- Il
titolo ci immette ‘illico et immediate’ nel tema dominante di
questa ‘plaquette’ di versi di Giuseppe Fanara, Padre
francescano dell’OFMC. Il concetto di libertà si diffonde,
infatti, come sotto le volte di questo labirinto della vita, al
pari di un urlo riecheggiato all’infinito fino a raggiungere le
soglie del Cielo. Perfino le riproduzioni di opere d’arte o di
foto amatoriali che ornano il volumetto sembrano accompagnare,
come un sottofondo musicale in sordina, quest’anelito di un
animo, assetato di liberi cieli e di spazi infiniti: i due bimbi
sulla cima di un colle con, alle spalle, l’azzurra visione di
isole e mari; ‘il volo’ dall’alto dei tetti di Dimitri
Solonia; gli ‘spazi’ giallo-azzurri di Clair Joy; il
‘volare’ di Giulio Turcato; perfino l’erta muraglia di
Roccaperciata con la fenditura romboidale aperta sull’Infi-nito.
Insomma possiamo dire che tutto, in questo libro, è un inno alla
libertà, al punto che la terra viene considerata come un esilio («Terra
straniera» pag.10), mentre la vera dimora è «un cielo stellato»
e l’ideale è un «volo pervaso d’eterno», la felicità è «libertà
di vivere pensare ed amare». Perfino le intricate strade del
mondo sono un nulla in confronto agli «spazi di libertà» come
predica il titolo (pag. 20). E non si creda che tanto anelito alla
libertà sia fine a se stesso, poiché il poeta addita anche le
possibilità per conquistarla questa tanto sospirata libertà,
possibilità che affondano le loro radici in valori religiosi,
etici e sociali inossidabili. Vivere soli, per esempio, sapendo di
non essere mai soli, riuscire a vedere nel buio e ascoltare il
silenzio, amare il nemico, baciare un lebbroso, «cantare nel
pianto / e parlare tacendo» (pag. 22). Su valori così forti e
pregnanti - è scontato - si fa strada il motivo religioso,
sublimemente espresso soprattutto in quel conturbante Crocifisso
del Tribuzi, che domina l’altare maggiore della Chiesa di S.
Francesco D’Assisi all’Immacolata di Messina, capolavoro della
iconografia scultoria cristologica, nel quale l’autore di questi
versi legge «speranze seminate» in un grembo, umanamente
trafitto dal più atroce dei tormenti, ma al tempo stesso
divinamente radioso per la certezza della Redenzione.