- Si tratta dell’opera prima di una
poetessa sincera e profonda, le cui poesie sono «semplici,
scaturite dal cuore, ricche di tanto sentimento, dettate
soprattutto dal proprio istinto vocativo». L’autrice, come
afferma Ugo Zingales nella prefazione, è riuscita a «comporre
con molto gusto, particolare attenzione, straordinaria intuizione
e indiscussa raffinatezza».
Il canto di Gabriella Gisotti Pirrone è un canto di dolore e, a
volte, di speranza. Le liriche sono in-trise di eleganza e
musicalità, lei stessa afferma di navigare «sull’onda dei
pensieri, / fra rocce scalfite dal tormento» e osservare che «ritagli
di tempo / si riflettono nell’aria, / in controluce». Tutta
l’opera, benché costituita da liriche di vario argomento, trova
il proprio carattere unitario nel profondo esistenzialismo
dell’autrice. Un velo di pessimismo, o forse sfiducia
nell’uomo moderno, traspare nel profondo dolore che la strugge.
Spesso nella vita l’uomo sogna cose impossibili che nell’immidiatezza
danno speranza, ma poi si trasformano in abbagli «che sfumano
lenti / nei cuori
appannati / da veli di cenere bianca». Ma la speranza di pace si
fa così forte tanto che lei stessa si disperde «in un antitetico
labirinto / di irti cespugli / che inverdiscono un campo di pace».
L’anima è stata invasa dai deserti, le ombre sembrano avvolgere
tutto, nebbie fumose spingono l’anima nell’oblio e solo aliti
di luna rasserenano il cuore. Tutto sembra andare alla deriva,
sembra vana qualunque speranza di vedere il sole, ma in Gabriella
Gisotti Pirrone traspare «un alito d’amore
/ che colpisce il centro / di molecole fluttuanti / in uno
spazio amorfo».