di Angelo Manitta

José Luis García Herrera e la poesia dell’infanzia

José Luis García, nato in Spagna a Esplugues Llobregat (Barcellona) nel 1964, è tecnico chimico-agrario e mostra una finissima e profonda sensibilità poetica. Critico letterario e conduttore di programmi radiofonici, ha ottenuto diversi premi, mentre numerose riviste, anche straniere, si sono interessate alla sua poesia. L’ultima silloge, “Splugges”, edita nel 2002 dall’Editorial Alhulia, è un tuffo nell’infanzia: un ripescare i luoghi, le emozioni, le figure del tempo dell’infanzia attraverso la mente, quasi con «brazos abiertos al niño que fui» (con le braccia aperte al bambino che fui). Questi sono anni fondamentali che non hanno prezzo e costituiscono l’universo sul quale costruiamo il resto della nostra vita. José Luis è un «poeta dotato di una capacità e di una forza inesauribile per la creazione di immagini sorprendenti e incredibili» scrive nell’ampio saggio introduttivo Jesús Cabezas Jimenez. Il lettore viene spinto alla contemplazione, all’interpretazione e alla riflessione lirica che rischiara, attraverso la magica via della poesia, il miracolo e il mistero dell’esistenza. Tutto ciò, attraverso una esposizione epica, un verso lungo, complesso e solido, e una narrazione dai molti spunti diaristici, lo si può bene evidenziare nella lirica “La torre griega”:

 

 
Desde las rocas se arrojan las voces y los nombres,
los años del héroe che no fuimos
los días perdidos en asentar las huellas
que lluvia borrarà sin respetar milenios.
            Sobre las rocas se alza la torre griega.
Majestuosa para los ojos pequeños del arcángel,
para la sangre que despierta al mundo
y para los callados versos del poeta Galvany
que lloró a sus pies la derrota del tiempo.
Sobre las rocas cayeron mil noches de lobos
y sombras de petróleo que temblaban sin aliento
mientras la luna llena
filtraba sus blancas guedejas sobre el agua.

 

Dalle rocce s’innalzano le voci e i nomi,
gli anni dell’eroe che non fummo
i giorni perduti nell’imprimere le orme
che la pioggia cancellerà senza rispetto di millenni.
            Sopra la roccia si innalza la torre greca.
Maestosa per gli occhi minuscoli dell’arcangelo,
per il sangue che desta il mondo
e per i taciti versi del poeta Galvany
che pianse ai suoi piedi la disfatta del tempo.
Sopra le rocce caddero mille notti di lupi
e ombre di petrolio che tremavano senza alito
mentre la luna piena
sfumava le sue bianche chiome sopra l’acqua.