Povera vita
 
                A Roberto Cattivelli,
                Maestro di mareggiate e d’immersioni
Povera vita, credo
d’averti soltanto sfiorata.
T’ho ammirata e sognata
ma senza troppo tendere la mano
a ghermirti. Ho saputo
guardarti da lontano
come chi dall’inizio già sapeva
che la porta d’accesso al tuo santuario
gli era preclusa.
                E fu
                così che in mio soccorso
- se ad un qualche soccorso
pure avessi agognato!-
                venne con passo lieve,
                con ala di farfalla,
                come soffio di brezza a me la musa.
Di te colsi l’essenza
e fu come profumo
passeggero di pollini nell’aria.
Ma mi sentii in buona compagnia
quanto più, vita mia,
seppi renderti schiva e solitaria.
                Con te giocai pur sempre
                a carte scoperte, senza
                tentare di barare – e questa è colpa
                che il mondo non perdona.
                Ma io seppi burlarmi
                con mordace ironia
                di così ferrea legge,
                senza per me forgiare ferree armi.
La mia strana saggezza
io l’appresi dal mare: scorgo in esso
da sempre un infinito
che danza senza sosta,
vento su vento, onda dopo onda,
ad un ritmo di musica più vasta
di quella che, crudele e persuasiva,
m’opprime dalla nascita o m’avviva.
                E, pur restando carne
                vile, pesante - ma pensante - sciolgo
                in quest’atroce immensità le mie
                già sconquassate vele. E so dir: “Basta!”