-
Voce vivente della
poesia d’oggi è quella di Carmine Manzi che nel suo “Florilegio
poetico” porta la vita nella scrittura. E qui memoria, oggetto,
parola, costruiscono nella loro qualità poetica un vero ‘file’ del
tempo. Si innerva una fisicità in cui pulsa il cuore: un pulsare
che pone Carmine Manzi tra i poeti più veri del nostro tempo.
Poesia e vita: un tema che scopriamo in questo “Florilegio” nella
traduzione in lingua francese di Paul Courget e pubblicato dalle
Edizioni Gutenberg, con ampia nota introduttiva di Maria Grazia
Lenisa che ci dona sentieri aperti e ci guida nel campo di una
cultura a noi vicina. Qui la poesia narra e musica il sentimento
della natura e dell’umano. Un cammino poetico e umano è quello,
infatti, che attua Manzi: un viaggio che si para di fronte alla
storia, al destino, alla solitudine, al dolore. E la parola,
fragile e nuda, precisa il suo essere tra incanto e perdita.
Paure, solennità, il farsi medesimo del vivere, il disfarsi del
mondo, tagliano e alleggeriscono il verso. E portano il suono
delle parole in una abbacinante, dolente, laicissima preghiera.
-
Questo “Florilegio
poetico” somiglia ad una sorta di “summa” che coglie, fior da
fiore, dalle pagine di altrettanti sillogi del poeta, con una
attenzione particolare verso le esperienze interiori di Carmine
Manzi: e qui cogliamo le mosse di una registrazione fedele degli
oggetti della realtà e la tensione ad una valenza simbolica di
essi, cioè tra senso della consistenza materiale delle cose e
senso di un loro ideale rispecchiamento. Per cui la poesia del
Manzi è tutta amore per le cose concrete, ma anche profondo senso
del vago e del mistero.
-
Il “Florilegio” che
prende le mosse dai “Frammenti d’una estate romana” fino alle
“Voci interiori”, da “La corsa dei giorni” a “L’echelle por le
ciel”, affida alla descrizione un’acutezza dell’anima e dei sensi
più allusivi e, in tal senso, parla di un realismo magico, che
acquista coscienza di una realtà che non si arresta nella fissità
dell’evidenza, ma si riveste di una particolare suggestione fino a
conferire alle pagine una sorta di pluralità semantica. Sono versi
questi percorsi da risonanze gentili e seducenti, che evocano
luoghi, situazioni, storie, sentimenti, figure; da distesi
appagamenti di suoni e colori e, nei momenti più intensi, da una
lucida attenzione ai contorni delle cose, fino a concludere nei
toni di un diarismo sereno ed arioso, ironico e sapiente, non
privo di sottili allusioni culturali e psicologiche. Essi
posseggono inoltre una lucidità di dizione che è l’esatto
contrario del manierismo di cui si ammanta certa poesia italiana
contemporanea, come se la poesia non fosse nelle cose, ma
consistesse in un modo artificioso di accostare e ordinare le
parole. E la poesia di Manzi si distingue per un altro tipo di
manierismo che lo porta a calarsi in un ambito di presenze reali o
fittizie, vicine o lontane nel tempo, denominabili con felice
consonanza secondo un comune sentimento della vita e dove
‘l’invito al viaggio’ è la strada per conciliarsi con le proprie
radici, con la propria intimità o finitezza, con le vestigia di un
mondo primigenio che dà la misura esatta della precarietà del
nostro presente e del nostro futuro.
-
Nel complesso, qui,
come scrive Maria Grazia Lenisa nell’ampia prefazione, non bisogna
trascurare l’attenta traduzione in francese di Paul Courget che ha
reso della poesia di Carmine Manzi tutto il suo particolare gusto,
con i particolari riferimenti, con i trasalimenti di una vicenda
interiore e con le attenzioni di un uomo che nel suo lungo
percorso artistico non ha mai tradito il suo lavoro.