a cura di Giovanni Tavcar
Denis Poniž, č nato a Ljubljana il 29 settembre 1948, dove ha frequentato il ginnasio e gli studi univer-sitari. Si č laureato in lettere nel 1978, a Novi Sad, con una tesi sulla teoria letteraria slovena e sue applicazioni.
Obiettore, ha potuto iniziare la sua carriera accademica (dopo otto anni di libera professione e periodi di disoccupazione) solo nel 1986, come docente presso la Facoltŕ di Pedagogia dell’universitŕ di Maribor.
Nel 1989 č stato nominato docente, dapprima straordinario e poi ordinario, all’Accademia per la radio, la televisione, la cinematografia e il teatro di Ljubljana. Nel frattempo č stato (ed č tuttora) anche docente straordinario presso le universitŕ di Klagenfirt (Austria), di Bielefeld e di Giessen (Germania).
Ha pubblicato diversi libri sull’estetica, la teoria e la storia della poesia e del teatro sloveni. Č autore di diversi pezzi teatrali, fine poeta (ha pubblicato quattro raccolte di poesie) e contemporaneamente uno dei massimi critici letterari sloveni (certamente il piů anticonformista e il piů originale) che vanta piů di 400 tra articoli, critiche, recensioni e saggi, pubblicati sia sulla stampa slovena che su quella estera. Č infine apprezzato traduttore dal croato, dal serbo  e dall’inglese. Vive e lavora a Ljubljana.
Gorgogliante luce, alla base aspra di fragranze,
nei germogli pura come la notte di zafferano,
vieni, prendi ciň che č tuo, affinché il bozzolo
della pelle di seta si srotoli in veglia.
Č tempo di intuizioni, assorbito nel dolce terrore;
nel vento ardente č agganciato il sottile rasoio
della frescura: ecco sbocciare la notte delle alluvioni
che, con grido animale, riempie il corpo
di puro tremore e intuisce, nel duale, il singolare.
 
Ti sbricioli in pura cancellatura, friabile
frutto autunnale, quando ti sfioro
con lo sguardo, temperato nelle sette
disgrazie; in suoni colorati, che tessi
folleggiando, finché gli odori non iniziano
a contrarsi in inespresse spirali, in scialba
delizia dei mai sorti cielo e terra. Nel paese
degli aspri frutti dell’amore mi sezionano
i richiami delle tue bianche rocce.
 
Denso e melato č il disegno della salvezza:
sono un animale che annusa la demenziale
rovina del mondo. Il respiro č compresso in un raggio
di luce. La regina pagana, la belva-fanciulla,
mi sussurra: vieni animale, saziati, lavati
nella tempesta, riscaldati nel fuoco azzurro,
inganna bisbigliando la notte, taci, chiudi gli occhi,
sali sul mancato orizzonte del sogno, dileguati
nella pioggia dorata della parola-vitigno.
 
Il mio sguardo č fisso sui confini del mondo,
sulla terra degli uccelli, Thule! Lŕ se ne sono
andate tutte le mie dilette, dagli occhi dorati
e dall’ancheggiare civettuolo. E sulla neve,
che ha ricoperto il ghiaccio verdastro delle nordiche
lagune, sono rimaste le orme delle piccole zampe.
Le orme degli uccelli. In mezzo alla lussuria
ghiacciata, le orme d’ambra gialla. Thule,
il regno degli uccelli, mi fissa negli occhi:
onde cupe si frangono sui peli e tagliano l’aria muta.
visoka luč, v podnožju rezka od vonjav,
v poganjkih čista od žafranaste noči,
pridi, vzemi kar je tvoje, da svitek
svilne kože v budnost se razvije, je
slutenj čas, izsrkan v sladko grozo, v
pekoči veter vpeta tanka britev hlada:
takrat je noč povodenj, kot krik živali
v telo naseli čist drget, ki v dvojnem sluti eno.
 
 
v čist izbris se mi drobiš, krhki
sad jeseni, ko te dotipljem s svojim
pogledom, v sedmih nesrečah prekaljenem;
v zvoke barv, ki jih pleteš in noriš,
da se vonji skrčijo v nedorečene vibe,
da se stali slast nokoli rojenih nebes in tal.
v deželi trpkih sadežev ljubezni me
razrežejo klici tvojih belih skal.
 
 
gost in meden rišem okrastno znamenje
rešitve: žival sem, ki voha blazno pogubo
sveta. dihanje je stisnjevo v snop svetlobe,
poganska kraljica, deklezver, mi šepeta, pridi
žival, nasiti se, okopaj se v nevihti, v
plavem ognju se ogrej, šepetaje prevaraj noč,
umolkni, zapri oči, na neobzorje sna povzpni se,
takrat izgineš v zlatem dežju trtbesed.
 
 
moje oči so uprte na konec sveta, v ptičjo
deželo Thule! tja so šle vse moje ljubice
z zlatastimi očmi in spogledljivo hojo
in v srezu, ki je prekril zelenkasti led
severnih lagun, so ostale sledi drobnih nožic.
ptičje sledi. sledi zledenele pohote. jantarne
sledi. Thule, ptičja dežela, zre v moje oči:
zamolkli valovi butajo v dlake, režejo nemi zrak.