di Franco Dino Lalli
Gira la ruota del tempo, racconti di Antonia Izzi Rufo (L’Autore Libri. Firenze, 1997)
 
Gira la ruota del tempo di Antonia Izzi Rufo è una raccolta di racconti semplice, immediata e spontanea, scritta con una scrittura efficace e viva che si connota di quell’oralità perduta del ‘tempo che fu’ e ci regala tutta la tensione e l’affabulazione caratteristiche delle storie e delle leggende che si tramandavano di padre in figlio, raccontate dai testimoni della parola per perpetuare i miti ed i riti di una società semplice e naturale. Ma, a coglierne il senso più specifico e nascosto, i racconti della Izzi Rufo, fanno fede anche ad una sua necessaria e personale esigenza, che rinveniamo tra le righe nella dedica al libro in cui l’autrice definisce i suoi racconti come «compagni fedeli delle mie notti insonni», quasi a volerne fare opera narrativa per esorcizzare le paure e le angosce del suo bagaglio esperienziale e storico attraverso la scrittura. In questo modo la scrittura si fa semplice, ma soprattutto dolorosa nei temi e ci narra di un dolore terreno che non appartiene alla società contemporanea, ma al passato, ad un tempo che sembra remoto, basato sulla realtà più autentica, concreta, legata alle cose quotidiane, al cielo, alla terra, agli eventi naturali, alle speranze sincere di uomini legati al ciclo della vita e del tempo.
Così come i racconti orali si fanno testimonianza, i racconti della Izzi Rufo diventano le testimonianze di un tempo vissuto in prima persona, con le angosce, gli affanni e, perfino, con l’ingenuità e l’immediatezza dell’autrice quando ci trasporta nella sua età infantile ed adolescenziale. Più che di semplicità dunque, si può parlare di realismo, un realismo sincero, che connota la narrazione di un’atmosfera di fiaba e di magia, soprattutto nei personaggi che vivono realmente, veri e presenti, quasi tangibili nelle loro storie, avventure e soprattutto nei loro sacrifici. La vita in quest’ambiente è un microcosmo di fatalità, di destini segnati, perfino l’amore, che non è sempre il riscatto della felicità e dell’abbandono, diventa materia di dolore quando intervengono fattori estranei e contrari, quali l’interesse, la gelosia, il senso di possesso, propri di un ambiente defraudato e chiuso. Tutto era vissuto in maniera reale, profonda, con una sensibilità diversa e più vera ed i fatti, anche nella loro semplicità, erano vissuti in modo autentico, quasi come archetipi. Nei racconti della Izzi Rufo questi archetipi sono rappresentati dai personaggi e dalle loro storie, ma anche dagli stessi ambienti, perfino dagli usi e dalle consuetudini che ci aiutano ancora di più a comprendere e a partecipare dei drammi, dei sacrifici e di tutte le situazioni dei perso-naggi presentati. Traspare anche un senso di rimpianto, nella narrazione, che si concretizza nella nostalgia, spesso tangibile nelle righe dei racconti, per un mondo che ormai l’uomo ha perduto, anche per sua stessa colpa, per aver privilegiato, nella ricerca del progresso e della sua realizzazione, valori non proprio positivi abbandonando quelli più semplici ed immediati, rischiando così la perdita della sua identità e anche la sua stessa innocenza e concretezza.