Sociologia

di ANDREA AVANTAGGIATO

Sociologia dei processi culturali e comunicativi

Facoltà di lettere e filosofia
Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione

A.A. 2000-2001


INDICE

Introduzione

Parker e il suo mondo sociale

La produzione artistica

L’industria culturale

Il pubblico

Conclusioni

Materiale consultato

Note al testo


Introduzione

Charlie Parker, altosassofonista jazz degli anni Quaranta, è uno di quei musicisti che continuano, nel tempo, a riscuotere una crescente popolarità tra il grande pubblico. Ciò è essenzialmente dovuto al fatto che Parker è da molti considerato l’inventore del jazz moderno. E’ però altresì vero che Charlie, con la sua vita e i suoi eccessi, ben si è prestato a fenomeni di abnorme risonanza mediatica: l’industria editoriale prima, e quella cinematografica poi, si sono presto interessate a Bird riuscendo col tempo a produrre dei lavori di discreto successo commerciale [1].
Nostro compito, evitando eccessive iperbolizzazioni, sarà quello di evidenziare i caratteri della subcultura jazz in cui Parker si trovò a vivere e di relazionarli con la sua produzione artistica. La nostra analisi procederà poi con l’osservazione dei meccanismi dell’industria culturale che fruttarono a Parker il successo internazionale, e con il confronto tra i vari legami che i diversi pubblici ebbero con Charlie.

Parker e il suo mondo sociale

Parker nacque nel 1919 a Kansas City, capitale del jazz nero negli anni ‘20-30. Come tutti i giovani della città si cimentò fin da giovanissimo nell’arte del jazz ed entrò a far parte di quella nutrita schiera di musicisti che affollavano i locali e le strade di K.C. Vista da lontano, la sua storia potrebbe esser interscambiata con uno qualsiasi dei cittadini di Kansas. Il problema è però: perché diavolo solo Parker, e non i tanti e troppi musicisti che riempivano la città, riuscì nell’impresa di rivoluzionare il mondo del jazz?
Probabilmente il caso volle che in lui conglobassero quei caratteri che fanno di un uomo qualunque un grande innovatore. Una serie di fattori, tutti complementari e assolutamente indispensabili, fecero insomma dell’anonimo Charlie Parker il grande Bird.
Analizziamoli concretamente:
K.C. negli anni Trenta era tutto un fiorire di locali e di jazz band nere. Charlie fin dall’età di 12 anni era solito frequentare tutti i night della città, vietati ai minori, senza alcuna restrizione familiare: il padre infatti aveva abbandonato presto la famiglia e la madre, lavorando in un’impresa di pulizie notturne, non poteva controllare a dovere il figlio. Così, il piccolo Charlie, a differenza degli altri ragazzi della sua età, poté avere carta bianca e dedicarsi corpo e anima al jazz sin da giovanissimo;
Parker viveva in una casa a due piani con un piccolo giardino sul retro. Il giardino era frequentato da tantissimi uccelli che erano soliti posarsi sui suoi alberi e canticchiare per ore. Charlie, o come a lui piaceva esser chiamato, Bird [2], ebbe sempre una grande ammirazione per essi, tanto che tutta la sua musica può esser considerata come un’emulazione delle acrobazie sonore dei suoi amici volatili;
Di certo ebbe un grande influenza su Parker la cultura dell’imitazione [3]e della competizione che vigeva in tutti gli ambienti jazz e in particolare a Kansas City. Bird, vivendo e crescendo in una tale subcultura, fu sempre ossessionato dall’idea di stupire e di stupirsi, dalla voglia di farsi apprezzare e dalla ricerca del nuovo e del particolare. Ogni sua idea, ogni sua ispirazione, era dettata un’esigenza vitale di ricerca della novità e dell’insolito;
Anche le sue stravaganze, la sua ironia [4], i suoi atti di vandalismo, i suoi eccessi nell’alcool e nella droga [5], e le sue spregiudicatezze [6] furono il naturale frutto della cultura del nuovo: il suo unico scopo di vita era quello di sperimentare, di stupire e di sconvolgere, in ogni campo;
Un fattore fondamentale furono le umiliazioni giovanili: infatti, da perfetto presuntuoso quale era, all’età di quindici anni, Charlie si cimentò più di una volta in improvvisazioni per lui ancora troppo difficili [7]. Il risultato fu pessimo tanto che Parker fu sul punto di abbandonare lo strumento. Da queste umiliazioni, però, ebbe lo stimolo a studiare di più e a dedicarsi tutto il giorno al sax per poter un domani stupire e avere una rivincita nei confronti di chi lo aveva umiliato e fatto soffrire [8].
Ogni interazione che Parker ebbe con il suo mondo sociale, e quindi con la subcultura jazz di Kansas City, fu determinante e incisiva per la sua carriera: l’assenza di uno solo dei suddetti fattori, anche i più banali come il lavoro della mamma, probabilmente avrebbe riservato a Parker e alla storia del jazz un epilogo ben diverso.
Se la madre ad esempio avesse avuto un lavoro diurno e quindi la possibilità di vietare a Charlie di frequentare i night, gli appassionati di jazz avrebbero potuto ammirare il grande Parker?

La produzione artistica

Dopo aver evidenziato gli eventi e i contesti in cui Parker si trovò a vivere, il lavoro di analisi degli oggetti culturali veri e propri, i brani, potrà forse risultarci un po’ più agevole e senza dubbio più funzionale.
Bird, oltre alle centinaia di concerti e alle migliaia di jam session, incise circa 240 brani, tutti collocabili nello stile del Bebop [9], e quasi tutti con la “classica” formula del Tema-Improvvisazione-Tema. Ciò che comunque rese famoso Bird, fu la sua rivoluzione, operata mediante innovazioni stilistiche, nell’arte dell’improvvisazione.
L’innovazione più grande operata da Parker fu l’aver introdotto line melodiche capaci di spaziare liberamente da un ottava all’altra. Cerchiamo di spiegarci meglio: dagli inizi del jazz fino a Parker, l’improvvisazione, per quanto originale e gradevole potesse essere, orbitava sempre entro certi limiti dovuti più che alla teoria, alla consuetudine (salti di note non superiori a 10 semitoni, aderenza melodica alla base armonica, orecchiabilità dell’improvvisazione); Parker riuscì ad accorgersi e ad individuare tali vincoli riuscendo ad abbatterli uno per uno, moltiplicando così esponenzialmente le potenzialità e le modalità espressive e introducendo impensate soluzioni melodiche ed armoniche.
Parker sosterrà che l’idea di spaziare da un’ottava all’altra sia stata il frutto di un raptus creativo. Indubbiamente il genio parkeriano ha avuto il suo indispensabile peso. E’ impensabile però che tale raptus sia stato indipendente dalle sollecitazioni del mondo sociale: ogni innovazione per esser prodotta ha bisogno di un motore, di uno stimolo. E quale può esser stato il più grande incentivo verso la ricerca di innovazioni stilistiche se non la cultura della competizione di Kansas City?
Sia chiaro, non stiamo parlando di influenze artistiche (quelle furono di ben altro tipo [10]), ma di stimoli esogeni capaci di stimolare e amplificare particolari predisposizioni verso la genialità.
Una caratteristica del tutto personale e a dir poco singolare fu l’influenza esercitata su Parker dai tanto invidiati uccelli. La conseguenza di tale ammirazione fu l’aver raddoppiato la normale velocità degli standard jazz, e l’aver infittito il fraseggio delle sue improvvisazioni di “svolazzi” rapidissimi di note poco distanti tra loro. Innegabile il paragone con le potenzialità e le abilità sonore degli uccelli del suo cortile; da evidenziare sono però anche le umiliazioni giovanili: in una sorta di reazione, l’accelerazione poderosa della velocità era un riscatto verso le tante critiche subite nell’adolescenza. Il superamento delle difficoltà tecniche, derivanti dalla velocità, era poi una definitiva dimostrazione di grandezza.
Alla luce di quanto detto, quindi, sembra chiaro che un ambiente un po’ più comprensivo, probabilmente, avrebbe spento in partenza lo spirito innovatore e ricercatore di Bird.

L’industria culturale

Charlie, fino al 1944, pur essendo un noto ed apprezzatissimo musicista nei locali jazz, rimase sempre confinato entro la sua subcultura, rimanendo per lo più estraneo alla maggior parte del grande pubblico. Dal ’45, improvvisamente, Bird divenne un fenomeno di portata internazionale.
La nostra analisi non può quindi esimersi dal trovare i motivi di un tale brusco cambiamento.
Anche qui fu un coincidersi di fatti ed eventi:
Il 44’ segnava la fine dello sciopero della Federazione Americana dei Musicisti [11]e tutte le etichette discografiche erano alla disperata ricerca di personaggi in grado di garantire il successo immediato;
Parker, con tutti i suoi eccessi, era già di per sé un personaggio pronto per esser lanciato su grande scala come un qualsiasi divo dello spettacolo;
Lo swing, genere che aveva imperato per tutti gli anni Trenta, era ormai a secco di idee, di inventiva e di personaggi, e sembrava non esser più in grado di soddisfare un pubblico che, dopo più di un anno di sciopero della FMA, era in attesa di qualcosa di nuovo, di esplosivo.
Il primo ad accorgersi di Parker fu Ross Rusell che, battendo la concorrenza di Norman Granz, riuscì a convincere Bird a incidere per la Dial. Le riviste jazz e i media in toto, sollecitate dallo stesso Russel, cominciarono ad interessarsi a Charlie e alla sua nuova e stravagante musica; iniziarono così a sponsorizzarlo e giocare molto sugli eccessi della sua vita. Fu presto il successo [12]: l’industria culturale aveva trovato un personaggio estroverso capace di coniugare spettacolarità mediatica e innovazione musicale. I discografici, in pratica, avevano intuito che Parker avrebbe potuto soddisfare contemporaneamente sia il pubblico dal palato fine, che quello attratto più dai personaggi che dai contenuti. Ma, a partire dai primi anni Cinquanta, le cose andarono diversamente: il fenomeno Bird fu presto sgonfiato (almeno fino alla sua morte) e ridimensionato. Probabilmente l’industria culturale aveva enfatizzato in maniera eccessiva i comportamenti di Charlie e si era preoccupata solo ed esclusivamente del soddisfacimento immediato del grande pubblico. Fatto sta che l’industria discografica, non appena il pubblico di massa cominciò a manifestare segni di disaffezionamento, abbandonò Parker per concentrare le proprie energie su un nuovo genere, sicuramente più adatto a un pubblico più vasto e generico: il rock ‘n roll.

Il pubblico

Tra il ’46 e il ’50, dicevamo, Parker riscosse un’enorme popolarità tra tutto il pubblico, americano ed europeo, non necessariamente intenditore di jazz. Ma se tra il pubblico bianco la figura di Parker era apprezzata per le sue capacità e per le sue stravaganze, tra il pubblico nero Bird assunse un vero e proprio significato simbolico.
Parker, e con lui tutto il movimento beboppista, fu visto dai neri d’America come un musicista capace di restituire alla cultura afroamericana un sound che le apparteneva e che l'epoca dello swing stava progressivamente commercializzando e adattando ai gusti borghesi del pubblico bianco. Charlie, scalzando tale musica e rendendola obsoleta rispetto alla vulcanosità della sua inventiva, fu assunto da molti neri come esempio di rivendicazione e di riscatto sociale nei confronti della cultura bianca, la quale si stava appropriando anche di quel settore, il jazz, di cui gli afroamericani erano gli inventori e i più degni rappresentanti. Lo stesso soprannome poi, Bird, si inseriva appieno nella cultura e nell’insieme di simboli che caratterizzavano, e probabilmente caratterizzano ancora oggi, la cultura dei neri d’America [13].
Gli afroamericani però, più poveri, non erano dei grossi consumatori di dischi e quindi seguivano Parker solo nei locali: il legame instauratosi tra essi e Bird era, in pratica, piuttosto diretto e svincolato dal canale mediatico. Sicché la maggior parte del pubblico, inteso in senso più commerciale, era rappresentato dai bianchi.
I bianchi apprezzavano ed ammiravano di Parker gli eccessi e la sregolatezza, oltre alla sue enormi capacità tecniche. Erano attratti, bombardati come erano dalla sponsorizzazione mediatica, dal nuovo, dall’insolito sound, nonché dallo stesso personaggio. In realtà, come abbiamo prima accennato, il grande pubblico bianco non si affezionò mai visceralmente a Bird, tanto che nell’ultima parte della sua vita, in coincidenza con i suoi rapporti burrascosi con discografici [14] e proprietari di locali [15], egli fu addirittura accusato di essere uno degli “affossatori” del jazz.
Perché? La risposta è semplice e significativa allo stesso momento: i bianchi non avevano un simbolo da associare al grande Parker, sicché tutti gli sforzi mediatici compiuti dall’industria culturale riuscirono a sortire effetti solo fino ai primi anni ’50. Quando però il pubblico bianco ritrovò un genere, il rock ‘n roll, capace di cogliere l’eredità dello vecchio swing (e di ricollegarsi meglio del Bebop alla cultura bianca), Parker fu relegato nel dimenticatoio, almeno fino alla sua morte.
Sarà solo una paio d’anni più tardi, in coincidenza con la scalata sociale dei neri e il loro ingresso tra il grande pubblico, che Bird riacquisterà quella fama e quel successo che negli ultimi anni della sua vita lo avevano abbandonato.

Conclusioni

In conclusione del nostro lavoro e come ulteriore spunto di analisi per il lettore, si vuole evidenziare come: 1. il fenomeno Parker sia la conseguenza di più fattori concatenati tra loro; 2. la musica di Parker sia il frutto di una manifestazione di un genio sollecitato di continuo dalla sua subcultura; 3. l’industria culturale possa creare miti e fenomeni, ma se a questo i fruitori (nel nostro caso il pubblico bianco degli anni ’50) non riescono ad associarci un simbolo e un significato, tali fenomeni sono destinati a morire; 4. il successo discografico vari a seconda dei gusti del pubblico, della sua composizione sociale e della sua capacità di identificazione con autori e musica;

Bibliografia

Libri consultati per la stesura della tesina:

Reisner, Robert G., La leggenda di Charlie Parker, Mondadori, Milano, 1980 (ed.or. 1962)
Baroni, Fubini, Petazzi, Santi, Vinay, Storia della musica, pp 474-478, Einaudi, Torino, 1994 (ed. or. 1988)
Salvatore, Gianfranco, Charlie Parker. “Bird” e il mito afroamericano del volo, Nuovi Equilibri, Roma, 1995 (ed. or. 1995)

Discografia

Compact Collection Jazz-Blues-Soul, De Agostini, 1995 (Anni ’45-’54):

Ko Ko
Bloomdido
Parker’s mood
Blues for Alice
Confirmation
An Oscar for Treadwell
Ornitology
Donna Lee

Cinematografia

Bird, diretto da Clint Eastwood, Warner Bros, 1988

Siti consultati

web.tiscalinet.it/treffi/parker/index.html

Note

1. "...di discreto successo commerciale"
I lavori più celebri e famosi sono stati sicuramente le biografie di R.Reisner (proprietario dell’Open Door, il locale del Greenwich Villane dove Parker si esibì spesso negli ultimi anni), di R.Russel (suo produttore discografico per la Dial nel biennio ‘46-47), e il celebre film Bird di Clint Eastwood.

2. "...o come a lui piaceva esser chiamato, Bird,"
Sull’origine del soprannome tante leggende si sono tramandate. La più verosimile, confermata dallo stesso Parker, è quella desunta dalle parole di Jay McShann, un orchestrale amico di Charlie “stavamo percorrendo il Texas con due macchine, quando quella in cui si trovava Parker arrotò un pulcino. Bird si mise la testa tra le mani e ci urlò di fermarci, ingiungendoci di tornare indietro a raccogliere quell’“uccello da cortile”. Così egli chiamava i pulcini. Scese dalla macchina e raccolse con cura l’uccello portandoselo fino al nostro hotel, dove ordinò allo chef di friggercelo quella sera. Insistette molto perché noi mangiassimo quell’“uccello da cortile” a tavola”. Da lì il soprannome Yardbird. (Max Harrison, Charlie Parker, Ricordi, Milano, 1960, citato in Salvatore (v.Bibliografia) a pag 39).

3. "...su Parker la cultura dell'imitazione"
I suoi maestri, per lo più involontari, erano i grandi sassofonisti di Kansas City e la sua scuola furono le jam session a cui spesso partecipava.

4. "...la sua ironia"
L’ironia, a dispetto della stereotipata immagine dell’uomo stanco e insoddisfatto, era una componente fondamentale del carattere di Parker. Talvolta era un’ironia disincantata, come quando metteva la benzedrina nel caffè di suoi compagni musicisti, talvolta turpe, come quando durante un concerto urinò nella cabina telefonica nel bel mezzo del teatro, talvolta raffinata, come quando parlando con Sartre gli disse “Mi piace molto il tuo modo di suonare”.

5. "...e nella droga"
La droga, per Parker come per tutti i jazzisti del tempo, non era considerata una debolezza, bensì uno strumento in grado di far superare i limiti dell’uomo (proprio come poteva essere l’oppio per i poeti maledetti). Parker, come vedremo, sarà sempre ossessionato dall’idea di “superare i limiti”, e così la ricerca di una coscienza alterata fu un leitmotiv di tutta la sua vita. Quanto Charlie fosse attaccato alla droga, lo si capisce dal fatto che Bird, oltre a dedicare un brano al suo spacciatore preferito (“Moose The Mooche”), gli cedette anche il 50% dei diritti di uno dei contratti con la Dial!

6. "...sue spregiudicatezze"
Parker era solito dormire tra l’immondizia, gettarsi ubriaco fradicio nei fiumi, urinare nel bel mezzo della strada, abbandonare la jam session quando non si sentiva ispirato. Tra i tanti episodi vale la pena di ricordare il litigio in diretta radiofonica con il grande amico-rivale Dizzy Gillespie: Parker arrivò addirittura al punto di aggredire, armato di coltello, il famoso trombettista.

7. "...per lui ancora troppo difficili"
La prima umiliazione la ebbe al locale Hight Hat, dove cercò di strafare in una improvvisazione sullo standard Body and Soul: Charlie andò fuori tempo e fuori armonia, fu fischiato e cacciato dal locale. Non pago ci riprovò al Reno Club con l’orchestra di Count Basie: il brano era sempre lo stesso, così come l’epilogo. Parker, che sapeva improvvisare solo in Re, subì un’eclatante umiliazione: il batterista Jo Jones, per la rabbia e per il fastidio lo prese a maleparole lanciandogli un piatto della sua batteria in testa. Parker scappò via piangendo, tra lo scherno del pubblico.

8. "...e fatto soffrire"
Tommy Potter, un suo contrabbassista, mettendo in relazione il genio e la sregolatezza, era del parer che, in una sorta di riscatto nei confronti delle umiliazioni giovanili, l’ormai adulto Parker mirava ad essere talmente inattaccabile sul piano artistico da poter essere accettato come uomo qualsiasi cosa facesse.

9. "...nello stile del Bebop"
Tra i musicisti più rappresentativi del Bebop ricordiamo anche: Bud Powell e Thelonious Monk (pianisti), Max Roach e Kenny Clarke (batteristi), il già citato Dizzy Gillespie e Fast Domino (trombettisti).

10. "...(quelle furono di ben altro tipo"
Come per ogni musicista jazz, anche le influenze artistiche esercitate su Parker sono da ricercare nelle migliaia di musicisti con cui Bird ebbe a che fare. I musicisti più apprezzati da Charlie erano comunque Lester Young e Buster Smith, detto il Professore.

11. "...Federazione Americana dei Musicisti"
Lo sciopero, iniziato nell’agosto del ’42 e protrattosi fin verso la fine del ’43, aveva causato il blocco delle produzioni discografiche

12. "...Fu presto il successo"
Nel 1948 l’autorevole rivista “Metronome”, lo incoronò, dopo un referendum tra i suoi lettori, come miglior sassofonista dell’anno.

13. "...la cultura dei neri d'America"
Per gli afroamericani, il volo, le ali hanno un significato particolare. Un racconto orale di Caesar Grant, proletario negro di mestiere carrettiere e bracciante, comincia così: “Un tempo, tutti gli africani volavano come uccelli, ma poi, a causa delle loro molte trasgressioni, quelle ali li furono tolte. Rimasero alcuni, qua e là, nelle isole del mare e in località sperdute delle pianure, certi che erano passati inosservati, e avevano conservato la capacità di volare, anche se a vederli sembravano uomini come tutti gli altri”. Il volo e le ali degli uccelli simboleggiano l’idea di riscossa sociale e la speranza, un giorno, di sollevarsi da terra per spiccare il volo ed affermarsi socialmente.

14. "...rapporti burrascosi con discografici"
Ben presto, il carattere di Parker si scontrò con la rigidezza degli impegni discografici. Cominciò così a disertare concerti e registrazioni in sala, tanto che alla fine gli stessi discografici, stufi delle bizze di Bird, lo abbandonarono denigrandone addirittura l’immagine. Charlie, da dichiarato istintivo quale era, non riusciva a rassegnarsi all’idea di dover suonare a cottimo: l’ispirazione, diceva, non può esser manovrata e la musica doveva essere un piacere e non un impegno.

15. "...e prorpietari di locali"
A causa delle tante risse e bravate, a Parker fu tolta anche la tessera dei musicisti americani, documento rilasciato dallo Stato senza il quale non era possibile suonare nei locali

16. "..."affossatori" del jazz"
Dal 1952 il “Metronome” addirittura lo escluse dall’elenco dei candidati all’assegnazione del premio come “miglior altosassofonista”.

17. "...almeno fino alla sua morte"
Parker muore il 12 marzo del 1955 per complicazioni cardiache associate alle ulcere peptiche, all’avanzata cirrosi, allo stato pre-diabetico, ad una congestione viscerale e alla polmonite.