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LE MUSICHE I BALLI
Riguardo alla provincia di Bergamo diverse sono le attestazioni iconografiche e gli autori locali che hanno più volte
ritratto una cornamusa, documentandone sia la struttura che il contesto sociale in cui questa veniva suonata. Una
testimonianza la troviamo in S. Maria Maggiore in Città Alta, nell"'Albero di Bonaventura " un affresco del 1347 di
probabile scuola lombarda. L'interpretazione della fonte è però dubbia. Nel particolare che ritrae la Natività sono
rappresentate due figure in adorazione. Una di queste, disegnata di spalle, sotto il braccio sinistro porta un
involucro, che potrebbe essere un sacco di cornamusa, mentre le guance dello stesso sono gonfie, come se fosse
ritratto nell 'atto di soffiare. Non si vedono però particolari di canne né tanto meno bordoni appoggiati sulla spalla.
Non si può quindi definire con certezza che la persona raffigurata stia suonando una cornamusa (che, se così fosse,
risulterebbe priva di bordone). Una piva si può vedere nel castello del Colleoni di Malpaga, in un fregio al piano
terreno; la cornamusa è raffigurata assieme ad altri strumenti come il salterio, la ghironda, la bombarda,
normalmente suonati nelle corti; questa è ad una canna per il canto ed un bordone sulla spalla destra.




Nella Roma imperiale era presente, anche se in maniera marginale, uno strumento ad ancia munito di sacco come
riserva d'aria. Lo stesso Nerone era un suonatore di zampogna, secondo quanto riferisce lo storico Svetonio: "Verso
la fine della sua vita egli aveva pubblicamente promesso che se avesse potuto conservare l' Impero, nei giochi per
celebrare la sua vittoria si sarebbe esibito in una esecuzione sull'organo idraulico, con la choraula e " l' utricularium";
con quest' ultimo termine si indica un otre in cuoio, in sostanza una zampogna. Un altro storico coevo di Svetonio,
Dione Crisostorno, sempre di Nerone afferma: "Sapeva come sonare la canna e come comprimere col braccio".
La prima attestazione di zampogne medioevali risale al IX secolo. Fino al 1300 si ritiene che queste fossero prive del
bordone d'accompagnamento, anche se questo dato non era generalizzabile. Le zampogne medioevali dell'Europa
continentale erano generalmente costituite da una canna per il canto e un bordone basso. Gli strumenti con due
bordoni sono probabilmente apparsi dopo quelli con un bordone. Sono invece post-medioevali quelli con tre. Un
diffuso stereotipo vuole le zampogne relegate unicamente al mondo pastorale ed alla novena di Natale. In realta, pur
non perdendo il loro carattere di strumenti popolari che li vuole da sempre presenti nel carnevale, accompagnamento
del ballo e del canto (e non riduttivamente solo nel Natale) la loro presenza nella cultura occidentale è delle più
varie. Nel XX secolo le zampogne erano adoperate al servizio delle corti e delle libere citta. Il musicista raffigurato
nelle fonti iconografiche è spesso un giullare.







Testo e immagini tratti da " IL BAGHET Un'antica tradizione
bergamasca " autore Valter Biella, Edizioni Villadiseriane,
su cortese concessione dell' autore.

STORIA E TRADIZIONE
Bergamo alta, chiesa
di S.Agostino,
affreschi datati tra il
1475 e il 1476
STRUMENTI RITROVATI
L'area dove più radicata era la tradizione dei "baghet" tradizione sopravvissuta fino a qualche decennio fà
corrisponde alla media Val Seriana. Qui erano in uso due diversi tipi di strumenti, uno per la Val Gandino e paesi
limitrofi (Semonte, Gazzaniga) e uno per Cene. Trattandosi di due strumenti diversi come struttura, anche se identici
come denominazione, vengono trattati in due diversi capitoli, iniziando dalla Val Gandino, dove più consistenti
sono i dati raccolti. La tradizione del "baghèt" è sopravvissuta in loco all' incirca fino agli anni Trenta. I suonatori
appartenevano quasi tutti al mondo contadino, smentendo il luogo comune che vuole, anche per l'area bergamasca,
legare la zampogna alla condizione pastorale".



E' mia opinione personale che il baghet possa essere messo in relazione con
le popolazioni celtiche che erano presenti nelle Prealpi e valle Padana, la cui
influenza è stata notevole, lasciando tracce nella lingua e nei toponimi e con
usi e costumi ancora presenti nel nord. Il conforto a questa mia opinione lo
trovo nel libro " I celti in Italia " autore Gualtiero Ciola, Ed. Helvetia, dal
quale cito : " La loro vita sociale è quella tipica dei popoli arii con la consueta
tripartizione in sacerdoti guerrieri e lavoratori ; il potere spirituale era in mano
alla casta sacerdotale ; i druidi amministravano il culto ; i vati svolgevano la
funzione degli attuali sociologi, storiografi, scienziati ; i bardi erano i loro
poeti cantori di miti e leggende con accompagnamento di cornamuse ed arpe.
La cetra tirolese, l' alpehorn o corno delle alpi svizzere, le cornamuse scozzesi,
irlandesi e bretoni ecc. nonché la zampogna italica sono sicuramente
strumenti musicali derivati da quelli dei celti."



LA CORNAMUSA NELL' ARTE