- Caterina
Grasso:
versi che scaturiscono dal cuori in Diario
di un’anima (edizioni LER, Marigliano 2002)
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- “Diario
di un’anima” è la silloge di poesie che segna l’esordio in
campo letterario di Caterina Grasso. Versi che scaturiscono dal
cuore, che aiutano alla riflessione, liriche che, se l’autrice
definisce senza pretese letterarie, «sono come l’acqua limpida
di un ruscello dove, attraverso la lettura, ci si può dissetare e
rinfrescare l’anima, spesso lontana da una fonte così pura che
offre al lettore attimi di sensazioni che purificano lo spirito».
In queste parole di Biagio Fichera possiamo cogliere il forte
significato della silloge. La poesia di Caterina Grasso è una
poesia permeata di vita e di sensazioni, una poesia che, come
scrive l’autrice, «è stata fonte di vita, dove ‘ho
sprofondato’ i miei pensieri che si sono alimentati giorno dopo
giorno». La silloge è divisa in cinque sezioni, da ognuna delle
quali emerge un contenuto univoco. Innanzitutto Caterina Grasso,
docente siciliana emigrata al nord, non può far altro che
dedicare una parte dell’opera alla sua amata terra: «Ho perduto
la mia terra / con dolore, / ingannata dal fato; / ho lasciato al
cielo / le onde azzurre del mare / là, dove
il rosso d’arancio / da sempre / brucia nelle vene degli
uomini». Elevata in un divino lirismo, lei vede in sogno la sua
Sicilia: «Sogno / soltanto onde / di schiume leggere / che
baciano / antichi e vecchi scogli». La seconda parte dell’opera
si rifà ad emozioni autobiografiche attraverso il concetto della
rimembranza e del sogno. Passato e presente si fondono in un
turbinio di sensazioni nel quale «scompare piano / dal frizzante
orizzonte / il tenue arcobaleno / dei ricordi», mentre tutto il
passato riappare in arie e frammenti, in attimi fuggenti e ceneri
di fragili amori. Tra le altre tematiche non manca l’amore.
L’autrice nella terza parte canta l’amore verso gli altri, ma
soprattutto verso la propria famiglia. In
questo scenario entrano a far parte i nonni, i genitori, i
figli e la sorella, ma la funzione di «faro in mezzo alla
tempesta della vita» spetta alla figura intramontabile della
madre. Se gli affetti familiari elevano lo spirito in terra,
solamente la fede riesce ad elevarci al cielo. La fede è la fonte
inesauribile
dell’amore di Dio, del Suo perdono, ma bisogna che ognuno
chieda al Signore di entrare nel Suo Tempio, «isola di pace /
solitaria e silenziosa, / ove il frastuono / dell’ansiosa umanità
/ non approda». Ma in una società da cui bisogna attendere poco
di buono, si erge una speranza o forse un messaggio: «Se gli
uomini / sono fortezze e patrimoni, / allora possono cambiare / il
tetto del cielo / con la saggezza del futuro!». L’autrice è
cosciente della realtà, del dolore, del mistero della vita
terrena che opprime anima e corpo. Lei, come tut-ti gli animi
nobili, ha sete di pace, d’amore, di una misteriosa pioggia
purificatrice che le bagni il volto, insomma ha desiderio di
felicità. Forse la vita è un
inganno, forse «non ci saranno più / albe nuove», forse
«il tempo / inesorabile muta / illusioni e sentimenti», forse un
angelo piange accarezzando i palpiti di una gioventù perduta e
tradita, ma cosa importante è non perdere la speranza e aver
sempre sete di Luce e Gioia. «Caterina Grasso ci dona in questa
raccolta un esercizio suadente di trasfigurazione: le cose, i
sentimenti, le circostanze del passato sono da lei assunte in
variegate e sciolte immagini, moltiplicanti incroci ed
accostamenti di sorprendente suggestione», scrive Emilio Santoni
in una nota introduttiva. E se per l’inglese Arnold il poeta
vede solo ampiamente e non profondamente, dopo aver letto queste
poesie possiamo con sicurezza affermare che la profondità del
sentimento è il vero punto cardine della poesia.