IL  SONNO

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  "E' momento struggente quando si sente di dormire

e l'anima si sdraia sul corpo, languidamente,

come un prigioniero che posa il capo

in seno alla dolce compagna di sua sventura."

(Niccolò Tommaseo, 1802-1874, scrittore)

 

 

Il cervello umano: un fantastico, impossibile mostro!!

 

Il cervello umano è un meccanismo così complesso e ricco di misteri che nessuna definizione può veramente rendergli giustizia. Certamente si può affermare che esso costituisce la più grande sfida alla biologia. 

Al microscopio, ogni singola cellula cerebrale con le sue fibre nervose somiglia un po’ alla chioma di un albero. Da ogni ramo nascono rami più piccoli e da ciascuno di questi si diparte una successione di ramoscelli sempre più minuscoli. La “giungla cerebrale” contiene circa 100 miliardi di cellule come queste, chiamate neuroni, in connessione tra loro, con incalcolabili possibilità di interazioni e di influenzamento di grado variabile.

 

Per avere un’idea del numero di comportamenti possibili, basti pensare questo: un essere che avesse un cervello costituito soltanto da 2 cellule potrebbe avere soltanto 7 comportamenti possibili (tra i quali, per esempio, muoversi, evitare gli ostacoli, nutrirsi e riposarsi). L’uomo invece, in virtù del proprio cervello, può avere la strabiliante cifra di 200 milioni di milioni di milioni (2 seguito da venti zeri = 200 miliardi di miliardi) di comportamenti possibili: non c’è che dire, il cervello umano è veramente un fantastico, impossibile “mostro”!!

C’è da chiedersi se l’evoluzione tecnologica riuscirà o meno alla costruzione di un computer dalle prestazioni uguali a quelle incredibili del nostro cervello. 

I libri e i film di fantascienza sono pieni di macchine dotate di super-intelligenza e dall’aspetto più o meno simile all’uomo: si va dai robot che investigano su delitti compiuti dagli uomini ad altri robot che proteggono gli ultimi superstiti del genere umano, dai simpaticissimi robottini del film “Star Wars” 

 

Droidi del film Star Wars

 

al computer HAL 9000 del film “2001: odissea nello spazio” che impazzisce per la troppa responsabilità cui è sottoposto

 

HAL 9000

 

oppure al bislacco computer Joshua che, nel film “WarGames”, manda in crisi tutto il dipartimento  della difesa statunitense.

 

Film Wargames: stanza del NORAD statunitense con il computer Joshua sullo sfondo

 

Insomma, ce n’è veramente per tutti i gusti.

In realtà, se anche si riuscisse a costruire un computer che abbia la stessa astronomica capacità di immagazzinamento di dati del cervello umano, questo ipotetico computer non sarebbe mai come il nostro cervello né potrebbe sostituirlo.

Probabilmente nessuna macchina, per quanto fantascientifica, sarà mai in grado di creare un opera come la Divina Commedia di Dante o una sinfonia di Beethoven o anche un semplice film come “Via col vento”. Nessun computer probabilmente potrà mai arrivare alle impalpabili capacità di astrazione che ha un bambino che gioca o che ha una mamma che bacia il proprio figlioletto.

Soltanto l’uomo può quindi essere definito “Sapiens” e né i computer né gli animali possono emulare questa sua prerogativa[1].

La differenza sostanziale tra noi e le macchine, e anche tra noi e gli animali, sta nella mente cioè in quella meravigliosa proprietà del cervello che ci permette di pensare, ragionare sulle cose, di giudicare, immaginare e progettare, di avere coscienza di noi stessi.

 

 

  SIGNIFICATO DEL SONNO  

 

Dopo queste divagazioni, vorrei iniziare a parlare di uno dei più comuni ritmi circadiani[2], il  ritmo sonno-veglia

Una persona, quando è sveglia, è conscia, il che significa che essa è consapevole dell’ambiente che la circonda, come è dimostrato dalle sue normali risposte agli stimoli di tale ambiente. Quando però una persona dorme non possiamo dire che essa è inconscia: in altre parole, il sonno e l’incoscienza sono due cose diverse. In entrambi i casi l’individuo è inconsapevole delle condizioni che lo circondano, però il sonno è uno stato normale, ricorrente, dal quale si può essere risvegliati con relativa facilità, mentre l’incoscienza è uno stato anormale, non ricorrente, dal quale è difficile (e, a volte, impossibile) venir fuori.

A tutt’oggi sfugge il completo significato del sonno e non si sa esattamente perché l'uomo ad esso sacrifichi un terzo della vita.

 

Fin dalla antichità il sonno ha suscitato inquietanti interrogativi e stimolato interpretazioni di tipo magico o pseudoscientifico ed è stato considerato il momento in cui l'anima abbandona il corpo per vagare nel mondo degli spiriti, il momento in cui il sangue cessa di affluire al cervello.

Le recenti acquisizioni della neurofisiologia hanno permesso di accedere al sonno in maniera scientifica. Il sonno si propone oggi come un complicato fenomeno fisiologico che compare periodicamente una o più volte nell'arco delle 24 ore ed assolve importanti funzioni per la salute del corpo e della mente. Si caratterizza per una particolare modificazione della coscienza con la quale è consentito un distacco soltanto parziale dalla realtà esterna, in quanto è permessa la continuità di una certa vita di relazione ed il mantenimento della attività psichica.

 

Durante il sonno l'uomo non solo si tuffa nel mondo dei sogni, ma riesce anche ad elaborare i dati della memoria, ad organizzare le esperienze del giorno e a mantenere una continuità nelle percezioni, senza cadere in uno stato di completo isolamento dal mondo esterno. Dal punto di vista somatico, il sonno è caratterizzato da una riduzione di attività della maggior parte delle funzioni: il ritmo cardiaco e respiratorio rallentano, la pressione arteriosa si riduce, il tono muscolare e la temperatura corporea si abbassano ecc. 

In questa continuità fatta di riduzione funzionale si manifestano periodicamente, come vere e proprie burrasche, fasi di aumento improvviso della funzionalità  degli organi, concomitanti con il cosiddetto sonno REM (di cui parleremo dopo), durante le quali si assiste ad una accentuazione del ritmo cardiaco e respiratorio, ad un innalzamento della pressione arteriosa e alla attivazione di numerose altre funzioni.

Il sonno quindi non può e non deve essere inteso come uno stato di inattività e di riposo del corpo e della mente.

 

Ma come mai tutti i giorni noi ci addormentiamo e poi ci risvegliamo anche in assenza di qualunque stimolo esterno? La concezione che il sonno sia dovuto all'affaticamento delle cellule nervose ed all'inattivazione passiva dei sistemi di veglia non è assolutamente più sostenibile. Da tempo ormai sono stati identificati i cosiddetti sistemi ipnogeni, sistemi cioè che determinano il sonno sia direttamente sia mediante una disattivazione dei sistemi di veglia. Attualmente si ritiene quindi che vi siano strutture cerebrali che inducono e mantengono lo stato di sonno (sistema ipnico) e strutture responsabili dello stato di veglia (sistema di veglia).

Non si tratta di strutture e sistemi antagonisti, funzionanti in modo rigidamente alternato, bensì di sistemi in equilibrio dinamico: la prevalenza dell'uno sull'altro determina la comparsa ora del sonno ora della veglia. Questi sistemi utilizzano particolari sostanze chimiche chiamate neurotrasmettitori (quali la serotonina, la noradrenalina, la dopamina e l'acetilcolina). 

Le cellule nervose che regolano la veglia e il sonno sono dunque in un complesso rapporto di integrazione, alternanza, stimolazione e inibizione reciproca.

 

 

  POSIZIONI DEL CORPO DURANTE IL SONNO  

 

Come ciascuno di noi sa, ogni individuo può assumere una particolare posizione del corpo che viene ricercata per facilitare l'addormentamento. 

Quello che non tutti sanno è che gli studiosi hanno intravisto relazioni tra posizione del corpo assunte nel sonno e caratteristiche psicologiche

Così i soggetti che assumono la cosiddetta posizione semifetale (adagiati su un fianco, con le gambe e le cosce leggermente flesse) sarebbero dotati di una personalità armoniosa, sufficientemente equilibrata,  capace  di adattarsi senza eccessive difficoltà alle vicende della vita. 

Quelli che assumono la posizione fetale (cioè una posizione raggomitolata simile a quella del feto in utero) sarebbero invece individui insicuri e bisognosi di protezione. 

La posizione prona ( cioè “a pancia sotto” o “bocconi”, con tendenza ad occupare molto spazio nel letto), è tipica delle persone scrupolose, precise e meticolose. 

La posizione supina, infine, sarebbe tipica di soggetti narcisisti ed ipersicuri che ostentano fiducia e grande autostima.

 

 

 

  ORE DI SONNO  

 

Per quanto riguarda il normale numero di ore di sonno giornaliere, c’è da dire che ogni individuo ha un determinato fabbisogno di sonno per mantenere un buon livello prestazionale sia fisico che psichico e lo stato di benessere.

Esistono tuttavia molti pregiudizi in questo senso, spesso alimentati da noi medici stessi . Ormai è convinzione comune che 8 ore costituiscano il tempo ottimale di sonno per una persona adulta, ma è stato ampiamente dimostrato che esiste una notevole variabilità individuale e che è possibile, per ciascun individuo, ridurre anche sensibilmente la durata del sonno senza alcun deterioramento del livello prestazionale. Si possono incontrare molti individui, per lo più di età superiore ai 40 anni, che dormono abitualmente un tempo molto inferiore alle 8 ore mantenendo un completo benessere;  esistono comunque individui che hanno assoluta necessità di un numero maggiore di ore (9 e più).

Anche il quantitativo di sonno molto spesso riflette peculiari caratteristiche psicologiche dell'individuo: il sonno può infatti essere considerato un mezzo di adattamento alla realtà. Le persone che tendono a dormire molto talora presentano disturbi di tipo ansioso o depressivo e atteggiamenti di introversione e di chiusura nei rapporti sociali; in questi casi il sonno diventa un mezzo per distaccare il soggetto dalla realtà e dai problemi di tutti i giorni. Questi soggetti sono molto sensibili alla riduzione del loro quantitativo di sonno e drammatizzano le conseguenze di riduzioni anche modeste.

I soggetti che dormono poco, invece, mostrano per lo più un atteggiamento più sereno, armonioso e adeguato nei confronti della realtà, sono più indifferenti nei riguardi del sonno e sopportano notevoli riduzioni di esso senza riferire alcun disturbo.

 

 

 

  SONNO REM E SONNO NON-REM  

 

Durante il sonno si alternano due diverse condizioni: il sonno rapido, detto anche sonno desincronizzato o sonno REM (dall’inglese Rapid Eye Movements, cioè sonno con movimenti oculari rapidi) e il sonno lento (o sonno sincronizzato o  sonno senza movimenti oculari rapidi ossia non-REM). Per differenziare questi due tipi di sonno si ricorre a tre esami detti EEG (elettroencefalogramma), EOG (elettrooculogramma, mediante due elettrodi posti sul bordo esterno delle orbite) ed EMG (elettromiogramma).

 

A)      Sonno non-REM

Si suddivide in quattro stadi che esprimono il progressivo approfondimento del sonno:

·         Lo stadio 1 (addormentamento) è la fase di transizione tra veglia e sonno: all’EEG si osserva dapprima una diffusione del cosiddetto ritmo alfa dalle regioni posteriori a quelle frontali e, quindi, la comparsa di attività theta diffusa e di figure puntute sulle regioni del vertice (punte al vertice). L'EOG evidenzia movimenti oculari lenti e pendolari.

·        Lo stadio 2 (sonno leggero) è caratterizzato dalla presenza di figure peculiari, i complessi K (onde trifasiche lente ed ampie) e gli spindles (o fusi da sonno).

·        Gli stadi 3 e 4 (sonno profondo) sono caratterizzati dalla presenza di onde molto lente ed ampie (onde delta); nello stadio 3 queste onde occupano dal 20 al 50% del tracciato EEG, mentre nello stadio 4 esse occupano più del 50% del tracciato stesso.

Durante il sonno non-REM si verifica un rallentamento del ritmo cardiaco e respiratorio, il tono muscolare è ancora buono e gli occhi sono immobili (a parte qualche movimento lento durante lo stadio di addormentamento). Il risveglio durante questo tipo di sonno raramente comporta il racconto di un sogno; più spesso i contenuti psichici appaiono molto simili al pensiero normale, cioè privi delle caratteristiche allucinatorie del sogno.

 

B)             Sonno REM

Il sonno con movimenti oculari rapidi sul piano dell’elettroencefalogramma risulta simile allo stadio 1 non-REM[3] e quindi viene anche chiamato sonno paradosso perché da una parte ha caratteristiche elettroencefalografiche di un sonno molto leggero come quello dell’addormentamento mentre dall’altra ha una soglia di di risveglio molto alta come accade nel sonno profondo.

Questo tipo di sonno si caratterizza, oltre che per i movimenti rapidi degli occhi, anche per l’abolizione improvvisa del tono muscolare e per una accentuata irregolarità del ritmo cardiaco e respiratorio. Risvegli provocati durante questo tipo di sonno danno luogo, in un’alta percentuale di casi, al racconto di un sogno.

 

Le varie fasi del sonno non si succedono casualmente, ma secondo una ciclicità piuttosto fissa per cui, in condizioni ideali, dopo lo stato di veglia inizia un periodo di sonno non-REM che si approfondisce via via dallo stadio 1 allo stadio 4, per poi risalire fino allo stadio 2, dopodiché inizia una fase di sonno REM.

Il primo sonno REM si presenta generalmente dopo 60-90 minuti di sonno non-REM.

Si parla di ciclo di sonno per intendere un periodo di sonno non-REM seguito da un periodo di sonno-REM. Durante la notte in genere si hanno 4 o 5 cicli di sonno. Nei cicli della prima parte  della notte prevale il sonno profondo non-REM (cioè gli stadi 3 e 4), mentre nella seconda parte della notte prevalgono il sonno leggero non-REM ed il sonno REM.

 

 

 

  SONNO E TRANQUILLANTI  

 

 

Tutti i farmaci che agiscono a livello psichico, cioè tutti i farmaci cosiddetti psicotropi, inducono modificazioni più o meno intense e protratte dei sonno. Ciò vale anche per i comuni tranquillanti che attualmente sono i preparati più usati nel trattamento dei disturbi del sonno per la loro elevata sicurezza, per gli scarsi rischi di assuefazione e perché non inducono dipendenza (benzodiazepine tipo Tavor, Control, Lexotan, Darkene, En, Valium, Ansiolin ecc., tanto per fare qualche nome conosciuto). Questi farmaci possono determinare una rapida induzione del sonno e un aumento della sua durata. Il risveglio al mattino non si accompagna a quei fenomeni di malessere, di ottundimento e di pesantezza tipicamente osservati in passato quando si usavano i barbiturici[4].

Anche i comuni tranquillanti, però, modificano la struttura del sonno riducendo il sonno profondo,cioè lo stadio 4 non-REM. Il sonno REM, invece, sembra ridotto (e per lo più modestamente) solo con dosaggi elevati. Queste modificazioni tendono comunque ad attenuarsi con la prosecuzione del trattamento.

 

Uno dei concetti sbagliati riguardanti il processo dell’invecchiamento è che l’anziano necessiti di meno ore di sonno. Sicuramente è vero che con il passare degli anni il tempo trascorso dormendo va via via diminuendo dalla nascita in poi, ma è anche vero che il calo che si verifica in età anziana rispetto all’età adulta è minimo.

Intorno ai 50 anni si riscontra una riduzione del tempo trascorso in condizioni di sonno profondo (stadi 3 e 4 del sonno non-REM) ed una percentuale maggiore di sonno in fase 1 (addormentamento), cosa che rispecchia i frequenti risvegli notturni di questa età. Durante la vecchiaia, il sonno REM viene mantenuto, anche se la durata totale diminuisce parallelamente alla riduzione della durata complessiva del sonno. L'efficacia del sonno (cioè il rapporto fra la durata del sonno ed il tempo complessivamente trascorso a letto) diminuisce da un valore del 95%, riscontrato nell'adolescenza, a meno del 75% in età avanzata.

Negli anziani i disturbi del sonno sono frequenti ed importanti. Questi soggetti riferiscono di trascorrere sempre più tempo a letto senza dormire, di svegliarsi spesso di notte, di impiegare più tempo per addormentarsi ed inoltre di appisolarsi ripetutamente, involontariamente e per breve tempo nel corso della giornata, cosa che risulta spesso imbarazzante. Molti si lamentano di svegliarsi senza essersi riposati e di sentirsi stanchi durante il giorno e spesso riferiscono anche una riduzione delle capacità intellettive, una compromissione della funzionalità motoria ed una sensazione di malessere e di stanchezza generalizzate. Questi sintomi di carattere somatico vengono spesso erroneamente attribuiti a sindromi ansiose o de­pressive e vengono ritenuti di origine psicogena.

 

I disturbi del sonno non sono tuttavia semplicemente il risultato di un normale processo di invecchiamento. Gli anziani possono presentare disturbi del sonno specifici e diagnosticabili, come pure altri problemi di tipo medico o psichiatrico che possono interferire con il sonno.

Spesso questi soggetti, per favorire il sonno, assumono farmaci ipnotici, preparati da banco ed alcool in quantità eccessive. In uno studio è risultato che il 25% delle prescrizioni dei farmaci contro l’insonnia sono dirette agli anziani, che rappresentano però circa il 12% della popolazione. Le indagini eseguite negli istituti di lungodegenza confermano che per questi pazienti vengono prescritti farmaci sedativi e tranquillanti in quantità eccessiva

La somministrazione cronica di ipnotici è raramente consigliabile, in quanto l'uso prolungato di tali farmaci ne riduce l'efficacia. Inoltre, è spesso sufficiente una dose inferiore a quella necessaria per i soggetti giovani e la somministrazione del farmaco può risultare complicata e potenzialmente pericolosa. 

Esistono altre controindicazioni al tentativo di rimediare farmacologicamente ai disturbi del sonno.

·        In primo luogo, le modificazioni della fisiologia del sonno, che accompagnano l'invecchiamento, non vengono migliorate dai farmaci ipnotici e le diverse situazioni che interferiscono con il sonno non vengono eliminate.

·        Secondariamente, i farmaci che deprimono il sistema nervoso centrale possono esercitare un effetto dannoso sulla funzione fisiologica già compromessa, provocando il disturbo del sonno (ad esempio la sindrome delle apnee notturne).

·        Terzo, dato che gli anziani assumono più farmaci dei pazienti giovani, essi hanno un rischio maggiore di sviluppare interazioni farmacologiche potenzialmente nocive.

·        Quarto, poiché gli anziani possono metabolizzare ed eliminare i farmaci meno velocemente, il loro effetto è spesso prolungato (con comparsa, ad esempio, di sedazione durante il giorno e di deficit delle funzioni intellettive, già talora precarie).

·        Infine, dato che gli studi sull’efficacia dei farmaci ipnotici vengono condotti in soggetti giovani e per periodi non superiori a 30 giorni, non ci sono dati relativi al loro uso nei pazienti anziani e soprattutto non ci sono assolutamente dati sufficienti per sapere quali effetti possa avere un uso prolungato di tali farmaci nell’età avanzata.

 

 



[1]   Purtroppo, vedi ad esempio la cieca stupidità delle guerre, non sempre il comportamento dell’uomo è da Sapiens.

 

 

[2]   Il termine ritmo circadiano ( che deriva da “circa”, che significa attorno, e “dies”, che significa giorno) sta ad indicare un ritmo che si ripete all’incirca ogni 24 ore. Nell’uomo sono stati osservati molti ritmi circadiani che coinvolgono il sonno, la temperatura corporea, la produzione di urina, l’escrezione di sali, la produzione di ormoni ecc.

 

 

[3] Si possono tuttavia rilevare talvolta anche onde particolari chiamate, per la loro morfologia,  onde a dente di sega. L'EOG evidenzia movimenti oculari rapidi e l'EMG mostra la scomparsa dell'atti­vità tonica muscolare, che comunque tende ad attenuarsi progressivamente nel sonno non-REM.

 

 

 

[4]   Fino a non molti anni fa i barbiturici erano largamente usati per il trattamento dell’insonnia. Oggi non si usano più perché perdono rapidamente di efficacia, inducono assuefazione e dipendenza, determinano un sonno non ristoratore, lasciano effetti negativi al risveglio (rallentamento ideativo, torpore, cefalea, astenia ecc.) e se assunti in quantità eccessive sono anche pericolosi per la vita. 

 

 

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