di Lucia Grazia Nicotra

Ferruccio Gemmellaro: La pulzella delle specchie

 Ecco una giovane protagonista emergere dalle pagine di quest’ultimo romanzo di Ferrucccio Gemmellaro. Una ‘nouvelle Jean D’Arc’ che fa le sue scorribande in nome di una giusta causa, tra i monti, le valli e le discese della Puglia, dell’Aspromonte e del Gargano. Un turbinio di descrizioni, emozioni e luoghi che trasportano a secoli lontani, ad ancestrali ambienti, ad impervi ed assolati siti, ma soprattutto a tempi di lotte, guerre e ideali patriottici, risorgimentali e carbonari. Un desiderio e un sogno di Unità, di liberazione dallo straniero, di leggi e di parità dei diritti.  «Non nuovo al romanzo storico - scrive il prof. Leonardo Vecchiotti nella prefazione – Gemmellaro riesce, in quest’ultimo lavoro, in un’autorevole rivisitazione dei moti rivoluzionari del sud d’Italia ai primi dell’800, a coniugare brillantemente l’allargamento, talvolta sino al parossismo, dell’oggetto delle sue indagini, la cosiddetta Storia Minore, con l’esigenza dei complessi fenomeni discorsivi propri di questo genere letterario». Un tuffo in nozioni apprese sui banchi di scuola, studiate magari per un esame, ma presentate dal Gemmellaro con una dovizia di particolari degna di uno studioso, di uno storiografo, di un ‘artifex’.

La storia di due giovani dell’800: Carmela e Cosimo. Lei originaria del paese delle specchie (la specchia è un manufatto di pietre), in fuga perché ha ucciso un prete che la voleva ingiuriare, lui un cafone (voce dialettale per contadino) accusato ingiustamente di essere un rivoltoso. I due si conoscono durante le loro fughe, e decidono di fare il viaggio insieme verso luoghi lontani e più sicuri, dalla Calabria alla Puglia, «attraverso una scenografia senza tempo: grotte, dolmen, sentieri longobardi e francigeni, abbazie e masserie, castelli… che risuonano di lemmi universali; compagni d’amore e di strada ricercati dalla giustizia».

Dopo tante peripezie i due giungono al sicuro nella masseria di don Matteo che, rimasto senza eredi, li accoglie e li fa alloggiare in un’ala della masseria e decide di adottare il bambino che aspettavano, facendo così di loro dei familiari e non più semplici inservienti. Ma nel 1820 Carmela entra nella Carboneria, dopo aver superato la prova che le era stata richiesta. Una donna a capo di moti rivoluzionari, e di una banda di giardiniere, giovani carbonare come lei? Che grida e lotta affinché si costituisca la Costituzione, una Carta di leggi fondamentali alla quale devono ubbidire tutti, compresi i regnanti? Quasi novella valchiria, guerriera, o divinità greca dei cacciatori, protettrice degli esseri indifesi e dei fanciulli, che rubava ai ricchi per dare ai poveri e alla giusta causa politica, la sua fama si diffuse rapidamente dal Gargano al Tavoliere. Negli anni seguenti gli avvenimenti precipitarono: l’Italia era passata in mano ai piemontesi, la pulzella fu informata che il marito e il bambino, rimasti nella masseria, erano stati uccisi. Immediata la decisione di tornare a casa, ma fatale per la giovane guerriera, perché catturata fu uccisa, immolata al sacrificio e alla lotta politica. Era vicino il 1861 anno in cui si sarebbe potuto gridare: “Viva l’Italia, una, libera ed indipendente!”.