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Lo stipendio
dei sacerdoti


Caro Direttore, leggo a pagina 17 del n. 21 di TOSCANAoggi l’articolo sulle destinazioni «dell’otto per mille». Nel paragrafo «sostentamento dei sacerdoti» sta scritto: «Lo stipendio mensile netto di un prete attualmente e di £. 1.618.000».In data 07/01/99 ho ricevuto un fax dall’Istituto per il sostentamento del clero della diocesi di Firenze, firmato da Andrea Coverini, in cui mi si comunicava che la mia paga lorda, comprensiva dell’importo a carico dell’Istituto e di quello a carico della parrocchia, era di £. 1.544.000, e che la paga netta corrispondente era di £. 1.314.620. La mia paga reale si è dimostrata ancora più bassa per modifiche al sistema fiscale e relativi conguagli.A chi mi chiede qual è la paga di un prete io ho sempre detto che è quella che percepisco quando non ci sono conguagli: 1.301.140 + 24.000= 1.325.140.Ora mi trovo a passare per bugiardo a causa del vostro articolo e per un prete è importante dire la verità ed essere creduto.Vi invito a chiarirvi con l’Istituto per il sostentamento del clero e a pubblicare, se le notizie che avete dato sono sbagliate, la correzione.
Don Renato BellucciBagno a Ripoli (Fi)

A volte per essere più chiari e stringati si rischia anche di semplificare troppo. Quando abbiamo scritto, in una tabella riepilogativa sulle destinazioni dell’Otto per mille, che «lo stipendio mensile netto di un prete attualmente è di L. 1.618.000» avremmo dovuto aggiungere, per completezza, che questa cifra si riferisce ad un sacerdote con 30 anni di anzianità e una parrocchia di 5 mila anime, situazione che potremmo definire «media» in Italia. Ecco allora spiegata la differenza con quanto effettivamente percepisce don Bellucci, che essendo un sacerdote di recente ordinazione (nel 1995), non ha ancora maturato scatti di anzianità (nell’esempio sopra, invece, di un’anzianità di 30 anni, ne sono previsti 12) ed avendo una parrocchia di qualche centinaio di anime non matura neanche gli otto scatti che competono a chi ha più di 4 mila fedeli. Occorre precisare anche che per i sacerdoti non esiste la 13ª mensilità.La doverosa precisazione ci permette però di allargare il discorso all’intero sistema del sostentamento dei sacerdoti. Noi cattolici ci pensiamo poco a questo aspetto, quasi che i nostri sacerdoti vivessero d’aria. Oppure pensiamo che siano sufficienti le offerte che diamo loro «brevi manu», magari per restaurare il campanile. Ma a parte il fatto che il parroco può attingere alle offerte, che vanno nella cassa parrocchiale, solo nella misura di 130 lire mensili per abitante della sua parrrocchia, (nel caso di don Bellucci sarebbero appena una trentina di mila lire), bisogna anche considerare la differenza che c’è tra parrocchie ricche e parrocchie povere.Ecco allora che questo sistema, che sostituisce quello precedente della congrua e dei benefici parrocchiali, è davvero un grande passo in avanti per garantire ai nostri sacerdoti, indipendentemente dal loro tipo di ministero, e delle loro condizioni di salute, un minimo mensile che permetta a tutti una vita dignitosa e una copertura assicurativa sanitaria.A questo impegno economico verso i 38 mila sacerdoti la Chiesa italiana dovrebbe provvedere con i redditi del patrimonio diocesano, versati agli Istituti per il sostentamento (che fruttano annualmente 150 mila lire a sacerdote) e con le offerte deducibili, che però coprono solo altre 90 mila lorde a sacerdote. Il resto, tenuto conto di quanto il parroco può prelevare mensilmente dalla cassa parrocchiale (le 130 lire ad abitante di cui parlavamo sopra), viene attinto dai fondi dell’otto per mille (1.246.000 nell’esempio del «parroco tipo»).

 

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