Processo d’immedesimazione attraverso il simbolismo delle immagini in Io, la luna e la poesia di Isabella Michela Affinito (Tigullio-Bacherontius Ed, S. Margherita Ligure, 2001)
 
Il titolo “Io, la luna e la poesia” della silloge di Isabella Michela Affinito è già, da solo, la chiave di lettura dell’intero volume. Si legge, nella nota dell’autrice in apertura del testo: «questo libro è il mio dialogo con la luna». E, in effetti, di vero e proprio dialogo si tratta ma non soltanto con la luna, si potrebbe aggiungere, anche con la poesia, anche e soprattutto con sé stessa. In una delle prime liriche con cui la raccolta si apre, la poetessa scrive: «Il poeta non sa / ancora piangere, / le stesse lacrime / sono i suoi versi / e il suo dolore / è lui stesso». E poco più avanti «perché scrivo poesie / dovrei chiederlo alle stelle, / o ai fantasmi del passato / che si annidano / tra i ruderi antichi / dei miei pensieri / o alla natura, / invece lo chiedo a me stessa» prima di affermare, quasi parentoriamente, «io ti ho cercato / tra le lise pagine / di un libro antico, / tra le righedi mille poesie / ed io vorrei essere dentro di loro!» (“Alter Ego”). Seguendo le tappe di questo ipotetico viaggio lungo la scrittura della nostra autrice, si viene delineando, in modo sufficentemente evidente, quel processo di immedesimazione che la Affinito compie con gli elementi che costituiscono il corpo, la sostanza del suo lavoro poetico. Immagini simboliche, dunque, in questo “Io, la luna e la poesia”: simbolismo che aiuta a trovare le risposta alle mille domande che si levano dall’inconscio in cerca di soddisfacenti e leali riscontri. «Quando la si trova nel cielo della notte – si dice, ancora, nella nota introduttiva riferendosi alla luna – è capace di trasmettere ogni cosa inerente allo spirito, all’inconscio, alla sublimazione»: pensiero tradotto in versi ne “Alla luna II”, forse la lirica meglio riuscita della raccolta, dove il mistero, qui simboli-camente rappresentato dalla luna, fa sussultare e permettere l’elevarsi dell’ispirazione. Sostiene approppriatamente Marco Delpino nella prefazione: «È questo un libro che fa meditare, laddove la lirica ispirata s’innalza a canto e viene cullata da un sottofondo musicale che rappresenta il sogno, lontano e sempre vivo, capace di ravvivare i sentimenti». Quel canto, quel sogno auguriamo ancora più intenso per la scrittrice, perché si avveri, nell’unico modo possibile, il suo desiderio, che un giorno la luna legga il suo libro.
                Sandro Angelucci