Arthur Gensler
Il segreto del successo[1]
Arthur Gensler ha fondato lo studio che porta il suo nome nel 1966, con 200 $ e un dipendente. Oggi fattura 182 milioni di dollari e ha per clienti la Bank of America, la General Motors, la Warner Bros., la Dell Computers, ecc. È comprensibilmente molto invidiato dai concorrenti, ma non mancano i detrattori che gli riconoscono un gran fiuto per gli affari, ma non altrettanta capacità progettuale. Il 63enne architetto spiega come ha reso il suo studio il più grande del mondo e come intende proseguire sulla medesima strada.
Come avete iniziato?
Due miei compagni di college mi avevano chiesto dei progetti. Da lì hanno
avuto origine quasi tutti i successivi. Ogni nostro
ufficio ha avuto origine da clienti e imprenditori che avevano sentito parlare
di noi. Attualmente lavorano con noi circa 1.500
persone in 16 sedi diverse.
Un bel numero!
Ogni sede è stata aperta e impostata da personale Gensler.
Quindi abbiamo assunto in loco. Non crediamo nelle
fusioni.
La più parte del lavoro viene da clienti fissi. Non inseguiamo i lavori
singoli, ma i rapporti duraturi. Non siamo degli intrattenitori, non diamo da
mangiare e da bere a volontà, non regaliamo biglietti omaggio
per le partite. Ma se qualcuno vuole un nuovo portacenere, noi glielo
realizziamo; se vuole un edificio da un milione di pedi quadrati [93.000 mq
circa], glielo facciamo, e così qualunque cosa di
misura intermedia ci chieda. Stiamo fornendo servizi a molte grandi aziende.
Dei dieci maggiori studi legali del paese, nove sono nostri clienti. Delle
dieci maggiori banche, otto sono nostre clienti. Quelle sono le nostre nicchie.
Persone che ci lavorano si trasferiscono in altre aziende e noi li seguiamo,
sperando di mantenere anche i clienti originali.
Le voglio fare un esempio: mi ha chiamato una persona della 20th
Century Fox dicendomi
"Ho visto sulle riviste che fate un mucchio di
studi legali. Noi preferiamo farci un nostro ufficio legale interno". Così
gli facemmo l'ufficio legale e qualcos'altro. Poi quella persona s'è trasferita
alla Warner Bros. e abbiamo cominciato a lavorare anche per loro, pur
continuando con la Fox. Poi altri si trasferirono
alla Disney e alla Universal…
Come vi spostate da un mercato all'altro?
Siamo partiti lavorando per i privati, quindi ci hanno chiesto di
analizzare gli edifici di architetti molto noti e ci
siamo guadagnati un'ottima reputazione come consulenti. Dopo un po' la gente ha
cominciato a dire: "Potete far tutto voi". Quindi siamo entrati nella
pianificazione strategica e nei servizi relativi (cosa fai con lo spazio una
volta che ci sei entrato e come ci integri la
tecnologia). Abbiamo messo a punto un programma
apposito, il GIS, Gensler Information
Solutions, con database grafici che aiutano le
aziende a gestire i loro immobili. Poi abbiamo cominciato con la grafica e
l'immagine di marchio. Poi siamo entrati nel product
design. Dunque progettiamo ogni sorta di cose, non
solo edifici.
Pensate che l'architettura diventerà una professione di servizio?
No. Rimarranno gli studi grandi, come il nostro, in grado di fornire
servizi a clienti sia locali che 'globali', ma anche
le 'boutique' di progettazione per lavori specialistici. Chi avrà problemi
saranno gli studi intermedi, non grandi abbastanza per
offrire la tecnologia e il personale necessari e nello stesso tempo troppo
grossi per essere delle boutique. Peggio ancora gli studi dello star system,
costruiti attorno a un solo individuo. Il nostro
studio l'abbiamo costruito per durare migliaia di anni…
Alcuni grandi studi hanno però ingaggiato delle
star…
Il bello degli affari è che ognuno può darsi una strategia diversa. La
nostra è che il cliente viene alla Gensler, non da un
individuo. Questo non vuol dire che da noi non ci siano persone di talento. Ma il progetto è solo una parte del lavoro. In uno studio
come il nostro qualcuno procura i lavori, altri concordano le parcelle,
programmano e gestiscono il progetto, elaborano i documenti, seguono la
realizzazione, la concludono, si fanno pagare le
parcelle. Se anche un solo passaggio non funziona, il
progetto è un insuccesso.
La legge dice che ogni membro dello studio dev'essere
un architetto 'registrato': un nonsenso. Uno dei miei partner è un contabile e
ho collaboratori che maneggiano milioni di dollari di tecnologia, altri che
fanno felici i clienti: tutti hanno diritto di diventare partner o proprietari
dello studio. Non hanno la licenza di architetto ma
sono importantissimi per la Gensler…
… che è conosciuta come un'azienda ben
gestita!
Grazie. È un'azienda che ripartisce i profitti fra tutti coloro che ne fan parte. I dipendenti possiedono il 30%
dello studio, per un valore che quest'anno crescerà
del 25%. I profitti ripartiti cresceranno del 35%, per un totale complessivo di
43.5 milioni di dollari.
Abbiamo successo anche perché facciamo
attenzione ai nostri clienti e impariamo dal modo in cui loro hanno avuto
successo. Sento degli architetti dire: "Non potrei fare del buon lavoro se
perdessi tempo col cliente". La penso in modo diametralmente opposto. Ho
speso un'enormità di tempo con i migliori imprenditori di questo Paese per
sapere come conducono i loro affari e ho imparato moltissimo. Così noi
lavoriamo meglio per loro e loro ci aiutano a migliorare. Non c'è niente di
male nel fatto che un architetto guadagni bene, anzi ciò dimostra che è
determinato e ben organizzato. Lo crediate o no, molti clienti pensano che gli
architetti siano degli stupidi a chiedere così poco: giudicano il valore di una
cosa da quanto la pagano.
Come pensa di far crescere ancora uno studio che conta già 1.500
persone?
Fin tanto che posso assumere persone che rispetto e in
cui credo, non vedo perché porre un limite. I nostri incassi crescono
del 25% l'anno. Sono fiducioso perché i nostri progetti sono molto diversificati. I nostri clienti sono affidabili e i loro
affari vanno bene. Siamo diversificati sia
territorialmente che come tipo di progetti. Evitiamo di lavorare in settori
come la residenza, la salute e l'istruzione, soggetti a cicli periodici.
Le dispiace che la Gensler
non goda di buona stampa?
Mi manda in bestia, ma ancor più mi addolora, perché lo trovo ingiusto
nei riguardi dei miei collaboratori, che lavorano per clienti inappuntabili,
facendo un lavoro brillante e innovativo. Non andiamo in copertina perché non
siamo interessati ad atteggiamenti avanguardistici
irresponsabili. Per me l'architettura è una cosa seria (non intendo una
seriosità accademica, ma responsabile). Nel mondo, di edifici
che gridano "guardami" ce n'è già abbastanza. Sento la responsabilità
di fare edifici tranquilli, che migliorano la
comunità, e ne sono orgoglioso quanto di quelli più incisivi, che pure
facciamo.
Di cosa pensa avrà bisogno la professione nel futuro?
Dobbiamo imparare a 'venderci' meglio. Questa professione attira degli
introversi cui la comunicazione fa paura. Viceversa gli architetti di successo,
i Pei, i Cesar Pelli, i Gene
Kohn, i Philip Johnson, i Frank Gehry, sono tutti dei grandi comunicatori. Non riusciamo ad
attirare dei leader nella professione. Dobbiamo incoraggiare i potenziali
leader, fin da quando sono ancora alla scuola elementare, a prendere in
considerare la nostra professione. Io stesso voglio dedicarci una parte del mio
tempo.
La rivoluzione tecnologica in corso apre agli architetti nuove
meravigliose opportunità, ma non si tratta di progettare cose fatte di mattoni
e di malta. Le università dovrebbero capire che è meglio lavorare per uno
studio come Gensler, che non sistemare la casa dei
genitori e poi sperare di vincere un concorso. Mia moglie e io abbiamo cominciato con 200 $ e non abbiamo mai fatto debiti.
Non ti serve un cucchiaio d'argento in bocca, devi solo avere passione per
quello che fai.
[1] Titolo originale "Secret of Success", intervista senza autore in Architecture, 9, 1998, pp. 67 segg. [NdT].