di Ausilia Sacco

Antonio Risi, Noumeno e realtà di Francesco De Napoli, (Centro Paideia, Cassino 1999)

 Mi sono immerso con grande curiosità e piacere nella lettura di questo agevole manualetto che ripercorre con scrupolosa attenzione la storia dell’apprendistato di Francesco De Napoli, certo uno degli autori ‘emergenti’ della letteratura italiana del tempo presente, come traspare dai giudizi di studiosi del valore di Bàrberi Squarotti, Bo, Bonifazi, Nocentini, Grillandi, Meneghello, Nigro, Oreglia, Parri, Ramat, Vacana ed altri. “Noumeno e realtà”, opera prima del poeta cassinate, uscì in prima edizione presso l’editore romano Gabrieli nel 1979, ed è quindi esattamente a vent’anni di distanza da quell’evento che Antonio Risi, un giovane docente ciociaro, ha deciso di realizzare questo originale studio critico introduttivo a tutta la produzione successiva di De Napoli. Risi inizia soffermandosi sulle radici, ossia sulle ‘fonti di ispirazione’ dell’esordio di De Napoli, un avvio chiaramente legato alla lezione dei grandi maestri della tradizione progressista di sinistra, non solo italiana: Pasolini, Brecht, Eluard, Gorki, Benjamin, Alberti, Neruda e Ginsberg, solo per citarne alcuni. Nonostante la giovane età, De Napoli dimostrò di possedere però anche un solido retroterra culturale classico, che affiora da diversi testi presenti in “Noumeno e realtà”. L’autore del saggio sottolinea come in De Napoli questi studi classici si siano amalgamati alla perfezione con la vigile attenzione per le ardue vicende del nostro tempo, consentendogli di produrre opere in cui è sempre viva e palpabile la denuncia «dei vizi e delle debolezze degli uomini». Accanto all’ironia e alla satira, nel “Noumeno” sono ben presenti però – anzi forse predominanti – un senso di acuta sofferenza interiore e un’ansia esistenziale che avvicinano fortemente queste poesie alle tematiche del ‘maledettismo’ (Rimbaud e Baudelaire). Una poesia, quella dell’esordiente De Napoli, davvero ricca e affascinante, che mostrò subito di possedere i caratteri della vera poesia. Ad esempio, nella poesia “Alba” mi pare di riscontrare ancor oggi la freschezza delle atmosfere tipiche e inconfondibili della stagione del ‘Sessantotto’ e della contestazione giovanile. Da un’intervista con l’autore emerge infatti come Francesco De Napoli, sul finire degli anni Sessanta, non seppe resistere al «fascino di problematiche come il Vietnam, Che Guevara ed Allende». Nell’intervista vengono ricordati infine Lorca e Evtushenko, che De Napoli unisce in una visione dell’esistenza definita ‘umanesimo socialista’ o ‘immanentismo cristiano’.