- Sestinalterata
(1), alla maniera del
- troubar ric,
di Arnaut Daniel
-
- Ahi! Dama formosa
- dai nivei capelli,
- persevero nella mia
- infelicità. Superba, coscia
- petto ciglia corpetto
- sapore d’arancio.
-
- Mal vi trovo,
- severo per il giorno
- che sferza, comprime
- il letto: luccico
- accanto alle rive.
- Dammi, nel sangue, la tua rosa.
-
- È vero: in un freddo
- cespuglio c’è un fiore violaceo.
- Selezionato, come mais
- d’agosto, dico: «sudori,
- finitela, finalmente essa è nostra.»
- Salvato il salvabile, mi curvo.
-
- Sei tanto rara! Sulla coperta,
- smorfie di lascivia, sei utensile.
- Posto il corpo tra
lo strepitio delle fiere,
- lì, subito, diventi dolorante:
- torvi gli occhi, caldaie
- di ferro, tu scoppi di agonia.
-
- Nel domandare mi umilio:
- gran disgusto è
vedere solo
-
[capigliatura,
- gonna, vulva odorosa,
- curve dita. Come uomo
- voglio sul letto un ventre
- estasiato, vagabondo, ovviamente!
-
- Preposto alla paglia, ai rivieraschi
- faggi, supplico: «o saporita,
- non consegnarti ai corvi. Pennacchio
- di Nero non
possiedo, ma devozione
-
[pia
- con italiane melodie ho nel fardello.
- La soluzione è
avere con me un figlio!».
-
- Vai,
- sfiora
- calve
- fiammelle.
- Ma,
- tuttavia,
- ascolta:
-
–
lucignolo:
- perfetto
-
peccatuccio.
- Volto:
-
prostituta.