbe comportare svantaggi per altri, con conseguenti rischiosi squilibri sociali?

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Si può concludere dicendo che, allo stato delle attuali conoscenze, qualunque manipolazione genetica che non si configuri come atto terapeutico, curativo o preventivo solleva perplessità per ora molto difficili da superare, perché ancora non si può ben valutare la gravità delle rischiose conseguenze, incluse quelle riguardanti le future generazioni.

Chi lavora nel campo della genetica non dovrebbe lasciarsi andare alla tendenza di ridurre l'uomo ad un semplice insieme di meccanismi biochimici, quasi fosse un robot programmato per svolgere determinati compiti. L'uomo non è e non deve essere considerato una macchina il cui funzionamento è precostituito dai geni.

È indispensabile che gli scienziati continuino a procedere con prudenza e a rispettare regole severe di sicurezza, interrogandosi di fronte ad ogni innovazione che si presenti.

 

Anche perché, come diceva Alessandro Manzoni, non tutto quello che viene dopo è progresso.

 

 

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