Grazie di cuore al noto musicologo Gianni M. Gualberto per aver scritto queste righe chiarificatrici. Il seguente testo è stato postato sul newsgroup it.arti.musica.jazz, il 17/03/00 13.06 su personale richiesta. Ovviamente non posso che concordare con l'affermazione secondo cui l'argomento è di immensa vastità ed occorrerebbero pagine e pagine per poterlo analizzare nella sua completezza. Mi preme semplicemente delineare la situazione (utilizzando commenti di gentilissime persone certamente più esperte di me) che si era venuta a creare negli anni '40-'50 in campo musicale. Vi rimando, per tanto, ad altri siti internet (vedi sezione Link) ed ai testi che riporto in fondo alla pagina, per ulteriori informazioni e approfondimenti.

Powell"Per quanto mi consta, il be bop rappresenta una fase cruciale nello sviluppo del linguaggio musicale improvvisativo africano-americano. A livello strutturale così come di pensiero estetico esso rappresenta non solo un passo evolutivo di vasta e complessa portata, ma anche un momento di definitiva presa di coscienza da parte degli artisti africani-americani (e non solo). Il be bop ha effettuato un'operazione di maieutica, è stato l'ostetrica che ha conferito al jazz (che già li possedeva, ma senza esserne pienamente cosciente) gli strumenti per imporsi definitivamente nel panorama della musica del Novecento come fenomeno di eccezionale e preveggente rilevanza. Ed è stata tale la portata "rivoluzionaria" del be bop da conquistare una posizione di preminenza linguistica che ancora oggi costituisce il tessuto connettivo di base delle più recenti evoluzioni sub-linguistiche dell'improvvisazione contemporanea (pensiamo a come il linguaggio parkeriano si estrofletta e sviluppi in Eric Dolphy e come, attraverso quest'ultimo, colleghi un arco sino a Anthony Braxton o altri ancora, ivi incluso Steve Coleman). Si è però fatta strada l'idea che il be bop abbia rappresentato una "frattura" nel continuum dell'improvvisazione africana-americana e americana; cioè che il be bop, scaturito dal cervello di un paio di artisti nati già in armatura come Pallade Atena, sia balzato alla ribalta "out of the blue", soprattutto come reazione al decadentismo dello Swing bianco. EckstineCome al solito, ciò è solo parte minima della realtà: è regola che ogni innovazione artistica tenda a "uccidere i propri genitori", per la cosiddetta "vitalità del negativo". Ma, per l'appunto, l'uccisione dei genitori implica ipso facto l'esistenza di essi, ed un loro ruolo, che a un certo punto è stato, per forza di cose, fertile. Le varie manifestazioni dello Swing hanno posseduto un ruolo fondamentale nell'articolazione del linguaggio boppistico (e, per forza generazionale, i primi bopper nascevano nelle formazioni swing, fucina di base...). Si tende a sottovalutare certi fenomeni per la grande rapidità con cui essi si sono affermati, e che non ha sempre permesso un'adeguata messa a fuoco in prospettiva. E' come la polemica sullo Swing visto essenzialmente come meccanismo musicale 'da ballo'... Come racconta Archie Shepp, i giovani africani-americani adattarono ben presto anche il be bop alle esigenze ludiche del ballo, senza che ciò inficiasse minimamente la portata "eversiva" del linguaggio che, comunque, ebbe un approccio inizialmente caotico, e non sorprende che un artista come Miles Davis provasse la necessità (non solo per mancanza di virtuosismo strumentale) di conferire maggiore spessore strutturale a un linguaggio che rischiava di auto-emarginarsi nella provocazione dadaista. Anche il caso del be bop sottolinea la necessità di conoscere più o meno l'intera estensione della storia jazzistica: francamente, è difficile concepire l'esistenza di un Clifford Brown, peraltro posteriore al bop, senza conoscere Louis Armstrong. E certo linguaggio orchestrale e strumentale sarebbe impensabile senza la conoscenza, che so, di un Fletcher Henderson o di un Don Redman, tanto per citare dei nomi. E non sottovaluterei, ad esempio, il peso anche delle orchestre swing bianche, capaci di far compiere un notevole balzo qualitativo alla scrittura orchestrale, e all'eloquio strumentale. Ho steso poche, pochissime annotazioni esemplificative. L'argomento è, ovviamente, di incommensurabile vastità."

Gianni M. Gualberto

Trovati nella rete: tutti i messaggi dei jazzofili sulla rete, qui raccolti.

Il ritmo ed il jazz: di Riccardo Brazzale, articolo tratto da "Musica Jazz" Anno 51°, N.12 - Dicembre 1996

Modi di Vita: la Beat Generation, estratti dal manifesto di Kerouac On The Road.

Musicisti BeBop e Scale Bebop, documento pdf in inglese

Ulteriori risorse cartacee:

Arrigo Polillo, Jazz, Milano 1975, Arnoldo Mondadori Editore.

Les Wise, The BeBop Bible.

David Baker's, How to play bebop vol 1,2 e 3, (ottimo manuale), edizioni piccolo conservatorio nuova milano musica

Charlie Parker Omnibook, (temi e solos di Parker, indispensabile), atlantic music corp.

Mark Levine, The Jazz Theory Book, Sher Music, tutta (o quasi) la teoria che ti può servire (ma anche molti esempi)