La parabola del ricordo in L’ala del gabbiano di Nino Agnello
 
“L’Ala del Gabbiano” di Nino Agnello è un pregevole volumetto che si apre con la presentazione e il ricordo di una figura cara e stimata dall’autore: l’artista Nino Contino. Questi era stato uomo di pensiero e soprattutto «non metteva in mostra la sua cultura, generale e specialistica, né ebbe mai atteggiamenti e velleità da intellet-tuale… In arte e nella vita ripeteva spesso: è la profondità del pensiero che conta, al di sopra del facile sentimento e di ogni eleganza formale». Nino Agnello ricorda quindi il suo sodalizio con l’artista agrigentino, nato a Bengasi il 13 gen-naio 1925 e morto ad Agrigento il 31 marzo del 1999. «Era il mio fratello di spirito – scrive, – il fratello maggiore che mi partecipava la sua fraternità in tantissimi modi: godeva delle tappe letterarie che realizzavo, mi dava preziosi consigli, mi affidava le sue intuizioni e soprattutto mi comunicava una carica notevole di entusiasmo». Il volume si conclude con un pregevole poemetto, “L’ala del gabbiano”, scritto in onore dell’amico scomparso, che corre sul filo della memoria, così come declama già in apertura l’autore: «Un filo avvolge le memorie, / le arrotola dentro labili cartigli / per dare pace al presente, all’urto / dell’ultimo vissuto, ermetica chiusura…». Il richiamo del passato è quindi essenziale. Il tempo ‘perduto’ viene ritrovato attraverso la memoria, con il ritrovamento del passato si rivivono passioni, sensazioni, emozioni, ma soprattutto alcuni momenti entusiasmanti e i rapporti con gli altri in un contesto di sentita umanità. Da ciò sgorga l’amicizia vera, le riflessioni sull’arte, il sentimento poetico. Questi stati d’animo sono quelli che legano gli uomini e si possono trasformare in poesia. Il poemetto, che si snoda per ben 501 versi, ha elevati slanci lirici, ad ampi squarci descrittivi, ma soprattutto suscita sentite emozioni quando ricorda l’amico scomparso da poco: «L’alba aprì gli occhi al gufo / che squittì sul cipresso solitario, / i passeri fecero bisbigli sui pini / e le tortore tubarono tristi con richiami lenti… / Nino già volava con gli angeli del cielo, / bello il viso, calice sereno». Che Nino agnello sia poeta dal profondo sentire, lo si può dimostrare, oltre che attraverso un esame minuzioso e particolare delle sue numerosissime opere (ha infatti al suo attivo ben 14 sillogi di poesia di pregevole fattura artistica, accanto alle altre opere in prosa), anche attraverso un ampio e approfondito saggio di ben 48 pagine che il critico Alfredo Scaglia gli dedica. Se il saggio da una parte elabora in maniera originale la ‘poetica dell’insolitudine’ di Nino Agnello, dall’altra parte è un elogio dell’amicizia: quella tra l’autore e il suo critico. Infine in appendice vengono poste delle recensioni a quattro suoi volumi: “Cerchi concentrici”, Arcipelago”, “Chitarra fedele”, “Sogni al tombolo”. «Quanta angoscia esistenziale volutamente contenuta si soglie in quest’ultima raccolta di Nino Agnello! Tutto, dai sicuri mezzi espressivi all’immagine caustica, dal verso asciutto alla parola essenziale, sprigiona tristezza, mestizia, non tedio, non noia».
Angelo Manitta