|
Toscana,
l'economia La paura di cadere ci fa mettere a sedere. Non è lultima filastrocca da recitare al figlio o al nipotino, ma il quadro delleconomia dellItalia centrale così comè uscito dalla ricerca commissionata al Censis dalla Cassa di Risparmio di Firenze e presentata nel capoluogo toscano venerdì 18 giugno, presso il Palazzo Incontri dello stesso istituto di credito toscano, dal segretario generale del centro di studi, Giuseppe De Rita, davanti al presidente della banca, Aureliano Benedetti e a numerosi addetti ai lavori, tra cui il presidente della Fondazione Cesifin Alberto Predieri e il presidente nazionale della Confcommercio Sergio Billè. Corollario dellaffermazione iniziale: se si resta seduti non si cammina, quindi non si progredisce, ma tuttal più ci si accontenta del benessere raggiunto, considerandolo, a torto, inattaccabile. La stessa immagine suggerita da quanto emerso nella ricerca è, non a caso, suggestiva e contraddittoria al tempo stesso: un lottatore col baricentro basso, che quindi ha paura di sbilanciarsi e per questo non riesce ad aggredire. E finisce per rischiare di «abbassarsi» ancor più e di essere risucchiato nel «vortice» del Mezzogiorno.Larea presa in considerazione dalla ricerca è quella in cui gravita la stessa Cassa fiorentina, che, attraverso questa ricerca, ha voluto celebrare in modo costruttivo i suoi 170 anni di attività. È una dimensione interregionale considerata ottimale per listituto di credito: Toscana, Umbria, Marche ma anche le province di Forlì e Rimini in Emilia Romagna e lAlto Lazio, fino a Civitavecchia compresa. Una fascia geografica di notevole estensione, dove un ruolo di non poco conto è giocato dal turismo. E infatti, nelle quattro gradi tipologie «processuali-comportamentali» individuate da Giuseppe De Rita e colleghi, quella dell«accoglienza» si pone allavanguardia come settore trainante, pur limitato a poco meno del 10% della popolazione interessata. Seguono il «radicamento», con quasi il 20% e la caratterizzazione propriamente urbana, e lhardware produttivo, ovvero i bacini industriali, con il 30% scarso. Il restante 40% o poco più, detto «del movimento sottile», è proprio quel «baricentro basso» di cui si diceva ed è - dicono i ricercatori - «interpretabile come quella deriva leggera verso la marginalità e la diminuzione dei valori medi di soglia degli indicatori di benessere socioecononomico e sviluppo». Un linguaggio complesso ma presto chiarito da un dato riassuntivo fornito dallo stesso De Rita: dellarea presa in considerazione si può considerare in crescita solo il 22%, il resto arretra, anche perché il modello della piccola e media impresa, nato praticamente qui, non tira più come un tempo in quanto ormai superato da realtà più giovani e vivaci come il Nord-est. In Toscana e nel Centro Italia, viceversa, il rischio è appunto quello di contentarsi di vivere di rendita, senza rendersi conto che, in assenza di crescita e di nuovi frutti, anche questa posizione è destinata a sgretolarsi.Ma, attenzione, la spinta per uninversione di tendenza sembra venire proprio dal mezzogiorno dellarea presa in considerazione: la vitalità di alcune zone a sud, come quelle di Civitavecchia e Orvieto, sembra infatti possedere il potenziale necessario per rialzare quel benedetto baricentro. Ed è proprio verso queste due città che si è appuntato linteresse dellistituto di credito fiorentino, anche e soprattutto attraverso la conquista di quote crescenti delle banche locali. Gli stessi istituti di credito, infatti, dovranno giocare sempre più un ruolo da protagonisti per stimolare nuovamente, ed attivamente, la crescita economica anche nei settori apparentemente più marginali, e la Cassa di Risparmio di Firenze cerca di farlo confermando, anzi incrementando, il proprio radicamento nel territorio ma al tempo stesso cercando alleanze - come quelle con Paribas e Imi San Paolo - in grado di farla stare sul mercato internazionale e poter offrire così alla clientela tutti quei servizi necessari in una situazione di globalizzazione delleconomia comè quella odierna. |
|